Fra individuo e collettività: scelte e democrazia (di Alberto Biancardi e Claudio Lombardi)

Egoismo individuale e onestà collettiva

La realtà quotidiana è piena di esempi in cui la convenienza – miope e momentanea – del singolo non coincide con quella della comunità nel suo insieme. E l’economia, al pari delle altre scienze sociali, trova analoga difficoltà a proporre modelli e soluzioni che coniughino esigenze ed egoismi individuali con fini di tipo collettivo. Come dire: si potrebbe disporre di un ambiente più sano e di città meno inquinate (di società meno corrotte, ecc.) ma il comportamento di alcuni singoli individui può non consentire di raggiungere questo obiettivo comune e, al pari, è difficile mettere a punto un sistema di regole che induca al suo perseguimento.

Per porre rimedio a questi problemi, di prassi, si scrivono norme, si predispongono sanzioni e si suggeriscono comportamenti in relazioni a situazioni in cui gli individui potrebbero trarre giovamento da una reciproca collaborazione, ma in assenza di sicurezza riguardo a ciò o di un vincolo cogente si comportano in modo non cooperativo e raggiungono risultati meno soddisfacenti, per il singolo e per la collettività nel suo insieme.

Talvolta la collaborazione può essere imposta da una norma specifica (accompagnata da una sanzione per chi non dovesse conformarsi alla medesima), oppure indotta tramite la diffusione di informazioni e modelli comportamentali.

Ad esempio, siccome è onesto – e non conveniente per la collettività nel suo insieme – non inquinare, si predispongono gli standard ambientali a cui un’impresa deve uniformarsi e le relative sanzioni per chi continua a inquinare. Al tempo stesso, si tenta di convincere gli operatori a mettere in atto comportamenti virtuosi tramite una migliore informazione sulle conseguenze sull’ecosistema derivanti da comportamenti meno rispettosi dell’ambiente.

La regolazione economica dei servizi di pubblica utilità, usando questa definizione in senso lato, è stracolma di esempi di norme che inducono e obbligano a comportamenti, diciamo così, onesti.

L’inquinamento o le emissioni di gas serra costituiscono due esempi di esternalità negative. In questo caso, le regole si basano su un percorso logico simmetrico. Infatti, impedendo i comportamenti negativi per l’ambiente e fissando sanzioni e corrispettivi per le emissioni, si fa in modo di evitare che i singoli soggetti – diciamo così – disonesti, scarichino sulla collettività i costi derivanti dai loro comportamenti.

I comportamenti virtuosi possono talora essere indotti da azioni persuasive, di convincimento o, più in generale, da meccanismi non cogenti che inducano a una collaborazione fra gli individui e a comportamenti spontanei virtuosi.

Se ciascun individuo si rende conto che la collaborazione è la strategia migliore, la applica nella convinzione che tutti gli altri facciano lo stesso. Il meccanismo funziona se è credibile la minaccia di punizione per chi approfitta della fiducia altrui. Questa semplice minaccia può garantire il permanere dell’atteggiamento collaborativo. E la punizione, talvolta, può essere anche una semplice forte disapprovazione da parte degli altri appartenenti alla medesima comunità e la conseguente perdita di reputazione.

L’onestà del singolo

Tuttavia, occorre domandarsi se il singolo sia inguaribilmente egoista e proprio per questo spesso disonesto, mentre la collettività non possa che essere considerata onesta. Ovviamente, questo non è vero. Come è intuitivo le scelte individuali sono spesso indotte da impressioni, intuizioni e sentimenti. Ciò implica una limitata ponderazione e il rischio di scelte superficiali ed etero dirette. Di contro, la ponderazione è preferibile, ma richiede più tempo e più informazioni.

Per questo è importante introdurre meccanismi di “assistenza” alla ponderazione che mettano in condizione di valutare nell’immediato gli effetti della scelta adottata che, magari, sono molto lontani nel tempo; oppure a rendere disponibili opzioni di default a fini comparativi; o, ancora, a semplificare l’insieme delle decisioni per evitare il cosiddetto sovraccarico cognitivo. Il tutto potrebbe anche essere indicato come una “spinta gentile” verso meccanismi di scelta razionale.

Le conseguenze per la regolazione dei servizi di pubblica utilità appaiono abbastanza chiare, almeno nella logica generale. I consumatori devono essere messi in grado di valutare con trasparenza le opzioni disponibili, non devono essere sovraccaricati di inutili alternative e, più in generale, le decisioni principali, aventi effetti tipicamente di medio e lungo periodo vanno adottate – anche dalle istituzioni – tenendo conto degli effetti su un ampio orizzonte temporale.

Gli strumenti da predisporre – in sintesi – sono gli standard contrattuali, le procedure comparative e tutti ciò che serve (molto importanti le consultazioni pubbliche) per rendere trasparente e motivata la decisione.

Ingannare se stessi per meglio ingannare gli altri

Torniamo al doppio binomio scelte individuali-scelte collettive e onestà-disonestà. A questo punto sorge anche il duplice problema della liceità della spinta verso scelte razionali e del valore delle decisioni individuali.

In sostanza e per semplificare non vi sono argomentazioni incontrovertibili per affermare la corrispondenza fra ognuno dei due termini di un binomio con l’altro.

Il puzzle appare di ben difficile soluzione e sembra logico far sì che le soluzioni medesime siano adattate a seconda dei casi. Semplificando e riferendosi a scelte tipiche dei settori energetici, ciò vuol dire che se l’ambiente è un bene di tutti, va tutelato contro alcune azioni individuali inquinanti. Dunque, in questa circostanza il limite all’azione individuale è lecito. Invece, la scelta del contratto di fornitura di energia elettrica può essere lasciata al singolo, magari garantendo una scelta trasparente e motivata perché non vi sono ragioni per impedire che il consumatore decida che tipo di fornitura disporre.

C’è però ancora una questione di rilievo: la fondatezza della scelta effettuata può essere limitata a causa dell’elevata incertezza che caratterizza il contesto decisionale. Questa situazione è molto frequente. Si pensi, fra tutti gli esempi ipotizzabili e sempre con riferimento alle politiche energetiche e ambientali, alle politiche di incentivazione alle nuove tecnologie (di produzione di energia elettrica, di incremento dell’efficienza energetica, di trasporto, ecc.). In queste circostanze, la incerta dinamica dei costi di produzione e il semplice fatto che l’impatto delle decisioni adottate nel presente dovrebbe essere valutato su periodi di lunga entità, rende ben difficile selezionare con certezza quali tecnologie incentivare. Può darsi, dunque, che non si sia in grado di affermare con sufficiente certezza cosa sia onesto fare e cosa, al contrario, sia del tutto irragionevole. O che, per lo meno, scartate alcune soluzioni non ragionevoli, restino disponibili più opzioni fra cui scegliere.

A questo punto bisogna tirare in ballo un altro concetto, quello dell’inganno. Si complica il ragionamento, ma fa parte delle relazioni e dei comportamenti umani in misura troppo ampia per non tenerne conto. Come è noto il meccanismo dell’inganno e dell’auto-inganno è uno dei pilastri sui cui si poggia l’interazione fra individuo e società in svariati ambiti. Ciò implica che, in molti casi, il fatto che un’idea, un’interpretazione, un fatto siano veri non conta più di tanto. Invece, conta che il risultato sia in linea con le aspettative e le preferenze del singolo individuo.

Molto diffuso in natura, questo meccanismo, nel caso della razza umana, è un’arma potente in quanto consente di risparmiare carico cognitivo a chi sta ingannando e, dunque, di rendere meno faticosa ed evidente agli altri questa azione. Seguendo questa attitudine, ci rappresentiamo meglio di come siamo, tendiamo a denigrare gli altri, siamo meno in grado di ascoltare il nostro prossimo quando abbiamo posizioni di potere, ci illudiamo di avere sotto controllo una situazione e di prevederne le evoluzioni nonostante la scarsità di informazioni, inventiamo falsi racconti sulla nostra vita, nonché inventiamo e crediamo facilmente a fatti storici e sociali riguardanti razze o persone di cui non condividiamo opinioni, costumi o credenze.

In questo gioco di specchi l’aspetto centrale da valutare, ai fini del giudizio sulla persistenza di un comportamento nel medio e lungo periodo, è la sostenibilità dello stesso da parte della collettività nel suo insieme.

Sotto questo profilo, più che la verità o l’onestà contano la coerenza e la capacità di mantenere invariato il comportamento medesimo e il contesto sociale circostante. Questo vale sia per l’individuo che per la collettività.

La conseguenza per chi si occupa di scrivere norme e formulare politiche su temi socio-economici è di tentare di tenere ben distinti fatti e interpretazioni. Ossia non bisogna trascurare il contenuto sostanziale che ci deve essere in ogni politica di tipo sociale ed economico anche scontando la difficoltà di avere la certezza dell’onestà e della validità delle scelte adottate.

Cosa conta allora se non si può mai essere certi della assoluta fondatezza e dell’onestà (assenza di inganni e auto-inganni) delle scelte decisionali sia collettive che individuali?

Conta il confronto aperto e democratico perché se non si può mai dire di essere pienamente onesti, il fatto di poter dimostrare di aver perlomeno provato a esserlo è la migliore prova di onestà e, si spera, la più solida dimostrazione che si può offrire per mantenere il consenso e la coesione sociale.

Insomma, la vecchia e cara democrazia, ancora una volta, nonostante gli acciacchi e le critiche rischia di essere il migliore dei mondi possibili …

Alberto Biancardi – Claudio Lombardi

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