Gaber, la sedia e il referendum sull’acqua (di Alberto Franco)
Pensando ai referendum, al ritorno dei cittadini sulla scena politica e leggendo i commenti di queste ultime settimane mi è venuto in mente un simpatico dialogo scritto da Giorgio Gaber dedicato a un problema che non si riesce a risolvere. Il brano si intitola “ La sedia da spostare” ed è tratto da “E pensare che c’era il pensiero”
A: secondo me quella sedia va spostata
B: anche secondo me quella sedia va spostata
A: facile dirlo, quando l’hanno detto gli altri
B: se è per questo sono anni che lo dico e nessuno mi ascolta
A: da un’approfondita analisi storica e sociologica viene fuori che quella sedia pesa dai nove ai dieci chili
B: non sono d’accordo, dai sondaggi il due per cento degli intervistati dice che pesa dai cinque ai sei chili, il tre per cento dai sei ai sette chili, il 95% non lo sa e me ne frega niente, basta che la spostiate
A: secondo me per spostarla bisognerebbe prenderla con cautela per la spalliera e metterla da una parte
B: eccesso di garantismo, al punto in cui siamo non resta che affidarsi ad una figura autorevole e competente, forse un tecnico di destra appoggiato dalle sinistre
A: un tecnico? no un tecnico non può garantire la stabilità della sedia e poi costituisce un’anomalia antidemocratica e anticostituzionale
B: se è così cambiamo la costituzione
A: non è una cosa che si può fare da un giorno all’altro
B: nel frattempo propongo di indire un referendum
A: non si troveranno mai cinquecentomila firme per spostare una sedia
B: e allora non c’è scelta, elezioni anticipate
A: no, elezioni oggi no, sarebbe troppo grave per il paese! forse domani
B: rimane il problema urgente della sedia da spostare
A: su questo sono d’accordo, può essere un punto d’incontro
B: parliamone….
A: parliamone….
B: parliamone….
E la sedia, ovviamente, rimane lì dov’è. Si tratta di una metafora che ci parla dell’Italia cos’ì com’è da molti anni e della politica che la gestisce. A e B potrebbero essere due partiti, due schieramenti o due ministri del Governo. Quel che è certo è che non risolvono il problema e continuano a parlare senza agire.
Se si parla della politica, in verità, sappiamo che non solo parla, ma agisce per la tutela degli interessi di molti che la praticano per il proprio tornaconto. La sedia da spostare rappresenta le decisioni da prendere e il fatto che la sedia rimanga lì permette ai protagonisti del dialogo di continuare a parlare, al centro della scena con ben saldi in mano i mezzi e il potere di agire, e di stare lì senza permettere che altri entrino in scena e spostino la sedia.
Ecco, questa è la situazione in cui viviamo, non dappertutto e non allo stesso modo, ma è questo equilibrio di poteri di tutti i tipi che non agiscono che ci rovina perché ben pochi pensano che c’è qualcuno interessato solo a spostare la sedia che, però, non ha voce e non può intervenire. Questo qualcuno sono i cittadini che, invece, nei referendum hanno deciso con chiarezza ciò che la politica non riusciva a decidere.
Prendiamo il caso del referendum sull’acqua.
Tanti commenti pre e post insistono sui rischi della gestione pubblica e sulle possibilità che sarebbero state cancellate di intervento del mercato.
Certo, in un mondo ideale, dove tutti agiscono onestamente e compiono il loro dovere rispettando gli interessi collettivi il mercato poteva fare la sua parte anche nella gestione di un monopolio essenziale per la vita delle persone come l’acqua.
Però, se il mondo fosse ideale, anche l’ente pubblico saprebbe come gestire l’acqua a vantaggio di tutti. Anzi, dovrebbe farlo meglio per definizione: è o non è l’espressione della volontà della collettività?
Ma non siamo in mondo ideale. In questo mondo reale ci vuole altro: ci vogliono i cittadini.
Per fare che? Ma diamine, per far conoscere le loro esigenze, per aiutare a verificare l’efficacia delle soluzioni adottate, per controllare che tutto funzioni ! è così difficile capirlo?
Noi ad Ascoli Piceno stiamo provando da qualche anno a portare questa possibilità in dono agli enti che gestiscono l’acqua, ma sembra che questo dono che i cittadini vogliono fare non sia capito né gradito. In concreto stiamo provando a far funzionare le forme di partecipazione che la legge prevede (comma 461 art. 2, legge 244/2007) per migliorare il servizio idrico. Forme e strumenti di partecipazione ignorati dai più; tanto è vero che pochi giorni fa anche un giornalista del Sole 24ore (Santilli l’11 giugno) sottolineava che il punto debole delle gestioni idriche sta nell’assenza di regole per la partecipazione. SBAGLIATO ! BOCCIATO ! è già tutto scritto, ma non ci danno ascolto. Perché? Eppure sarebbe così semplice, invece di tante discussioni, decidere che il GRANDE CONTROLLORE e il GRANDE VERIFICATORE siano i cittadini e costruire un sistema nel quale possano far pesare il loro punto di vista.
Ma non si fa perché non ci si crede. Ecco: la politica non crede che i cittadini possano prendersi dei compiti e svolgerli nel loro stesso interesse. Li tratta da bimbi smarriti che vanno guidati, puniti, ma non responsabilizzati. E la sedia rimane lì.
Invece i referendum dicono che i “bimbi” sono cresciuti e che adesso si muoveranno e la leveranno di mezzo ‘sta sedia. Noi ad Ascoli vogliamo farlo.
Alberto Franco coordinatore Cittadinanzattiva Ascoli Piceno
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