Gilet gialli: i puntini sulle i

Sembra che dopo il discorso di Macron i gilet gialli si siano un po’ quietati. Dunque è il momento di porsi qualche domanda su un movimento quasi spontaneo che ha mobilitato al suo apice una frazione minima dei francesi, ma che è riuscito a mettere con le spalle al muro il governo. Si è trattato di gente disperata mossa dall’estremo bisogno? È forse la Francia un paese che affama la popolazione? Entrambe le risposte sono negative. La realtà fotografata dai dati esposti in un articolo di Riccardo Sorrentino sul Sole 24 Ore del 19 dicembre conferma l’immagine di un paese che poggia su un’economia ricca che non è stata piegata dalla crisi e dotato di un welfare forte, se non il migliore, sicuramente tra quelli che eccellono in Europa. Ma dice anche qualcosa sui punti deboli del sistema francese.

Innanzitutto non sembra che la Francia sia un paese che debba davvero temere la povertà: le persone a rischio di povertà ed esclusione sociale sono il 17,1% del totale, meno del 19% della Germania e del 28,9% dell’Italia. Il numero delle famiglie che riesce a coprire le spese mensili con molte difficoltà è pari al 4,1% del totale. Più del 2,1% della Germania, ma comunque uno dei migliori dati europei.

Per gli anziani lo Stato spende 4.291 euro per abitante (in crescita del 2,1% reale annuo dal 2007 al 2016) contro i 3.487 euro della Germania (+1,4%) e i 3.856,27 (+0,5% annuo) dell’Italia.

Anche per il welfare lo Stato francese è generoso. Le spese sociali sono pari a 11.445 euro per abitante, contro gli 11.281 euro della più ricca Germania, e gli 8.229 euro dell’Italia. Notevoli sono gli aiuti per le famiglie con figli attraverso forti integrazioni del reddito che arrivano a sussidiare anche la spesa per baby sitter e nidi. Complessivamente per questo tipo di interventi la Francia spende 816 euro per abitante, contro i 1.233 della Germania e i 491 dell’Italia. Il sistema fiscale, d’altra parte, prevede il quoziente familiare ed è particolarmente generoso. Un dipendente con uno stipendio di 50mila euro e moglie e figli a carico paga 10.226 euro di contributi sociali e 910 di imposte (zero se i figli sono due).

Veniamo al capitolo tenore di vita. Non si può dire che quello dei francesi si sia abbassato. Dal ’99 a oggi i salari medi reali (depurati dall’inflazione, quindi) sono aumentati del 23%, contro il 16% della Germania e il 2,3% italiano (sì l’Italia non se la passa bene). Anche dopo la crisi cioè dal 2010 le retribuzioni medie reali sono cresciute sia pur più lentamente degli anni precedenti (in Germania più 1,5% l’anno, mentre in Italia sono calati dello 0,5% l’anno).

La disoccupazione è abbastanza elevata, ma anche in questo caso la protezione sociale funziona molto meglio che in Italia.

Sappiamo però che la causa scatenante della protesta è stato l’annunciato aumento del prelievo fiscale sui carburanti. E in effetti in questo campo e in quello del riscaldamento c’è stato un incremento della spesa superiore alla media europea mentre su alimentari, elettricità, affitti gli aumenti sono stati inferiori. E questa potrebbe essere una prima spiegazione.

Un’altra rimanda alle differenze tra città e campagne.

Nelle aree rurali i servizi pubblici non funzionano come nelle città. Per esempio, se è vero che il sistema sanitario è di alta qualità lo è più nelle aree urbane che nelle campagne (e nelle periferie).

Per sommi capi questo è il quadro che non spiega l’esplosione della protesta e le sue forme violente.

La strumentalizzazione politica da parte dell’estrema destra e delle ali più radicali della sinistra la spiega in parte, ma tutto il resto si deve imputare alla sfiducia e alla paura di retrocedere nella scala sociale e del benessere e alla mancanza di organizzazioni di mediazione capaci di capire il malcontento e trasformarlo in proposta politica.

Quella francese è una lezione perché dimostra che la percezione di un peggioramento spesso va oltre la sua effettiva consistenza e prescinde dalla realtà

Claudio Lombardi

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