Giulia Tramontano e la punizione dei criminali

L’assassinio di Giulia Tramontano grida vendetta. Una parola scorretta per uno di quei delitti (e sono tanti) per i quali i limiti del nostro ordinamento giuridico che impone di indirizzare le pene “alla rieducazione del condannato” (art 27 della Costituzione) sembrano una mortificazione. Ma rieducazione non significa pene più brevi. Chi ha ucciso Giulia e il suo bambino è, però, solo uno tra i tanti che considerano la vita degli altri a loro disposizione. Perché, sia chiaro, accanto agli uomini che uccidono le donne ci sono quelli (uomini e donne) che uccidono e basta: terroristi, stragisti, mafiosi, criminali. Come fermarli? Punendoli.

Educare gli uomini al rispetto delle donne è importante, ma l’educazione sessuale dei giovani si svolge sui canali della pornografia basata sulla sottomissione e mercificazione femminile. Una rappresentazione del corpo che la pubblicità diffonde ovunque e che si riproduce in tante altre forme (ricordiamo Sfera Ebbasta?). È un bombardamento che potrebbe anche fare più danni di quelli che fa. La risposta? Chi minaccia o maltratta le donne deve temere la punizione che lo colpirà. Parola difficile “punizione” perchè, si dice, la pena recupera e non punisce. Eppure è semplice:  per ogni reato ci deve essere una punizione che è anche il segnale estremo per provare a scoraggiare i criminali. Pene giuste, ovviamente, in condizioni dignitose e aperte alla redenzione, ma se non sono rigorose e certe, però, il segnale non arriverà e a scoraggiarsi saranno tutti gli altri

4 giugno 2023

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