Giustizia, corruzione e cittadinanza attiva (di Claudio Lombardi)

Lentamente va avanti in Parlamento l’esame del disegno di legge contro la corruzione. Quella che sarebbe dovuta essere la prima priorità per una classe dirigente responsabile e consapevole della gravità del problema corruzione (secondo la Corte dei Conti peserebbe per circa 60 miliardi di euro sull’economia italiana) per il nostro Paese è diventato invece un treno che avanza alla minima velocità e fermandosi ai molti semafori rossi che incontra sulla sua strada. Chi aziona quei semafori? Semplice, gli stessi che della corruzione hanno goduto sia in termini di potere, che di influenze elettorali che, anche, di concreti vantaggi economici. Ricordiamo bene l’epoca delle cricche e dei ministri a cui veniva pagato l’acquisto della casa a loro insaputa. Tranne quelli che sono stati arrestati gli altri stanno sempre lì.

Il re di questi “gattopardi” è quel Berlusconi che dopo aver fatto il comodo suo con le istituzioni dello Stato usandole come sua riserva di caccia personale (e dei suoi complici), confezionando le leggi a misura dei suoi interessi (ricordiamo solo il dramma della prescrizione accorciata unita alla mancanza di risorse per la giustizia che produce impunità per chi può pagare i migliori avvocati) adesso sembra voglia inventare una lista civica per ripresentarsi come leader politico del popolo. Proprio lui che è fra i maggiori responsabili del declino dell’Italia di cui noi adesso paghiamo le conseguenze.

Cosa c’è che non convince nella legge che si sta delineando? La nuova disciplina della concussione sicuramente. A leggere molti e autorevoli commenti si tratta di un indebolimento della possibilità di colpire quei comportamenti che inducono ad un reato in forza della posizione di forza di una delle parti. Guarda caso sarebbe anche il reato di cui è accusato Berlusconi per il caso della giovane prostituta minorenne che lui fece rilasciare dalla Questura di Milano. Ma sarebbe anche il caso delle accuse mosse all’ex Pd Penati. È lecito pensare che si tenti di aiutare personaggi di questo calibro con la nuova legge? Sì è lecito, ma è scandaloso che questo avvenga oggi, con il Paese e l’Europa intera travolti da una crisi economica che mette a rischio le condizioni di vita di molti milioni di persone. Che qualcuno possa solo pensare di costruire un’altra legge ad personam assume il sapore di una beffa ai danni degli italiani. Anche se così non fosse sarebbero sempre colpevoli di omissione tutti coloro che non si impegnano per una legge severa e immediata, ma tentano di rinviare, smorzare, dirottare per coprire interessi che vanno solo colpiti senza se e senza ma.

Intanto qualcuno lavora su un altro piano e tenta di costruire un approccio nuovo al tema giustizia. In questi giorni sono stati presentati due documenti che magari non occuperanno le prime pagine dei giornali, ma testimoniano che una parte sana c’è nel popolo, negli apparati dello Stato, nelle istituzioni. Si tratta dei Rapporti di Cittadinanzattiva sulla valutazione civica in alcuni tribunali civili e sullo stato della giustizia. Frutto dell’incontro fra cittadini organizzati e dotati di validi strumenti di indagine, avvocati, magistrati, dirigenti della Giustizia e con l’appoggio del Dipartimento organizzazione giudiziaria i due rapporti mettono la giustizia sotto i riflettori per le sue mancanze, per le sue criticità, ma anche per la centralità e insostituibilità del suo ruolo.

Cosa si dice in questi rapporti? Nessuna scoperta clamorosa e niente che già non si sapesse: lunghezza dei processi, scarsità dei mezzi, inadeguatezza delle strutture, carenza di personale, procedure da modificare.

Otto anni e tre mesi la durata media di un processo penale, il doppio rispetto al 2010 e con punte di oltre 15 anni nel 17% dei casi. Ancora peggio in ambito civile dove, ad esempio, il 20% dei procedimenti si protrae dai 16 ai 20 anni.

La crisi economica si riflette sulle cause avviate: nel civile si impennano le controversie in ambito lavorativo e previdenziale (dal 13% nel 2010 al 21,5% nel 2011) e quelle relative ai diritti reali (+6,5%). Nel penale, crescono i reati contro il patrimonio (34% rispetto al 19% del 2010).

Problemi anche per il gratuito patrocinio accessibile a pochi e per la mediazione civile facoltativa (sfruttata solo nel 10% dei casi) e per quella obbligatoria (inefficace nel 65% dei casi).

Chi volesse può approfondire la lettura dei rapporti e delle proposte formulate da Cittadinanzattiva collegandosi al sito www.cittadinanzattiva.it .

La novità, però, è un’altra ed è proprio l’avvio di un lavoro comune fra cittadini, ministero della giustizia e operatori che in quel mondo svolgono la loro attività professionale (avvocati, magistrati, dirigenti).

Dopo anni di attacchi alla Magistratura e di strumentalizzazione della giustizia per condurre una spietata lotta di potere la strada imboccata da Cittadinanzattiva, resa possibile dalla grande partecipazione dell’opinione pubblica che ha sbarrato la strada per anni al dilagare dell’illegalità promossa da chi pensava di avere nelle sue mani lo Stato, è quella che si rivelerà più costruttiva a patto che nelle istituzioni i rappresentanti politici mettano da parte i loro interessi di parte e pensino all’interesse degli italiani e al valore supremo della legalità. Se non lo faranno dovremo chiamarli a rispondere anche di questo e li denunceremo anche se si dovessero riciclare dentro finte liste civiche.

Claudio Lombardi

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