Guerra Iran – Israele: non c’è spazio per accordi
Un altro passo verso la guerra aperta tra Iran e Israele è stato fatto. Le cose potrebbero precipitare anche nelle prossime ore perché lo spazio per trattative e accordi di pace oggettivamente non esiste. Ricordiamo che l’Iran è a capo del cosiddetto “Asse della resistenza” (Hamas, Hezbollah, Houthi, Jihad, gruppi in Siria e Iraq) il cui scopo è radunare le forze per distruggere lo stato israeliano e per espellere la presenza degli Usa in Medio Oriente. Un programma che non lascia spazio ad accordi. In questo quadro è chiaro che la questione palestinese tanto cara alle opinioni pubbliche occidentali è solo uno strumento per provocare scontri con Israele e per isolarla nel mondo. D’altra parte che c’entrano Houthi, Hezbollah, gruppi siriani e iracheni e l’Iran con i palestinesi? Che contenziosi territoriali hanno contro Israele? Nulla di nulla. solo odio. E poi sui poveri palestinesi sarebbe sempre meglio ricordare che dopo il 7 ottobre l’allora capo di Hamas Haniyeh inviò un messaggio al popolo di Gaza affermando il bisogno che si versasse sangue di anziani, bambini e donne per risvegliare lo spirito rivoluzionario. Non era retorica. Hamas aveva organizzato la guerra in modo da proteggere i suoi soldati nei tunnel riforniti di armi, acqua, cibo lasciando allo scoperto i civili per farli massacrare dalle bombe israeliane. Gente che governa in modo così sanguinario non dovrebbe avere nessun seguito nel mondo e, invece, incredibilmente dopo il 7 ottobre le manifestazioni nelle università e nelle piazze occidentali inneggiavano alla “resistenza” di Hamas appropriandosi del suo programma politico: “Palestina libera dal fiume al mare”.
Una totale incapacità di leggere la realtà, una totale ignoranza della storia ha reso una parte delle opinioni pubbliche occidentali facile preda della narrazione islamista. Paradossi come gruppi LGBTQ che si schierano per Hamas completamente ignari del destino di morte che li attenderebbe se vivessero sotto il suo governo. Hamas ha vinto in pieno la guerra dell’informazione puntando sull’eterna arma del vittimismo dei palestinesi tenuti dalle leadership che si sono succedute al loro comando in condizioni di cattività forzata e educati all’odio per gli israeliani. La prova di Gaza ha segnato il fallimento del tentativo di creare uno stato palestinese. A Gaza non c’era nessun israeliano, i soldi arrivavano a fiumi come il cibo e i materiali da costruzione, ma tutto è stato sequestrato da Hamas e dirottato per l’acquisto di armi e la costruzione dei tunnel nell’ottica della futura guerra contro Israele che dunque era prevista e programmata.
A nulla è servito che gli israeliani vicini alla frontiera si fossero prodigati per aiutare i gazawi facendoli lavorare in Israele (con retribuzioni superiori di molte volte a quelle pagate a Gaza), aiutandoli a curarsi negli ospedali israeliani, facilitando il passaggio da una parte all’altra. Che è successo? Che proprio quelli beneficiati dagli aiuti ricevuti hanno guidato l’assalto e la carneficina degli israeliani perché conoscevano benissimo luoghi e famiglie. Un odio così profondo non si spiega razionalmente, è difficile da estirpare e non sarà più possibile per moltissimi anni ricreare un clima di fiducia. L’idea di due popoli per due stati tramonta a Gaza. È stata la prova che i palestinesi non sono in grado di costruire uno stato che non preveda la guerra con Israele. Oggi è così.
La guerra ha quasi distrutto Gaza con molte vittime tra i civili (non certo i 40 mila dichiarati da Hamas), ma nessuno stato arabo ha rotto le relazioni con Israele né minacciato di muovere gli eserciti per aiutare i palestinesi. Perchè? Perché in Medio Oriente si scontrano due progetti strategici. Uno è quello iraniano di prendere la guida del mondo musulmano per condurlo allo scontro con Israele e con gli Usa. A contrapporsi a questo programma di morte e di sottosviluppo c’è un’altra opzione strategica che si stava affermando prima che Hamas scatenasse la guerra del 7 ottobre. Si definisce con gli Accordi di Abramo e con l’IMEC il Corridoio economico India-Golfo-Israele-Europa. Nel 2020 è stato siglato un accordo di pace tra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Marocco e prende il nome da quello che è considerato il patriarca del monoteismo – Abramo – dagli ebrei, dai cristiani e dai musulmani. A questo accordo avrebbe dovuto aderire anche l’Arabia Saudita, ma la guerra di Gaza lo ha impedito. Si tratta di un disegno che rivoluzionerebbe il Medio Oriente e non si limiterebbe agli accordi di pace, ma avrebbe come asse strategico il Corridoio India-Golfo-Israele-Europa il cui scopo è indurre sviluppo economico (sociale e culturale!) in zone considerate arretrate e legate alla sola economia del petrolio. Ovviamente si tratta di un’alternativa alla nuova Via della seta cinese (Belt and Road Initiative) e forse questo potrebbe spiegare anche la decisione dell’Iran di mettersi di traverso per impedire che si procedesse sulla strada degli Accordi di Abramo. Cina, Russia e Iran sono alleati e si riforniscono di petrolio e armi reciprocamente. Inoltre l’Iran sta per fabbricare le sue prime bombe atomiche che lo metterebbero in una posizione di forza rispetto agli stati arabi, ma renderebbero molto più concreta la possibilità di un attacco nucleare ad Israele che, per le sue dimensioni, è estremamente vulnerabile alle armi di distruzione di massa. La possibilità che l’Iran lanci una bomba atomica su Israele interessa o no tutta l’Europa e i paesi che si affacciano sul mediterraneo in particolare? Dovrebbero rispondere tutti quelli che invocano il cessate il fuoco. Impedire che l’Iran costruisca l’atomica e favorire la caduta del regime degli ayatollah dovrebbe essere il fulcro di un nuovo Medio Oriente che rinunci alle guerre di religione. Ne sono consapevoli i governi europei? Ovviamente no, ma ormai c’è poco tempo per decidere
Claudio Lombardi
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