Hereafter ci insegna che l’aldilà è dentro e tra ognuno di noi (di Claudio Lombardi da un dialogo con Amanda Musco)

Sono tempi difficili questi per essere partecipi dell’umanità. Non si tratta solo delle guerre, della fame e delle tante ingiustizie che tanti esseri umani patiscono quasi sempre ad opera di altri esseri umani. C’è una deriva verso l’ingiustizia, l’egoismo, la prepotenza, l’arroganza proprio qui e non in paesi lontani e ci deve preoccupare perchè, ormai, passa dentro ognuno di noi.

Non è proprio il caso di citare tutte le vicende nelle quali sono implicati illustri esponenti di quella che sarebbe la nostra classe dirigente, tanto tutti capiscono di che si tratta.

La miseria morale di questi comportamenti che riducono la persona a simulacro o feticcio, che la riducono ad oggetto che si compra, si vende, si usa, si getta (reciprocamente) indica qual è il piano inclinato sul quale scorre la vita degli uomini. Sembra più facile scendere per questo piano inclinato, in certe condizioni ovvero se esistono i mezzi materiali e il potere per poterlo fare, che, invece, avvicinarsi all’altro per stabilire una relazione che ne riconosca l’appartenenza alla stessa umanità.

Il problema di fondo della vita sembra essere questo: cosa ci permette di riconoscerci come simili ed evitare di calpestare l’umanità che è in noi-negli altri approfittando di un momento di debolezza o facendoci forti della nostra forza ?

Abbiamo tutti bisogno di sentire la nostra umanità e di essere rassicurati che c’è stato un prima e ci sarà un poi e che noi non siamo una scheggia isolata destinata a spegnersi senza lasciare tracce. Tutti abbiamo paura della morte come vuoto nel quale ogni sensazione e ogni contatto si perde. Possiamo chiamare questa esigenza desiderio di un aldilà e questa è la sua manifestazione esteriore più semplice.

Ma ciò di cui, in realtà, sentiamo il bisogno è di sapere che c’è una continuità e che il contatto non è impossibile. E non è nemmeno indispensabile averne diretta conoscenza: basta che qualcuno ci rassicuri dicendoci che è così e, magari, mostrandoci come realizzarlo. Ciò ci darà la serenità per affrontare le prove della vita e della morte che sono reali (almeno finchè le avvertiamo).

Il film di Clint Eastwood “Hereafter” ci parla esattamente di questo. Con la spettacolarità del grande cinema certo, con tanto di effetti speciali di grande impatto, di attori di alto livello, di sceneggiatura e regia al top. Ma guardando oltre la superficie il tema è quello.

Occorre saper guardare oltre il primo livello che ci parla di una storia di sensitivi, di esperienze paranormali, di incursioni nel regno della morte che mettono in contatto gli scomparsi con chi vive ancora. A questo livello, chi non è d’accordo, chi non ci crede può ritenere concluso il giudizio sul film.

Oltre questo livello bisogna sforzarsi di cogliere il senso degli avvenimenti che scorrono sullo schermo.

Le vicende toccano persone che hanno attraversato esperienze dolorose e hanno percepito il vuoto e l’inesorabilità della morte. Non vogliono accettare che le cose stiano così e hanno un disperato bisogno di essere rassicurati sentendo di poter ristabilire un minimo di contatto con chi è scomparso. E questo non per qualche ragione specifica, ma semplicemente per mantenere la continuità della loro storia di vita.

Infatti le persone scomparse dicono loro, attraverso i medium, ciò che loro stessi desiderano sentirsi dire per consolarsi, ma, soprattutto, danno loro la conferma di essere osservati da un aldilà che loro vogliono sentire molto vicino, addirittura intorno a loro.

È più plausibile, invece, che l’aldilà viva in loro e che i sensitivi riescano a percepirlo o intuirlo. È un bisogno che non riesce ad esprimersi, al di fuori di un contesto religioso, per quello che è; perché, se lo fosse, occorrerebbe partire dalla consapevolezza che non di aldilà si tratta, bensì di aldiquà, cioè di un’esigenza tutta legata alla vita delle persone reali. Ammettendo ciò esplicitamente si ammetterebbe l’impossibilità di un contatto e di una continuità tra un prima e un poi e questo porterebbe subito alla constatazione dell’irrimediabilità e dell’insuperabilità dell’assenza di vita il cui rifiuto è proprio il punto di partenza di ognuna di queste storie.

Come si spezza l’incantesimo? Con un incontro di vite reali fra due protagonisti, un uomo e una donna, che essendosi riconosciuti come persone e avendo sentito l’impulso vitale di stabilire fra loro un contatto vero, intimo non sentono più l’esigenza (o il tormento o la condanna) di rivolgersi all’aldilà.

Cosa c’entra tutto ciò con civicolab? C’entra perché non si può essere cittadini e nemmeno attivi se non si parte da una considerazione umana diversa da quella oggi dilagante. Riconoscersi, accettarsi, ascoltarsi sono esigenze molto reali e indispensabili se si vogliono ricostruire le basi di un vivere civile in comunità e se si vuol dare un senso alle parole democrazia e Stato. Partiamo, dunque, dalle basi o, almeno, rendiamoci conto che ce n’è bisogno.

Claudio Lombardi (da un dialogo con Amanda Musco)

1 commento
  1. andreina dice:

    Il desiderio di certezza è un’esigenza per vivere, è come mangiare, dormire, bere. Per vivere abbiamo necessità fisiche da colmare, ma anche e sopratutto necessità spirituali a cui è più difficile dare una risposta. Il dubbio ci accompagna incessantemente e in un modo o in un altro proviamo a trovare un punto fermo cui attaccarci per superarlo.Se la fede ci abbandona proviamo ad accontentarci di surrogati con cui riempire la nostra vita. Ma difficilmente raggiungiamo l’ equilibrio .

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