I conti non tornano in Europa e in Italia perchè sono mistificati

Sì i conti non tornano. Ogni discorso sempre lì va a parare: riforme cioè costo del lavoro da abbassare (direttamente o indirettamente con flessibilità e precariato); riforme cioè spesa pubblica da abbassare con meno spesa per stipendi, pensioni, assistenza, servizi.

Fatte le riforme (quelle) allora si abbassa il prelievo fiscale, allora gli investitori riprendono fiducia e ci mettono i loro soldi, allora diminuisce il deficit e il debito pubblico e lo stato si alleggerisce e i tassi di interesse si abbassano.

Tutto vero? No, i conti non tornano. Perché non è possibile che le disuguaglianze degli ultimi decenni che hanno visto enormi arricchimenti da una parte e impoverimento dall’altra scompaiano come per magia e siano sostituite da un unico mantra: riforme, riforme, riforme.

Se l’estremo dei ricchi si è sempre più allontanato dalla massa degli esseri umani  e ha pagato sempre meno il suo contributo alle spese generali con aliquote fiscali che sono drasticamente diminuite un po’ in tutti i paesi non si può far finta che non sia successo niente e che i problemi siano sempre e solo altri.

Questa mistificazione o falsificazione della realtà vuole nascondere il fatto che sono mancate entrate per le casse pubbliche e fa molto comodo, ovviamente, a chi dalle varie svolte politiche e dalle crisi degli ultimi 30-40 anni ci ha guadagnato. Basti dire che fino al 1963 negli Usa l’aliquota marginale sui redditi oltre i 400mila dollari era del 90% per poi scendere al 77% e al 70% per poi arrivare al 28% e oggi a poco meno del 40%.

In Italia dopo la riforma del 1973 l’aliquota massima era dell’82%, poi ridotta al 72% per scaglioni oltre i 500 milioni di lire. Oggi siamo al 43% oltre i 75.000 euro e nessuno parla di un incremento di tale aliquota. Così chi guadagna 80.000 euro viene tassato come chi prende 10 milioni di euro. È giusto o si viene meno al criterio della progressività dell’imposizione fiscale?

Conformità alla Costituzione a parte come non vedere che tutto il polverone sollevato sulla spesa pubblica e sulle riforme nasconde la realtà di una gigantesca redistribuzione dei redditi a favore di quelli più elevati. Mettiamoci anche l’evasione fiscale e l’elusione, mettiamoci i guadagni milionari della razza padrona dei manager, mettiamoci il clientelismo e la corruzione, mettiamoci la mediazione corporativa con concessione di privilegi vari per tacitare le tensioni e comprare il consenso (sindacati d’accordo) e avremo le cause del dissesto delle finanze pubbliche. alle quali vanno aggiunti i salvataggi delle banche messe in ginocchio dalle speculazioni finanziarie.

Di fronte ad una realtà così chiara tutta l’attenzione viene dirottata sulle riforme (sempre quelle di cui sopra) che servirebbero solo a far pagare di più i lavoratori e i percettori di redditi medio bassi e i giovani in cerca di lavoro.

È possibile continuare così?

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