I giusti assassinati dalle BR: Ezio Tarantelli

Barbara Balzerani, morta da poco, dirigeva la colonna romana delle BR che uccise Tarantelli. Fu arrestata poche settimane dopo. Non erano generosi ribelli che scelsero vie diverse, erano ignoranti fanatici che non avevano capito nulla del mondo in cui vivevano, ma pretendevano di conoscerlo meglio di tutti e di cambiarlo assassinando e distruggendo persone e famiglie. Per coloro che, poi, non ebbero nemmeno la lucidità di capire quanto avessero sbagliato tutto, e quanto male avessero provocato, a singoli e alla società, ma pretendevano pure che si riconoscessero le loro ragioni, nessun ricordo benevolo; l’oblio sarebbe la cosa migliore, se non la damnatio memoriae.

Ma, chi era Ezio Tarantelli?

Di Tarantelli il ricordo che ho più vivo è relativo al giorno dopo il decreto di San Valentino, quello col quale Craxi, il 14 febbraio 1984 (ecco perché San Valentino), tagliò la scala mobile. Noi giovani studenti di Economia, dell’area del PCI, e quindi contrari a quel decreto, pensammo di organizzare un dibattito per capirci qualcosa di più. Invitammo quindi Stefano Patriarca, del centro studi CGIL, contrario al decreto, e Ezio Tarantelli, giovane professore da poco arrivato in Facoltà, vicino alla CISL, che stimavamo e sapevamo essere favorevole al taglio.

Fui scelto io come moderatore, e quindi per tutto il corso del dibattito sedetti a fianco di Tarantelli e ci parlai (meglio: lo ascoltai) a lungo.

Tarantelli era contrariato dal decreto. Mi spiego: non era affatto contrario (anzi) al taglio della scala mobile, ma era contrario al decreto e a come quel taglio venne attuato. Ma per capire il perché bisogna ricordare un po’ il Tarantelli pensiero che, all’epoca, veniva definito neo corporativo (nota: la camera dei fasci e delle corporazioni, però, non c’entra un bel nulla).

Tarantelli aveva un incubo: la frammentazione della società con l’esplosione di infiniti conflitti portati avanti da gruppi di potere o interessi particolari. Aveva letto Mancur Olson e temeva come la peste che si arrivasse al punto nel quale i portatori di interesse generale (tipicamente: i grandi Sindacati confederali, e lui era vicino alla CISL di Carniti) venissero soppiantati da una miriade di piccoli sindacati autonomi, se non proprio lobbies. Temeva, insomma, la frammentazione della società e del conflitto. Temeva, se mi è consentito, quello che poi è successo e che vediamo oggi attorno a noi.

Proponeva quindi, Tarantelli, un modello di tipo scandinavo (dell’epoca) per il quale ad un tavolo si sedessero sindacati, datori di lavoro (Confindustria o chi per lei) e Governo. Questi tre attori, in una contrattazione triangolare avrebbero raggiunto un accordo per il quale i lavoratori, il Governo e i datori, cedevano e guadagnavano qualcosa. Neocorporativo per il fatto che teorizzava come il conflitto non dovesse essere solo economico tra datori e lavoratori, ma dovesse anche coinvolgere il Governo, dovesse, cioè, diventare politico per determinare la politica economica del Paese. Il Governo come parte, non solo come mediatore, come era la norma. Questo, secondo lui, avrebbe permesso una maggiore coesione e una maggior probabilità di raggiungere obiettivi generali, anche di lungo periodo, che, in una contrattazione sfilacciata tra categorie, sarebbero andati persi. E sono, puntualmente, andati persi.

Torniamo a quel 15 febbraio, e all’assemblea dibattito. Tarantelli non faceva altro che dirmi, infervoratissimo, e in parte incavolatissimo, che tutto era andato nella maniera sbagliata. La CGIL (e il PCI), secondo lui, non avrebbe dovuto fare muro contro muro, ma dire al Governo qualcosa del tipo “Va bene, tu tagli la scala mobile, ma cosa mi dai? Investimenti per il Mezzogiorno? Politiche per lo sviluppo e la piena occupazione? Cosa mi dai in cambio?”. Tutto ciò in parte (edulcorata) lo diceva al microfono, e poi, lasciato il microfono ad altri, continuava sottovoce con me, rafforzando questi concetti con molta più verve. A lui, quindi, il decreto non andava bene perché ci si era arrivati muro contro muro, con CGIL contraria e Governo a quel punto determinato a imporre la sua volontà decisionista. Il contrario di quella contrattazione che lui auspicava.

 

Un anno dopo fu ucciso. Perché?

Per tutto quello che ho detto sopra. Tarantelli pensava ad un sistema nel quale il conflitto potesse essere composto ad alto livello, ponendo sul tavolo le questioni e gli interessi generali del Paese. Ma questo era fumo negli occhi per gli assassini delle BR perché, nella loro mente distorta, nelle loro analisi prive di ogni fondamento, la classe operaia non doveva trovare accordi proprio con nessuno, doveva armarsi e dare il via alla lotta rivoluzionaria, mitra in mano. Quegli ebeti delle BR ritenevano quindi che, uccidendo i teorici della concertazione (che avverrà, in parte, poi con Ciampi, ma è un altro discorso), si sarebbe limitata la possibilità di composizione e mediazione e, alla fine, sarebbe rimasta la classe operaia sola di fronte al Potere e alla repressione, e quindi si sarebbe innescata la scintilla della revolución. A pensarci oggi sembrano ragionamenti da manicomio, e, in realtà, lo sembravano anche allora, da manicomio criminale, però.

Il mondo poi è andato avanti, frammentandosi sempre di più e quei soggetti che Tarantelli poneva al centro della sua analisi, sindacati, datori, Governo, per mille ragioni  hanno perso l’importanza che avevano un tempo e sono sempre meno in grado di decidere e indirizzare la politica economica del Paese, anche perché sempre meno rappresentano coloro che dovrebbero rappresentare. I Sindacati, infatti, hanno perso molta presa sui lavoratori (sempre meno iscritti, sempre più pensionati tra gli iscritti, mondo del lavoro sempre più parcellizzato), i datori si frammentano e ognuno va per sé (vedi Fiat uscita da Confindustria, vedi imprese che vanno all’estero o vendono) e il Governo, nel mondo globalizzato, ha perso molte leve di intervento. È insomma avvenuto, in gran parte, ciò che Tarantelli temeva e che pensava dovesse essere impedito.

Tarantelli è molto mancato, in questi anni, e sono mancate le sue analisi che ci avrebbero aiutato a capire come, in un disastro di rappresentanza quale quello in cui viviamo, ne saremmo potuti uscire fuori. Una perdita immensa, senza parlare del lato umano: era infatti un giovane professore, da non molto tornato dall’estero, che portava a noi studenti, abituati a baronati di antica formazione, una ventata di novità. Affabile e disponibile, sempre, al confronto e al dialogo. Persona, oltre che Professore, eccellente.

Jack Daniel (tratto da facebook)

1 commento
  1. Luca Tarantelli dice:

    Buongiorno Jack Daniel,
    grazie per aver reso perfettamente il pensiero di mio padre. Esiste qualche traccia (trascritta, o audio) di questa iniziativa? O volantini o locandine?
    Grazie mille
    Luca

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