Il Centro Astalli e l’impegno per gli immigrati e i rifugiati politici: intervista a Giovanni La Manna (2a parte)
seconda parte dell’intervista a Padre Giovanni La Manna responsabile del Centro Astalli
Sicurezza ed immigrati sembrano un binomio obbligato nella comunicazione e nelle dichiarazioni di tanti esponenti politici. Ma si tratta di vera sicurezza e di vero ordine? E poi c’è la questione dei confini: quanti e quali sono quelli del mondo che pensiamo ci appartenga ?
In questo momento nel mondo, soprattutto nel cosiddetto mondo sviluppato, la paura è diventata uno strumento politico e questo non ci aiuta, ci chiude. Abbiamo già paura prima di uscire in strada, abbiamo tante paure già dentro di noi.
Questa è la radice del nostro bisogno di creare frontiere: a volte sono necessarie per difenderci, per essere consci della nostra identità, ma più spesso sono motivate dalla nostra ignoranza. Non sappiamo come si vive altrove e allora ci convinciamo che la nostra maniera di vivere, la nostra cultura, sia il centro del mondo.
La frontiera indica l’affermazione di noi stessi, con le nostre paure e i nostri dubbi; la barriera invece è la negazione dell’altro, del diverso da noi.
Le frontiere sono inevitabili, sebbene la maggioranza di esse siano artificiali. Basta guardare la mappa dell’Africa: le frontiere naturali sono curve, montagne, fiumi, mentre in Africa i confini sono linee rette, tracciate in un ufficio. Ma questo non è che un simbolo di ciò che facciamo tutto il tempo: non solo le frontiere tra gli Stati, ma anche quelle fra gli uomini sono fittizie. Siamo noi che prestiamo attenzione al colore della pelle, al tipo di naso, alla statura. Fra gli esseri umani non ci sono frontiere, tutti abbiamo gli stessi problemi e ansie, le stesse difficoltà a comunicare. Dovremmo sempre riconoscere nell’altro le nostre stesse paure, il bisogno di affetto, di camminare insieme.
Le frontiere hanno una tendenza a crescere. Dobbiamo al contrario cercare un’appartenenza personale sempre più ampia, fino a sentirci parte del mondo intero. Oggi tende a succedere il contrario.
Io credo che quella delle frontiere sia una questione che dobbiamo affrontare molto realisticamente. Ne abbiamo bisogno, però dobbiamo sforzarci di mantenerle flessibili, fluide, sempre aperte a ricevere gli altri.
Cosa vuol dire la dimensione spirituale al di là di un credo religioso ? può una persona coltivare questa dimensione e non compiere azioni positive verso la collettività?
Credo di aver già risposto in parte a questa domanda raccontando delle esperienze dei volontari del Centro Astalli. Si tratta di un esercito di persone di buona volontà spinte dalle motivazioni più disparate: religiose, etiche, sociali, personali.
Il Centro Astalli, pur nascendo all’interno della Compagnia di Gesù, ha sempre ritenuto una ricchezza la presenza di uomini e donne di buona volontà che svolgono il loro servizio in favore dei rifugiati con umiltà e generosità, indipendentemente dal loro credo. Sono individui che coltivano la loro dimensione spirituale e lo fanno nei comportamenti e nelle azioni. Posso dire che chi non è spinto da un sentimento o da un anelito di solidarietà umana non riesce a fare servizio presso i poveri. Quindi dall’esperienza del Centro Astalli posso dire che chi coltiva la sua anima educandola al bene non può non sentire il richiamo ad un impegno nei confronti della collettività.
Politica è un termine che fa parte della nostra vita quotidiana, ma spesso lo identifichiamo con i giochi di potere o le manovre dei partiti. Può, invece, essere anche un’attività umana spirituale ?
Mi avvalgo ancora una volta dell’uso della citazione per rispondere a questa interessante domanda. Lo faccio anche perché mi sembra fondamentale in questo determinato periodo storico avere dei punti di riferimento concettuali ed etici saldi e che siano baluardo contro un pericoloso relativismo etico che impera e che porta impoverimento e divisioni nella società.
Chi ha responsabilità politiche e amministrative abbia sommamente a cuore alcune virtù, come il disinteresse personale, la lealtà nei rapporti umani, il rispetto della dignità degli altri, il senso della giustizia, il rifiuto della menzogna e della calunnia come strumento di lotta contro gli avversari, e magari anche contro chi si definisce impropriamente amico, la fortezza per non cedere al ricatto del potente, la carità per assumere come proprie le necessità del prossimo, con chiara predilezione per gli ultimi”, (Educare alla legalità, Commissione ecclesiale Giustizia e Pace, par. 16).
Da ciò si evince che a mio avviso la politica debba essere un’attività umana e anche spirituale. Per ottenere ciò a me pare urgente un cambio di rotta.
(a cura di C.Lombardi)
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