Il federalismo che non migliora nulla (di Claudio Lombardi)
Il federalismo è sotto osservazione. Cittadinanzattiva ha presentato il primo Rapporto dell’Osservatorio civico sul federalismo in sanità e il quadro non è proprio positivo tanto da far dire a Francesca Moccia, coordinatore nazionale del Tdm, che “troppo spesso è utilizzato come un alibi. Le differenze strutturali esistenti tra le Regioni sono state di fatto legittimate, giustificandole come inevitabili” il che non è accettabile poiché “non è giustificabile che in alcuni territori sia data per scontata la violazione sistematica di alcuni diritti fondamentali come l’equità e l’universalità, garantiti invece dalla nostra Costituzione, e in netta controtendenza rispetto alle politiche europee e alla recente Direttiva sui diritti dei pazienti. Di fatto, ogni regione si organizza come vuole e come può”. Inevitabile la conclusione: “è evidente che in questo sistema, del tutto autoreferenziale, le Regioni da sole non ce la facciano”.
Diversi sono gli esempi tratti dal Rapporto. Si va dall’istituzione dei Cup regionali contro le liste d’attesa al numero di prestazioni per le quali sono già stati stabiliti tempi massimi di attesa, alle reti oncologiche, al riordino dei punti nascita.
Si tratta di ambiti importanti per verificare la qualità del servizio e sono tutti riconducibili alla certezza delle prestazioni che in un campo come quello della salute deve essere un obiettivo fondamentale. Nel Rapporto si affrontano i problemi e le disparità relative alle liste di attesa, al fatto che se ci ammaliamo di tumore non siamo, purtroppo, tutti uguali perché prevenzione, lotta al dolore, farmaci e tecnologia sono le aree in cui si registrano le maggiori differenze nelle cure oncologiche garantite dalle Regioni e le difficoltà di accesso a visite specialistiche e esami diagnostici connessi al percorso nascita che sono la garanzia principale per la sicurezza della donna e del bambino.
La sanità nelle regioni non offre, quindi, le stesse prestazioni e il federalismo tende a giustificare le differenze strutturali esistenti, di fatto, legittimandole.
È significativo che non sia uno dei tanti centri studi esistenti a mettere sotto osservazione gli effetti del federalismo, ma un’organizzazione dei cittadini che fa della partecipazione civica la sua missione fondamentale.
Lo scopo principale è quello di impedire che il federalismo significhi divisione degli italiani rispetto alle prestazioni essenziali della sanità tra ricchi e poveri (ma lo stesso discorso vale anche per l’istruzione). A questo si aggiunge anche la finalità di migliorare il sistema di governo della sanità nelle regioni aprendo la porta alla partecipazione civica. Mirare al superamento dell’asimmetria di informazioni tra chi ha in mano la gestione della sanità e i cittadini che si accorgono solo delle conseguenze delle scelte, ma non sanno come e perché ci si è arrivati è una finalità altrettanto importante di questo nuovo punto di osservazione attivato da Cittadinanzattiva.
Il quadro che emerge da questo primo rapporto, comunque, non è rassicurante per i cittadini. Il Tribunale dei diritti del malato – la rete di Cittadinanzattiva dedicata alla sanità – rileva che il federalismo appare cristallizzato e osserva che le difficoltà e i problemi già in passato rilevati sono diventati una realtà stabile e che si ripete nel tempo. Non ci sono facili ricette che risolvano i problemi, ma sicuramente il taglio delle prestazioni e dei servizi ispirato a sole valutazioni economiche è inutile poiché accantona i problemi e non li risolve.
I punti fermi che devono essere mantenuti sono l’universalità del servizio e la sua sostenibilità. Solo tenere insieme questi due obiettivi spinge alla ricerca di soluzioni vere e rafforza la lotta a sprechi e ruberie che affliggono da troppo tempo il servizio sanitario.
Ma questo non lo possono fare le istituzioni da sole. Come afferma Cittadinanzattiva ci vuole un vero e proprio “Patto civico per la salute” tra Regioni, Ministero della salute e organizzazioni dei cittadini che lavori alle decisioni sul futuro del servizio sanitario.
Claudio Lombardi
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