Il federalismo delle buone intenzioni e la realtà (di claudio lombardi)

Ragioniamo su due punti: tra pochi giorni si vota per il rinnovo dei consigli regionali e il Governo sta lavorando alla redazione dei decreti attuativi della legge delega n. 42 del 5 maggio 2009 in materia di federalismo fiscale. Le due cose sono collegate perché i consigli regionali che usciranno da queste elezioni si troveranno a gestire il passaggio ad una fase più avanzata dello sviluppo del sistema delle autonomie i cui caratteri sono definiti nel Titolo V della Costituzione dedicato a “Regioni, Provincie e Comuni” (articoli da 114 a 133). Nella Costituzione, in verità, non compare il termine federalismo che, invece, è stato per molti anni al centro del dibattito e della comunicazione politica e che è pure contenuto nel titolo della stessa legge n. 42. Sulla rivendicazione federalista si sono costruite le fortune della Lega che ha dato un nome affascinante ad una domanda di autonomia non estranea ai principi costituzionali sui quali è stata redatta la carta del 1948. Tuttavia è, ormai, comunemente accettato definire federalismo ciò che è “solo” l’espansione e il consolidamento del sistema delle autonomie territoriali fondata non solo sulle regioni, ma anche su una forte centralità dei comuni che deriva loro dall’essere l’istituzione più vicina ai cittadini.

In questo disegno costituzionale in corso di attuazione la legge 42 ha un’importanza cruciale.

Sul sito del Governo si possono leggere il testo della legge, un quadro riepilogativo nonchè i principi e i criteri per l’attuazione del federalismo fiscale. Da questi sono tratti quelli citati qui di seguito:

  • attribuzione di risorse autonome alle Regioni e agli enti locali, secondo il principio di territorialità;
  • superamento graduale del criterio della spesa storica a favore:
    1) del fabbisogno standard per il finanziamento dei livelli essenziali e delle funzioni fondamentali;
    2) della perequazione della capacità fiscale per le altre funzioni;
  • tendenziale correlazione tra prelievo fiscale e beneficio, in modo da favorire corrispondenza tra responsabilità finanziaria e amministrativa;
  • facoltà delle Regioni di istituire a favore degli enti locali compartecipazioni al gettito dei tributi e delle compartecipazioni regionali;
  • premialità dei comportamenti virtuosi ed efficienti nell’esercizio della potestà tributaria, nella gestione finanziaria ed economica e previsione di meccanismi sanzionatori per gli enti che non rispettano gli equilibri economico – finanziari o non assicurano i livelli essenziali delle prestazioni;
  • flessibilità fiscale articolata su più tributi con una base imponibile stabile e distribuita in modo tendenzialmente uniforme sul territorio nazionale, tale da consentire a tutte le Regioni ed enti locali, comprese quelle a più basso potenziale fiscale, di finanziare, attivando le proprie potenzialità, il livello di spesa non riconducibile ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali degli enti locali;
  • riduzione della imposizione fiscale statale in misura adeguata alla più ampia autonomia di entrata di Regioni ed enti locali e corrispondente riduzione delle risorse statali umane e strumentali;
  • definizione di una disciplina dei tributi locali in modo da consentire anche una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale;
  • tendenziale corrispondenza tra autonomia impositiva e autonomia di gestione delle proprie risorse umane e strumentali da parte del settore pubblico, anche in relazione ai profili contrattuali di rispettiva competenza.

Si tratta di un elenco incompleto, ma che indica le caratteristiche essenziali del percorso definito con la legge 42. In poche parole si può dire che si spostano verso il territorio le decisioni di spesa delle risorse prelevate con l’imposizione fiscale rendendo con ciò più responsabili (e riconoscibili) gli enti territoriali cui arrivano i soldi dei cittadini e che li spendono. Questo è il principio di fondo che sarà attuato con diversi meccanismi di riequilibrio e di perequazione e saranno questi meccanismi a stabilire se il cosiddetto federalismo fiscale sarà una cosa buona oppure no. Altro elemento centrale della riforma è costituito dal calcolo delle necessità di spesa per ogni regione con il passaggio dalla spesa storica per determinati servizi (sanità in primo luogo) a quella standard. Ciò significa che si dovrà stabilire quali servizi dovranno essere assicurati ai cittadini e a quale livello di qualità (cui corrisponde una spesa) e non sarà più possibile incrementare anno per anno il livello di spesa già raggiunto. In generale la vita delle regioni dovrà fare i conti in maniera ben più stringente di oggi con il livello di entrate provenienti dal territorio regionale e questo, nonostante i meccanismi di perequazione, creerà una situazione nuova anche nel rapporto fra altri centri di spesa (comuni, province ecc) e regioni oltre che nel rapporto con i cittadini.

Bastano queste semplici considerazioni per immaginare quale passaggio delicato si troveranno a gestire i prossimi consigli regionali insieme con il Governo nazionale (e con il Parlamento). Saranno anni di transizione, ovviamente, ma le basi gettate oggi saranno quelle sulle quali si edificherà l’assetto futuro.

Detto ciò torniamo alla campagna elettorale e al confronto fra le forze politiche che si candidano a guidare le regioni. Cosa vediamo? Un confronto consapevole delle responsabilità e delle sfide future per selezionare i migliori rappresentanti dei cittadini? ognuno osservi e dia la sua risposta. Ciò che è urgente (e comunque necessario) è costruire una capacità dei cittadini di far sentire la loro voce alle istituzioni locali e di prendere parte alle scelte politiche e amministrative. Ci sono tante forme di partecipazione e tanti luoghi dove esercitarla, ci sono tante norme che la prevedono e che non sono utilizzate; adesso è il momento di riempire questi spazi, di dare un’impronta democratica alla vita dello Stato in tutte le sue espressioni, di superare la delega ai professionisti della politica e di rivendicare un ruolo attivo per i cittadini. L’occasione delle elezioni regionali sarebbe stata una buona occasione per parlarne, ma è stata sprecata. Adesso vediamo cosa sapranno fare gli eletti. E partecipiamo.

Claudio Lombardi

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