Il grande spreco della sinistra romana

La sinistra a Roma non aveva mai governato. Nel 1976 ci fu il sorpasso dei voti del PCI sulla DC e venne eletto il primo sindaco non democristiano dell’era repubblicana: lo storico dell’arte Giulio Carlo Argan. Muore Argan e gli succede Luigi Petroselli che rimarrà in carica fino alla sua morte nel 1981. Nel frattempo alle elezioni comunali del 1981 il PCI aumenta ancora la sua percentuale di voti e il ricordo del sindaco Petroselli resterà come un punto di riferimento della capacità di governare una realtà complessa come il comune di Roma alla testa dei cittadini e non sopra i cittadini. Lo sostituì Ugo Vetere che fece il suo dovere fino in fondo da gran lavoratore qual’era.

Nelle elezioni successive la sinistra perdette la maggioranza e la riconquistò solo nel 1993, ma con un sistema elettorale diverso che sposterà la scelta del sindaco dal Consiglio comunale al voto diretto degli elettori. Francesco Rutelli della Federazione dei verdi vinse sul suo avversario Gianfranco Fini. Nel 1997 fu confermato Rutelli con oltre il 60% dei voti. Ancora vittorie elettorali del centro sinistra con Walter Veltroni nel 2001 e nel 2006 quando eguagliò il record di Rutelli con il 61,4% dei voti.

alemanno sindacoNel 2008 questa successione di sindaci di sinistra-centro sinistra si interrompe e vince Alemanno. Nel 2013, dopo cinque anni di “cura” Alemanno, i romani capovolgono di nuovo la situazione e portano al Campidoglio un candidato che si presenta con lo slogan “non è politica è Roma”. Peccato che quel candidato – Ignazio Marino – fosse stato inventato dalle alchimie di un Pd in preda alle lotte di potere, poco sensibile alle motivazioni profonde che avevano cambiato gli orientamenti del corpo elettorale e concentrato invece sugli interessi dei propri gruppi dirigenti e degli eletti. Forse questi stessi credettero di poter gestire facilmente il nuovo sindaco e al suo rifiuto nacque quell’ostilità tra il Pd e Marino che, senza l’esplosione di “mafia capitale”, avrebbe già probabilmente portato a nuove elezioni.

Mettere al centro il solo Pd, tuttavia, significa non voler vedere che il “capolavoro” in negativo di tutta la politica romana degli ultimi 60 anni (con la significativa eccezione delle giunte Argan, Petroselli e Vetere) è stato di avvolgere la città in una rete di corruzione trasversale a bassa, media e alta intensità che ha finito per emarginare l’interesse generale dando forza alla cultura del clientelismo e dell’illegalità. La colpa inescusabile della sinistra dal 1993 in poi è stata quella di seguire questo andazzo arrivando a confondere progressivamente gli interessi personali dei suoi dirigenti e dei suoi eletti con quelli del partito fino a farli coincidere in un’unica cultura e prassi di governo.

il cammino della sinistra romanaDal 1993 ad oggi la sinistra romana si è giocata un patrimonio di fiducia e di buona reputazione mettendo in ombra anche le tante cose buone che sono state fatte. La tragedia italiana è che dalla destra ci si è sempre aspettati violazione delle regole, clientelismo, sprechi e ruberie, quasi fosse l’inevitabile soddisfazione di istinti diffusi nella propria base elettorale che considerava naturale lo scambio di favori tra politici e cittadini.

Ma la sinistra doveva essere un’altra cosa. A un certo punto, invece, la sinistra ha seguito la destra. La diversità rivendicata da Berlinguer all’inizio degli anni ’80, la sua lucida e impietosa analisi sulla degenerazione del sistema dei partiti sono state travolte da un’assimilazione di metodi e di comportamenti che all’inizio sembravano quasi una protezione della propria parte politica. Ma che alla fine hanno portato alla condivisione e alla spartizione con gli avversari del bottino rappresentato dalla spesa pubblica e dai posti di lavoro controllati dalla politica. In realtà la magistratura ha colpito una piccola parte delle illegalità, gli altri ci hanno solo guadagnato. E l’esempio ha fatto scuola.

Che si arrivi alle elezioni subito o alla scadenza naturale non è, a questo punto, decisivo. Anzi pretendere che si parta dalla caduta di Marino rischia di colpire il bersaglio dei mafiosi e non loro stessi. Conta molto di più che la pulizia dai corrotti e dai disonesti sia radicale. Ma si sappia che i raggiri e i trucchetti sono tutti scoperti e nessun signore delle tessere potrà più convincere i romani. Forse la politica romana riuscirà a rifondarsi, ma l’impressione è che questa volta si partirà da zero

Claudio Lombardi

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