Il Mes e i veri ritardi dell’Italia
Ci risiamo. Il Mes è il mostro da scansare a tutti i costi. Eppure basta ragionare un po’ e si capisce che la battaglia dei Salvini, Meloni e 5 stelle vari o è di gente che non riesce a capire oppure è di gente che vuole il disastro per conquistare il potere. Decidete voi chi rientra in una categoria e chi nell’altra. Cominciamo però dai numeri.
Ecco una semplice tabella che dice più di tanti discorsi. Ci sono stati che possono ricavare un grande vantaggio dai prestiti del Mes, altri che lo avrebbero molto limitato e altri ancora che ci perderebbero. Inutile dire dove si colloca l’Italia e dove la Germania.
Stabilito che l’Italia ha bisogno di soldi, che la convenienza c’è e messa da parte l’assurda proposta di un prestito non restituibile da parte degli italiani lanciata dal Prof Savona vero ispiratore dei sovranisti (cominciasse lui a mettere tutti i suoi risparmi in titoli di stato eterni così ci fa vedere come si fa), bisogna parlare delle condizionalità che sarebbero applicate ai prestiti. È questa, infatti, l’ultima frontiera degli azzeccagarbugli nazionalpopolari. Dalla Meloni all’ultimo dei follower sui social tutti attaccati a commi e articoli per dimostrare l’inevitabilità di condizioni capestro per chi si azzardasse a prendere soldi dal Mes. C’è anche qualcuno che si spinge a parlare di trappola dei paesi del nord Europa per assumere il controllo dell’Italia. Idiozia pura o avanspettacolo buono per il popolino.
L’esempio che viene sbandierato per fare paura è sempre quello della Grecia che, comunque si è rovinata da sola falsificando i bilanci e che oggi si è rimessa in piedi grazie al sostegno europeo (cioè anche con soldi italiani) e non se la passa affatto male.
Non si parla mai, però, degli altri paesi che sono stati finanziati dal Mes: Portogallo, Spagna, Irlanda. Perché non li si porta come esempio? Perché quelle sono storie di successi. I prestiti del Mes sono stati usati bene e quelle economie si sono risollevate tanto da aver fatto registrare performance superiori a quelle dell’Italia. Se la passano meglio di noi per crescita del Pil, disoccupazione e debito. Dulcis in fundo i tassi di interesse sono nettamente più bassi di quelli italiani. Quindi non è che il Mes fa bene o male di per sé. Dipende da chi li usa i prestiti.
E veniamo alle famose condizionalità. Ecco una citazione tratta da un articolo su Repubblica di qualche settimana fa di Cottarelli e Moavero:
“Il Consiglio europeo ha confermato che la condizione sarebbe una, standard per ogni Stato dell’area dell’euro: la destinazione di queste risorse al sostegno di spese necessarie per affrontare i costi, diretti e indiretti, dell’emergenza sanitaria. C’è chi pensa che questo non sia possibile e presti il fianco a ricorsi alla Corte di giustizia Ue, perché in conflitto con l’articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell’Ue che esige una “rigorosa condizionalità” per gli interventi del Mes. Termini ripresi anche dall’articolo 12 del trattato istitutivo del Mes che, tuttavia, precisa che le “condizioni rigorose (sono) commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto (e) possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite”. Se ne deduce che esiste un margine di discrezionalità nel fissare le condizioni. Ne usufruiscono gli organi decisionali del Mes e la Commissione europea quando negoziano il formale “accordo sul dispositivo di assistenza” con lo Stato che l’abbia chiesto e che deve firmarlo (vedi articolo 13 trattato Mes)”.
Ancora più preciso è quanto scrive Piero Cecchinato su Linkiesta
“è lo stesso Reg. 273/2012, al comma 12 dell’art. 7, ad escludere espressamente condizionalità macroeconomiche, affermando che nessun programma di aggiustamento possa essere chiesto in caso di assistenza finanziaria a titolo precauzionale, né per «qualunque nuovo strumento finanziario del Mes, per il quale le norme del Mes non prevedono un programma di aggiustamento macroeconomico» (quale è la nuova linea di supporto contro la pandemia). Quindi, per legge, niente condizionalità, niente tagli, tasse e riforme”.
E dunque cosa dovremmo temere? Forse la nostra stupidità o la volontà distruttrice di una destra irresponsabile se dovesse conquistare il potere. Basterebbe far saltare i conti, inventarsi una moneta parallela, chiedere che l’Italia sia mantenuta dagli altri paesi europei e dovremmo andarcene dall’euro e dall’Unione europea. Che poi è il vecchio piano della destra sovranista, enunciato più volte e in tante forme diverse. Se gli italiani vogliono provare cosa vuol dire soffrire a causa di governanti impazziti e scellerati non hanno che da dar retta ai cosiddetti sovranisti.
Messa da parte la questione delle condizionalità il problema vero è quello che ci ha ricordato Angela Merkel pochi giorni fa: l’Europa ha predisposto un pacchetto di interventi finanziari dedicati in particolare ai paesi più colpiti dal Covid; ora bisogna richiederli. E qui il problema è l’Italia.
Sul grande piano di ricostruzione post Covid-19 predisposto dalla Commissione Europea, il Governo italiano non sta facendo la sua parte. È prigioniero dei dissidi nella maggioranza tra chi si unisce alle opposizioni nel dire NO al Mes e chi vorrebbe utilizzarlo.
Da un lato si promettono soldi a tutti, dall’altro si rifiuta un modo serio e responsabile di procurarseli. Ma poi soldi per fare cosa? Finita la passerella degli “stati generali” non si può più rinviare l’ora delle scelte vere. Che non sono, non possono essere quelle dell’assistenzialismo senza scadenza che piace tanto ai populisti del M5s. Bisogna che l’Italia si ricostruisca con il lavoro e lo sviluppo, ma non si può fare se, da un lato si promette la proroga della cassa integrazione e del blocco dei licenziamenti fino a dicembre e dall’altro c’è grande confusione su quali interventi realizzare. Persino il Ponte di Genova è completato, ma non si sa a chi consegnarlo perché i 5 stelle si sono fissati nella lotta alla società Autostrade e, dopo due anni, sono ancora lì a minacciare e a danneggiare la società in Borsa senza fare un passo avanti per la gestione delle rete autostradale. Una situazione tragica per la credibilità dell’Italia.
Intanto dal 1° luglio la Germania avrà la presidenza dell’Unione e la cancelliera Merkel ha tutta l’intenzione di portare a compimento il piano di aiuti e prestiti lanciato dalla Commissione europea che si basa su quattro “gambe”: il MES per le spese sanitarie dirette ed indirette, il SURE per quelle relative al mercato del lavoro, la BEI per i finanziamenti alle imprese e il Next Generation UE Fund per i progetti di scala europea su digitale, Green economy e resilienza economica. Si tratterà di 2.400 miliardi di euro con una consistente quota di contributi a fondo perduto.
E l’Italia che fa? Ancora non si sa. Non esiste un piano di riforme credibile, in linea con gli obiettivi strategici europei. Eppure lo strumento ci sarebbe: è il Piano Nazionale delle Riforme (PNR) che dovrebbe essere discusso in Parlamento al più presto. Su questo e non su scenografiche passerelle mediatiche si deve misurare l’impegno di maggioranza ed opposizione per rilanciare il nostro Paese. Il Parlamento dovrebbe lavorare solo su questo da subito e per tutta l’estate partendo da un mandato chiaro al governo per il vertice europeo del 17-18 luglio che è decisivo.
Invece i notiziari sono pieni di polemiche sul Mes che lacerano la maggioranza e delle sceneggiate speculative di un Salvini che è tornato in campagna elettorale.
Se nemmeno 50 mila morti per il Covid bastano per far tornare un minimo di responsabilità a tutti allora rassegniamoci ad un futuro nero. Dovremmo essere noi italiani a punire i politici irresponsabili e incapaci togliendo loro il voto. Ma c’è da temere che non sarà affatto così
Claudio Lombardi
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