Il miracolo chiesto dal sindaco di Locri
La notizia del sindaco di Locri (Calabria 12.500 abitanti) che scrive a Gesù per chiedere il miracolo di far tornare al lavoro i dipendenti comunali è un film. Ve li immaginate Totò e Peppino De Filippo a rappresentare questa storia italiana? Che parte potrebbe fare Peppino? Quella del sindaco disperato e sempre sconfitto è perfetta. E Totò? Lo vedo bene nei panni di un vigile urbano, uno di quei due (su sette) che non possono stare in piedi più di tre ore oppure in quelli del vigile che può lavorare solo da seduto.
Il povero sindaco le ha provate tutte: denunce ai Carabinieri, alla Guardia di finanza, alla Procura della Repubblica e un numero corposo di provvedimenti disciplinari senza alcun esito. Alla fine ha concluso: “Siamo nelle mani di Dio”.
Non sapendo più a che santi votarsi contro l’assenteismo dei dipendenti comunali che paralizzano la macchina comunale il sindaco, Giovanni Calabrese, si è persino ridotto, nei mesi scorsi, a caricare il pulmino che accompagna i ragazzini diversamente abili a scuola (ovviamente l’autista era “malato”) con 30 sacchetti di bitume a freddo e con il vicesindaco e un unico volenteroso operaio si è messo a tappare le buche nell’asfalto.
A Gesù il sindaco ha scritto parole accorate “Mi rivolgo a te non sapendo a chi altro rivolgermi. Sono costretto ad affermare che solo una minima parte dei dipendenti comunali lavora in modo serio e onesto, mentre tanti altri stanno a guardare in attesa che arrivi il fatidico “ventisette” per potersi vedere accreditato in banca l’importante, ma non sudato stipendio”.
I numeri? Eccoli: su 125 dipendenti comunali quelli realmente disponibili e impegnati “non sono mai più di 20-25“. Gli altri sono “coperti” da compiacenti certificati medici che fotografano una situazione sanitaria tanto disastrosa quanto palesemente falsa (depressione, mal di schiena, impossibilità di stare in piedi, incapacità fisica di svolgere lavori pesanti). E così la città deve fare a meno di tutto ciò che la macchina organizzativa comunale dovrebbe fare e non fa.
Ovviamente (sarà un caso ?) i controlli sull’abusivismo edilizio non esistono e “il personale addetto alla raccolta dei rifiuti continua ad essere colpito da improvvisa malattia”.
Ecco una bella immagine dell’Italia al tempo della crisi!
Il minimo che si può dire è che l’austerità non tocca i tanti assenteisti che popolano il nostro paese. Loro vivono di una rendita che si chiama stipendio. Si può dire che Locri è un caso estremo? Forse, ma, intanto a Roma all’inizio dell’estate la raccolta dei rifiuti è andata in crisi anche a causa di un improvviso picco di assenteismo dei dipendenti AMA (azienda comunale 100% pubblica) che già a regime si collocava tra i più alti d’Italia.
Siamo sinceri: sappiamo tutti bene che l’assenteismo fra i dipendenti pubblici e parapubblici non riguarda poche “mele marce”, ma è e, soprattutto, era, una pratica molto diffusa. Oggi meno di ieri sicuramente, ma pur sempre abbastanza diffusa. Troppo. E poi mettiamo nel calderone tutto il resto che ha fatto la storia del welfare dell’imbroglio made in Italy: abusi sulla legge 104, cure termali, falsi invalidi, falsi esenti ticket ecc.
Vogliamo mettere in relazione tutto ciò con la spesa pubblica, sia come livello che come efficienza? Vogliamo dire che questa realtà mina la credibilità del paese? E come facciamo a dire che bisogna aumentare il deficit e, quindi, il debito pubblico se poi usiamo i soldi per pagare questi lussi?
No, dobbiamo guardare in faccia le cose per quello che sono. E non dobbiamo nasconderci dicendo che i problemi sono altri. Il caso assenteismo e opportunismi vari (anche promossi e difesi dai sindacati o dotati di compiacente copertura politica) rientrano nel caso più generale della rendita su cui è fondato il sistema di governance italiano. E sono l’altra faccia degli abusi e delle ruberie che ai piani alti delle burocrazie e del management sotto protezione politica vengono praticati da molto tempo.
Possiamo sognare che tutto resti come è. Non possiamo chiedere, però, che il sogno divenga realtà
Claudio Lombardi
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