Il Movimento 5 Stelle alla grande prova (di Claudio Lombardi)
Il fatto del giorno è la paura che il M5S “faccia il botto” ossia che prenda tanti voti da sconvolgere gli equilibri parlamentari e da impedire di formare un governo in grado di governare per tutta la legislatura. Certo, se capitasse proprio questo le responsabilità sarebbero anche di altri perché non si può imputare ad un movimento in gestazione da non pochi anni di togliere spazio ai partiti che aspirano a governare.
La prima è più grande responsabilità sarebbe di un sistema elettorale iniquo che nessun partito ha potuto o voluto modificare. La seconda sarebbe nell’onnipresente italico “culto” dei particolarismi che rende improponibile raggiungere intese fra forze simili su piattaforme e programmi di compromesso. No, ognuno rivendica l’indispensabilità del proprio ruolo e, pur sapendo che non alcuna possibilità di affermarsi, non rinuncia a stare in campo senza patteggiare nulla. Un sistema elettorale a doppio turno costringerebbe tutti a ridimensionare quest’ansia di protagonismo. Speriamo che la prossima legislatura ce lo porti in dono.
In ogni caso Grillo si è assunto una grande responsabilità. Suscitare una partecipazione così vasta e vera (perché non guidata da clientelismi e voti di scambio) significa impegnarsi al massimo a non deludere le aspettative. Molto si è scritto sui limiti del consenso che riscuote il M5S. Che sia l’occasione per sfogare una rabbia generica verso tutto ciò che non funziona in questo Paese è sicuro, che questo sfogo non porti con sé una altrettanto grande carica di ricostruzione pure. Ma questi sono i limiti di ogni consenso politico e non dovrebbero stupire gli osservatori dei fatti italiani dove di voti estorti, comprati, rubati, scambiati ecc ecc se ne sono visti molti. E tutto si può dire del M5S tranne che rientri in questa casistica.
Detto ciò i veri limiti del M5S sembrano due: uno che guarda all’interno di un movimento troppo liquido e destrutturato, ma estremamente accentrato ed autoritario nelle leve di comando; l’altro che consiste in un programma tuttora indefinito e generico non adeguato alle percentuali elettorali di cui è accreditato il M5S.
Che questi limiti siano ben presenti a tanti militanti di quel movimento è testimoniato dalle interviste raccolte alle manifestazioni nelle quali molti precisano che lo stile e i discorsi di Grillo non corrispondono esattamente a quello che pensa la base e che il programma dovrà necessariamente essere ricalibrato strada facendo.
Ovviamente tanti altri dichiarano che mai scenderanno a compromessi con chiunque stia dentro i partiti e che tutto va bene così com’è e, mancando sedi di confronto e di misurazione democratica del consenso, non si sa quale sia la linea prevalente nel movimento.
In ogni caso è lecito pensare che molto cambierà dopo le elezioni perché i tanti che saranno eletti dovranno decidere che fare e se tenteranno di attuare il programma si troveranno davanti all’impossibilità di tradurre in atti concreti condivisi da tutti (eletti e movimento) l’elenco scoordinato di proposte contenute nella piattaforma sulla quale hanno preso i voti.
La verità è che anche nell’era di internet cliccare su un “mi piace” non è sufficiente per fare la scelta giusta quando si tratta di scegliere quali diritti tutelare e come farlo e quali decisioni di governo prendere giorno per giorno nelle aule parlamentari. A meno che non ci si confini da subito in una dimensione di pura testimonianza. La partecipazione democratica è vitale per il sistema, ma è difficile e la politica è anche impegno per realizzare un progetto e presto il M5S rischia di scoprire che non ne ha uno perché nasce come e tuttora prevale il suo essere una cassa di risonanza di un impasto di proteste, mugugni, rancori, aspirazioni, intenzioni, belle idee tenute insieme dalle doti di un tribuno di grande capacità come Beppe Grillo. Un grande cambiamento è auspicabile e necessario anche nel M5S.
Claudio Lombardi
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