Il PPE nel suo labirinto e la svolta in Europa (di Salvatore Sinagra)
Forza Italia farà una campagna elettorale per le elezioni europee fortemente antitedesca. E’ chiarissimo che la destra italiana fa una grande fatica a trovare una sua identità, fa fatica non solo ad affrancarsi da Berlusconi che presto o tardi dovrà lasciare la leadership, fa fatica a collocarsi nella destra europea. E’ assai significativo che una buona fetta della destra italiana ha fatto il tifo per François Hollande alle presidenziali francesi del 2012, ed è assai significativo che in Italia la maggior parte (e le più volgari) delle critiche al capo del governo tedesco arrivino da destra.
In fondo Angela Merkel negli ultimi anni ha portato avanti tutte le politiche tipiche di un moderno partito liberale, liberista e conservatore: ha cercato di ridurre le tasse sulle attività produttive e di rendere la Germania sempre più business friendly, mantenendo il livello di welfare necessario per continuare ad avere la coesione sociale, ha rifiutato ogni tipo di politica Keynesiana. La “cancelliera” crede fermamente che il miglior modo per aiutare il popolo sia aiutare le imprese; ha ereditato una Germania fortemente orientata alla produttività a seguito delle riforme varate dal socialdemocratico Schroder e si è ostinata a difendere gli interventi di politica economica del suo predecessore, anche negli aspetti che hanno dimostrato di produrre cattivi incentivi e che ora, anche la stessa sinistra che li ha introdotti, vuole abolire.
Berlusconi prometterà nei prossimi 15 giorni che fermerà i lanzichenecchi della Merkel al Brennero, e forse i conservatori tedeschi e di altri paesi europei prometteranno di proteggere i loro elettori dai clown come Berlusconi (per usare le parole di un socialdemocratico tedesco), eppure sia Forza Italia che la CDU appartengono al partito popolare; quindi la crisi di identità non è oggi solo un problema della destra italiana, che senza Berlusconi negli ultimi 20 anni non sarebbe andata oltre i voti dell’ex MSI, ma è un problema di tutta la destra Europea.
Nel programma, per la verità assai vago, con cui si presentano alle europee 2014, i popolari rivendicano il titolo di partito in assoluto più europeista ed affermano che la casa comune europea oggi non ci sarebbe senza l’impegno di tanti leader democristiani e popolari del dopoguerra; nessuno nega che i popolari Adenaur e De Gasperi sulle questioni europee furono spesso più progressisti dei socialisti, tuttavia oggi il Partito Popolare Europeo non è più quello delle origini, è un partito eterogeneo, che raccoglie anche euroscettici e addirittura qualche discutibile figura che molti esponenti della prima democrazia cristiana non avrebbero esitato a definire di estrema destra.
Il PPE ha cambiato pelle a seguito degli allargamenti che sono avvenuti a partire degli anni novanta: prima ha accolto i gollisti francesi, poi Forza Italia quando già l’immagine di Berlusconi in Europa era fortemente deteriorata, nel nuovo millennio ha assorbito il gruppo conservatore, ovvero quello dei tories di Margareth Thatcher e David Cameron, infine dopo la fusione tra Alleanza Nazionale e Forza Italia molti postfascisti sono entrati nel PPE.
Negli anni il PPE è quindi diventato un partito pigliatutto, all’inizio della legislatura 2009 si era accaparrato tutte le presidenze delle istituzioni europee (Commissione Europea, Parlamento, Eurogruppo e Consiglio), tuttavia il prezzo di queste politiche è stato la rovinosa perdita di coesione interna. Per la verità a Bruxelles non esistono ancora veri partiti, ma solo blande confederazioni, tuttavia il PPE sembra oggi rappresentare il raggruppamento in assoluto più affetto da insanabili contraddizioni.
I popolari che ancora credono nei valori delle origini a lungo si sono domandati come si potesse continuare a convivere con un leader euroscettico come David Cameron e con un impresentabile come Berlusconi, alla fine non sono stati i popolari a cacciare le pecore nere, ma se ne sono andati via i conservatori britannici, sbattendo la porta e formando un nuovo partito a destra del PPE.
Alle prossime europee il candidato Popolare Juncker sarà sostenuto dalla Merkel e da altri alfieri del rigore, da Berlusconi che dice che bisogna sforare il tetto del 3%, da tutti i francesi dell’UMP compresi quelli che fanno una campagna elettorale che a tratti si confonde con quella del Fronte Nazionale e dal partito del premier ungherese Orban che ha instaurato un regime autoritario nel cuore dell’Europa e non ha esitato ad etichettare le signora Merkel come nazista.
Da decenni l’UE va avanti con l’accordo tra liberali, popolari e socialisti, eppure oggi una parte sicuramente minoritaria ma comunque rilevante del PPE è inaffidabile. Cosa succederà dopo le elezioni europee? I popolari cercheranno di fare il pieno di voti imponendo il loro candidato alla presidenza, subito dopo faranno finta di non conoscere Orban e Berlusconi, oppure li espelleranno. Anche se i popolari e le forze alla loro destra riuscissero ad avere la maggioranza al Parlamento Europeo ci sarà bisogno di un nuovo accordo con i liberali e i socialisti per mettere fuori gioco i populisti che, stavolta, si nascondono anche dentro il PPE.
I liberali ed i socialisti dovrebbero allora provare a rimescolare le carte, magari facendo un accordo solo con alcune componenti del PPE ed aprendo ai verdi, oggi sicuramente più europeisti dei popolari e magari ad alcune istanze della sinistra radicale, se questa strada fosse impossibile sarebbe doveroso pretendere un patto di coalizione e che nessun commissario europeo sia espressione di partiti autoritari.
Soprattutto bisognerà riprendere la strada della politica mettendo da parte accordi e manovre che non portino ad una svolta nelle politiche europee. Determinante sarà dunque il voto degli elettori dal quale uscirà l’indicazione del prossimo presidente della Commissione europea. Per la prima volta un voto democratico sarà la base per tracciare gli indirizzi politici delle istituzioni europee. Un’occasione da non sprecare
Salvatore Sinagra
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