Il Presidente della stabilità. Che non basta più
Napolitano si dimette e conclude nove anni nella carica di Capo dello Stato. Tanti i giudizi finali e molte di più le polemiche che hanno accompagnato il suo mandato. L’accusa più infondata e, tutto sommato, stupida è che egli abbia abusato dei suoi poteri andando oltre i limiti costituzionali. Ciò, semplicemente, non è mai avvenuto dato che le scelte di sciogliere oppure no le Camere, di nominare un Presidente del Consiglio piuttosto che un altro, di firmare le leggi ed altro sono sempre avvenute nel rispetto delle prerogative costituzionali del Capo dello Stato.
Napolitano non ha mai nascosto la sua preferenza per le larghe intese e per la stabilità che evitasse elezioni anticipate e traumi per un Paese fragile ed esposto agli attacchi dei mercati finanziari, ma non avrebbe mai potuto imporre la sua volontà contro i partiti. È singolare che le critiche lo colpiscano per scelte che sono sempre state sostenute da maggioranze parlamentari. Fu così, per esempio, col governo Monti quando Pd e Pdl innanzitutto accettarono di far parte della maggioranza parlamentare e nessuno chiese nuove elezioni. Sarebbe bastato che il Pd si fosse impuntato e il governo Monti non sarebbe mai nato. E fu così per il governo Letta che seguì la sciagurata vicenda delle votazioni per il Presidente della Repubblica. Qualcuno si spinse, allora e lo va ripetendo anche adesso, a dire che Napolitano avrebbe tramato per farsi rieleggere. Una fesseria colossale. È proprio vero che lo stupido guarda il dito e non la luna che sta indicando.
Contro Napolitano si sono scatenati attacchi esagerati e persino isterici che, stranamente, si sono rivolti con toni più moderati alle forze politiche protagoniste delle scelte di governo la cui responsabilità veniva scaricata quasi per intero sulle spalle del Presidente.
Napolitano è diventato, a un certo punto, il parafulmini su cui scaricare tutte le frustrazioni di un sistema malato e di partiti incapaci di assolvere alla loro funzione.
Che lui sia sempre stato per una stabilità fatta di diplomazia, prudenza, conservatorismo degli equilibri raggiunti nello status quo è cosa arcinota. La figura di Napolitano è sempre stata quella dell’uomo di stato e non di partito. Più che leader politico è stato uomo delle istituzioni e ha rappresentato nel percorso del comunismo italiano un approccio riformatore lento, progressivo, rispettoso delle compatibilità e delle gerarchie. Il medesimo approccio che ha portato nei suoi incarichi istituzionali. Inoltre, sia come leader politico che come uomo di stato, ha sempre avuto ben presenti le molteplici dimensioni della presenza italiana in Europa e nel mondo che dovevano fare i conti con un’arretratezza storica ed un’immaturità di lento recupero. Forse per questo ha sempre diffidato dai “salti” e dai traumi per superare gli ostacoli e abbreviare i tempi preferendo la lentezza alla velocità, la cautela all’azzardo.
Come Presidente della Repubblica avesse avuto intorno forze politiche determinate e in grado di assumere la guida del Paese avrebbe svolto con più serenità la sua funzione di riequilibratore e di moderatore. Gli è toccato, invece, supplire all’incapacità dei partiti e lo ha fatto nell’unico modo possibile per la sua storia e per le funzioni che svolgeva. Non si può imputare a lui ciò che è andato storto in questi anni di vuoto di leadership politica. Per questo chi se la prende solo con lui non si rende conto di coprire i veri responsabili dei guai che stiamo passando.
Ciò detto bisogna anche dire che la stabilità non può più essere il progetto politico su cui basare il cambiamento. E la prudenza e l’equilibrio che può esprimere un Capo dello Stato non possono diventare l’orizzonte in cui si chiude il governo dell’Italia. E’ sperabile che non sia eletto un nuovo Napolitano o che, almeno, i partiti riprendano a svolgere la loro funzione di guida politica del Paese senza ripresentarsi in stato confusionale a rimettere le scelte politiche nelle mani del Presidente della Repubblica chiunque egli sia.
Napolitano si dimette non solo per l’età eccezionalmente avanzata, ma anche perché ha compiuto la sua funzione, ha fatto il suo tempo ed oggi occorre un cambiamento
Claudio Lombardi
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