Il punto sul finanziamento pubblico dei partiti (di Claudio Lombardi)
Vediamo se sul finanziamento pubblico dei partiti si riesce a ragionare. La cosa è importante perché la politica è una funzione sociale con cui si governa la collettività, non si esaurisce con il voto e non si svolge tutta dentro alle Assemblee elettive. Che la collettività ci metta dei soldi non è assurdo mentre è sospetto se ce li mettono le banche, le finanziarie, le società petrolifere, quelle che producono energia, quelle che hanno delle reti Tv ecc ecc. Ovvio che i soldi vanno chiesti a tutti i cittadini, ma un finanziamento pubblico è proprio questo. Tutto sta a vedere di quanti soldi si tratta e come e a chi vengono dati.Come stanno le cose adesso? Una panoramica della legge 6 luglio 2012, n. 96 che si basa su tre punti fondamentali: sistema misto di finanziamento pubblico e privato con dimezzamento dei soldi pubblici ai partiti; controlli dei bilanci affidati a una commissione di 5 magistrati e certificazione dei conti da parte di società di revisione; pubblicazione online dei conti.
Innanzitutto i contributi pubblici spettano alle forze politiche che siano rette da uno statuto democratico che indichi chi redige e approva i bilanci, come sia organizzata la vita interna nonché il rispetto delle minoranze e i diritti degli iscritti. Così si dovrebbero evitare i movimenti personali nei quali non si sa chi maneggia i soldi.
Dimezzamento significa che viene messa a disposizione la metà dei contributi rispetto a prima secondo un sistema misto: una quota del 70% per rimborso spese (elettorali e ordinarie) e una quota, del 30% in proporzione a quanto ricevuto dai privati (0,50 euro dello Stato per ogni euro ricevuto da privati certificati da una società di revisione).
Viene posto un tetto per le spese elettorali sia dei partiti che dei movimenti politici. Viene imposta la pubblicità della situazione patrimoniale e reddituale dei soggetti che svolgono le funzioni di tesoriere dei partiti o dei movimenti politici.
Obbligo di rendicontazione per tutti i partiti che dovranno avvalersi di una società di revisione (iscritta nell’albo della CONSOB) che verificherà la regolarità del rendiconto. Istituzione della Commissione per la trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti e dei movimenti politici composta da 5 membri, designati dai vertici delle tre massime magistrature: Corte dei conti, Consiglio di Stato e Corte di cassazione.
Infine obbligo di pubblicità dei rendiconti sui siti internet dei partiti e dei movimenti politici nonché nel sito internet della Camera dei deputati.
Ecco, oggi, quando si parla di finanziamento dei partiti si parla di questo sistema. Cosa c’è che non va? I contributi sono dati anche per le spese di funzionamento dei partiti e non solo per quelle elettorali. Anche se una parte è agganciata ai contributi privati resta il fatto che si va oltre i rimborsi elettorali e questo non va bene.
La seconda è che non tocca la questione del finanziamento della politica che non coincide con il finanziamento dei partiti. Oggi il mondo dell’associazionismo e della cittadinanza attiva partecipano alla politica spesso in maniera più incisiva di un partito, ma non dispongono di servizi e di fondi. Escluso che si possano finanziare direttamente (così non si dà luogo ad equivoci) è del tutto lecito pensare ad un fondo per la politica cui si accede proponendo progetti annuali e pluriennali monitorati da autorità pubbliche. Inoltre si può pensare a dare la possibilità e i mezzi ai comuni per fornire ospitalità e servizi alle associazioni della società civile in locali pubblici consentendo loro la condizione di base – la disponibilità di una sede – per attivarsi. Sottoponiamo tutto ciò a controlli accurati, ma rendiamo credibile l’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione (“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”). Bisogna rendersi conto che con questa norma è superata l’esclusività del partito politico come strumento per una partecipazione politica che persegua l’interesse generale e, quindi, è giusto aiutare la cittadinanza attiva a svolgere la sua funzione.
Una proposta semplice è proprio questa: stornare una quota dal finanziamento pubblico di partiti e formazioni politiche e destinarla ad un Fondo per la cittadinanza attiva che escluda finanziamenti diretti, ma si concentri invece su attività documentate di interesse generale per favorire la partecipazione dei cittadini alla vita politica che serve per controllare il funzionamento delle istituzioni, per monitorare le amministrazioni e i servizi pubblici, per aiutare a trovare soluzioni ai problemi. Le organizzazioni territoriali dei partiti (non più sostenuti dal finanziamento pubblico) potrebbero strutturarsi per lavorare anch’esse su progetti di questo tipo concorrendo ai finanziamenti e sarebbero senz’altro più utili così alla collettività. Insomma soldi spesi bene e un ottimo investimento.
Claudio Lombardi
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