Immuni e la digitalizzazione della pubblica amministrazione
Sembra che l’app Immuni stia fallendo la sua missione: è stata scaricata da troppi pochi utenti (circa 9 milioni) ed è riuscita a tracciare pochi contatti. A sostegno di questa sensazione basta osservare che Conte nel suo ultimo intervento in tv non ne ha fatto cenno.
Nel frattempo si continua a parlare di come la digitalizzazione delle attività produttive e soprattutto della pubblica amministrazione sia un punto centrale per la ripresa.
Ma una app come Immuni non va proprio nella direzione dell’adozione di strumenti informatici, ovvero verso la digitalizzazione?
E allora vale la pena analizzare meglio questa situazione per provare a trarre qualche indicazione su come l’adozione di tecnologie digitali possa contribuire al miglioramento dei servizi verso il cittadino.
Iniziamo raccogliendo le principali critiche o cause che hanno condotto alla mancata diffusione di Immuni ed alla sua scarsa utilità.
Non viene utilizzata dalle strutture sanitarie. Sono state riportati numerosi casi di persone risultate positive che hanno comunicato agli operatori sanitari di avere installato Immuni e si sono sentiti rispondere di non avere indicazioni al riguardo e non sapere cosa fare. Inoltre nel Veneto non sono state fornite volutamente istruzioni agli operatori ritenendola superflua.
Non si riesce nemmeno ad installare. In effetti tra i requisiti per l’installazione è necessario possedere uno smartphone con Android o IoS relativamente recente, ovvero precedente al 2015 ed ovviamente aver effettuato gli aggiornamenti resi disponibili da Google ed Apple. Ma secondo alcune statistiche (vedi Statcounter) oltre l’85% degli smartphone dovrebbe poter essere aggiornato come richiesto.
Non funziona. Sono stati riportati rari casi in cui una persona pur essendo stata a contatto con un soggetto risultato positivo non ha ricevuto notifiche dall’app.
Il verbo digitalizzare non è molto gradevole come vocabolo, ma è ormai entrato nell’uso comune per indicare l’adozione di strumenti informatici. Ma per fare cosa? La risposta è semplice quanto fondamentale: gli strumenti informatici si adottano per migliorare un processo in qualsiasi modo, renderlo più veloce, più efficiente o più affidabile. Nel caso di Immuni il processo è quello del tracciamento dei contatti (ricordate l’enfasi sui 3T, test, tracciamento e trattamento raccomandato da molti esperti?).
Ma anche se un processo si avvale di strumenti informatici ha bisogno del supporto e dell’interazione con gli esseri umani. E qui entrano in gioco elementi essenziali come la comunicazione agli utenti, la formazione degli operatori, l’organizzazione del lavoro. E inoltre si è analizzato il processo nella sua interezza per comprendere quali sono i possibili punti di criticità?
Ad es. esiste un sistema informativo nel quale registrare i positivi ed i loro contatti? Ed è su scala almeno nazionale ovvero è in grado in interoperare con (eventuali) sistemi regionali analoghi? La risposta sembra purtroppo negativa e spesso ci si limita ad impiegare semplici fogli elettronici.
Inoltre nel considerare i casi in cui non ha funzionato occorre aver presente che i metodi di tracciamento avranno sempre un margine di incertezza soprattutto se effettuati attraverso interviste (che è l’unica alternativa attuale ad Immuni) con grande dispendio di risorse (vedi Ilsole24ore tracciatori in trincea). Si capisce così facilmente perché il processo entra in crisi. Quindi se è vero che possono esserci falsi positivi o negativi rilevati dall’app questo vale ancora di più se ci basa su colloqui e domande che fanno riferimento agli ultimi giorni: dove sei stato? Chi hai frequentato? Per quanto tempo e a che distanza?
Ma nel frattempo alcune buone notizie sono in arrivo come le esplicite indicazioni per gli operatori sanitari contenute nell’ultimo DPCM e l’interoperabilità a livello europeo di Immuni (ricordiamoci che il virus non si ferma alle frontiere e tantomeno se si cambia regione). Quindi speriamo che nel breve periodo si riesca a migliorare il sistema di tracciamento, attraverso Immuni, ma anche con interventi di natura organizzativa (vedi ad es. l’intervista a Vespignani).
Tuttavia anche se questo caso è rilevante di per sé la riflessione va posta sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione. Per passare dalle parole, dagli slogan ai risultati ce ne corre. E non basterà certo una app per consentire ai navigator di trovare lavoro a chi ha il reddito di cittadinanza. Sono necessarie quelle attività di analisi, di modellizzazione dei processi, quelle tecniche che da anni sono adottate nelle migliori realtà private e pubbliche del mondo e che si avvalgono naturalmente delle migliori tecnologie ma che non si riducono alla loro mera adozione.
Quindi se è vero che utilizzare risorse e fondi per migliorare i servizi per i cittadini, per le imprese, per alleggerire la burocrazia è un obiettivo primario e che l’analisi dell’informazione ed il suo trattamento (ovvero la scienza dell’informazione e i suoi prodotti come le app ed i computer) sono indispensabili ricordiamoci per un attimo che tra i suoi padri si annovera sicuramente Alan Turing che ne pose le basi utilizzando carta e penna (e ovviamente molto cervello) nel 1936.
Claudio Gasbarrini
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