In Siria sconvolti i piani di Putin e Iran

La conquista di Aleppo da parte dei ribelli, una storia che parte da lontano. Facciamo un passo indietro.

C’era un tempo la mezzaluna sciita. Vale a dire un vasto territorio che partiva dall’Iran, passava in Iraq (a maggioranza sciita), in Siria (il cui Presidente, Assad, è Alawita, una confessione di derivazione sciita) e finiva sul Mediterraneo, in Libano, con Hezbollah.

All’interno di questa vasta area di territorio vivevano, però, molti sunniti, non particolarmente entusiasti. Facendo leva sul loro malcontento, nelle aree prevalentemente sunnite all’interno della mezzaluna, sorse l’Isis, con lo scopo proprio di spezzare la mezzaluna sciita.

Dopo svariati mesi di nefandezze, alla fine il califfato Isis fu abbattuto, e un ottimo contributo all’abbattimento lo diede l’Iran e, segnatamente, lo diedero i miliziani capitanati da Qasem Soleimani, il responsabile dei Pasdaran fuori dal territorio iraniano, quindi colui che dirigeva le operazioni militari e le milizie sciite all’estero, per esempio in Siria e Libano. Le truppe di Soleimani schiacciarono l’Isis e ripristinarono la mezzaluna e lui venne celebrato come eroe, soprattutto dopo che, nel gennaio 2020, fu ucciso da un missile USA mentre si trovava in Iraq.

In tutto ciò la Russia di Putin si inserì nella normalizzazione fiancheggiando il regime di Assad. La Russia aveva, e ha, un interesse particolare in Siria, precisamente la base di Tartus, base strategica perché, se Sebastopoli (Crimea) è al di là dei Dardanelli, Tartus è al di qua, e insieme creano la presenza russa nel Mar Nero e nel Mediterraneo e, più in generale, in Europa e Medio Oriente. Putin, che puntava alla stabilizzazione, appoggiò quindi Assad contro i ribelli (non solo Isis, ma anche al Qaeda e un arcipelago di formazioni) e raggiunse un accordo, più o meno sottobanco, con Israele in base al quale Israele non sarebbe intervenuto in Siria contro gli islamisti perché la Russia stessa ci avrebbe pensato lei a controllarli. Una pax russo sciita si impose quindi su tutta l’area e riprendeva forza quella mezzaluna sciita intaccata da Isis e ribelli anti Assad. Teheran ne usciva vincitrice.

A scompaginare il tutto ci hanno pensato Putin stesso, con l’invasione dell’Ucraina, e Hamas, con il 7 ottobre.

Man mano che passano i mesi, risulta sempre più probabile l’ipotesi che Hamas, con il 7 ottobre, puntasse a “stanare” Iran ed Hezbollah, coinvolgendoli in una guerra santa e totale contro Israele. Questo non è avvenuto anche perché, come si è visto, sia Iran che Hezbollah avevano sottovalutato Israele e sopravvalutato sé stessi. L’esplosione dei teledrin o cercapersone di Hezbollah, gli assalti condotti con centinaia di missili e droni partiti dall’Iran contro Tel Aviv, ma praticamente tutti intercettati, ha mostrato, innanzitutto a loro stessi, come la propaganda roboante degli ultimi lustri che annunciava l’imminente e immancabile distruzione di Israele fosse in larga misura fumo senza arrosto. Hamas, che forse immaginava di essere la scintilla che avrebbe innescato l’incendio totale contro Israele si è quindi trovata nell’angolo. Ma, anche se il coinvolgimento di Iran e Hezbollah è stato limitato, il risultato finale è stato un enorme indebolimento sia dell’uno che degli altri. Hezbollah si è trovata a fronteggiare Israele in Sud Libano ed è stata decimata nella leadership. Iran ha subito attacchi nel cuore della capitale ai quali non ha saputo rispondere se non prendendo a parolacce Israele.

In tutto ciò Putin, l’ideatore dell’operazione speciale che doveva prendere Kyiv in tre giorni, si è dissanguato in Ucraina. Con centinaia di migliaia di perdite, il Gruppo Wagner sparito dalla scena, il Rublo in picchiata, l’inflazione ormai a livelli argentini, era ovvio che le manie di grandezza internazionale della Russia (in Medio Oriente e Africa) subissero delle frenate: se è costretta a mendicare armi in Corea del Nord, è ovvio che non abbia tutte queste risorse da spedire in Siria.

Quindi, rispetto alla pace russo sciita di qualche anno fa, oggi ci troviamo una mezzaluna sciita enormemente indebolita proprio nei punti estremi, cioè Libano di Hezbollah e Teheran. Il grande architetto, Putin, ha molti problemi a cui badare, più urgenti e più vicini, e non può disperdere risorse in giro per il mondo quando ha gli ucraini a casa sua, a Kursk. Risultato? Aleppo.

Vale a dire il ritorno in grande stile dei ribelli siriani che hanno spazzato via in pochi giorni ciò che restava di russi e iraniani e si sono ripresi la città, la seconda della Siria. La quale povera Aleppo fu da Assad (aiutato dai russi) conquistata a duro prezzo al termine di una sanguinosissima e distruttiva battaglia durata anni (https://tinyurl.com/34ewnvcv ). Una città senza pace, e la mezzaluna sciita sempre più evanescente ogni giorno che passa.

Se quindi è impossibile (almeno per me) prevedere cosa succederà ora in quella terra martoriata, si può, però, constatare come la fine della pax russo sciita sia stata provocata, in ultima analisi, dalle conseguenze dell’invasione dell’Ucraina e del 7 ottobre di Hamas. Vale a dire azioni che, nelle intenzioni originarie, avevano l’obiettivo di rafforzare l’Impero Russo e sferrare l’attacco mortale a Israele con il coinvolgimento di Iran e Hezbollah. A quanto pare, al momento, il risultato è opposto, la solita eterogenesi dei fini, uno degli scherzi preferiti della Storia.

Jack Daniel (tratto da facebook)

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