Inizia male il 2020
Ero ottimista dopo il discorso agli italiani di fine anno del Presidente della Repubblica, tutto incentrato su una visione positiva della vita, dell’Italia e del Mondo. Le sbornie nazionaliste e sovraniste che appaiono in via di smaltimento, ma continuano ad essere alimentate dagli egoismi individuali, famigliari e territoriali, dall’odio scelto come stendardo politico, stonano molto con quella impostazione. E stona anche la cultura del complotto e del sospetto, che è un ingrediente di ogni populismo, nei confronti della scienza e delle “competenze”.
Varrebbe la pena però cominciare a dire che furono le lotte all’interno delle élites, o delle “caste” (come iniziò a chiamarle il “Corriere della Sera”) – lotte acritiche contro la vecchia classe dirigente politica di questo Paese – ad aprire delle autostrade alle rivolte cosiddette popolari che imboccarono la via dei nazionalismi e dei sovranismi.
Bisognerà pure cominciare a discutere seriamente di quando, come e perchè cominciò l’involgarimento pazzesco della nostra vita pubblica, senza incolpare sempre i soliti processi di globalizzazione. Bisognerà analizzare il ruolo giocato dai media, in primo luogo da quelli commerciali, nel colpire le classi dirigenti politiche, e quindi le parti più povere della società che hanno solo la politica per difendersi.
Volevo mettere in evidenza le reazioni positive a quel discorso del Presidente delle giovani “Sardine” e dei ragazzi di “Fridays for future”, che sono quelle che oggi contano di più, perchè segnalano una timida inversione di tendenza rispetto ad un mostruoso passato. Nello scalcagnato mondo politico italiano ha fatto eccezione quel Salvini (“discorso mellifluo”, chi l’avrebbe mai detto?) che non conosce la sublime arte del tacere quando non si ha niente da dire, cioè sempre. Volevo insomma aprirmi all’anno nuovo con una qualche speranza.
Invece ecco che mi tocca ascoltare da una voce che stimo, alla quale voglio bene, una voce acculturata, ma forse estenuata dalla vista di una gran quantità di connazionali che considerano un diritto rubacchiare al “privato” ed ancor più al “pubblico”, e non conoscono altro dovere che quello suggerito dalle proprie viscere, che ci vorrebbe una “dittatura illuminata”, una sorta di sospensione dei diritti politici di ognuno per sistemare al meglio questo Paese ed i suoi abitanti in attesa di tempi migliori. Una voce anonima, ma rappresentativa di un mondo che è sempre stato democratico e moderato.
Non pensavo che nei magazzini della memoria, oggi poco frequentati, del nostro sciocchezzaio nazionale resistesse ancora questa fola. Non c’entra la questione posta da Platone 2500 anni fa del governo dei competenti, o degli ottimati. Qui abbiamo a che fare con una questione più terra terra di sfiducia nella democrazia presa nel suo insieme, che pare riemergere senza alcun contrasto. Mi sembra un segno dei tempi. E’ la voce di una donna, in questo caso, che non riesce a ricordare che le donne hanno cominciato ad essere discriminate in misura minore rispetto al passato, proprio per merito della democrazia.
Come faccio a non ricordare che quando nel dopoguerra, alla fine del fascismo, venne deciso il suffragio universale, cioè l’estensione del voto a tutte le classi e le categorie della società italiana, ed alle stesse donne, si parlò di un salto di civiltà? Certo non bastava il suffragio universale: quello serviva a selezionare una classe dirigente politica che avesse del consenso. Ma una democrazia significa anche un particolare “Stato di diritto”, che forse è più importante ancora della selezione della classe dirigente politica. E’ così che l’Italia, nel giro di qualche decennio, è passata da una struttura prevalentemente rurale, con più di una spruzzatina di latifondo, ad un’altra prevalentemente industriale, da settima potenza economica del mondo. Anche alcune categorie giuridiche sono state spazzate via, ad esempio il delitto d’onore, l’indissolubilità del matrimonio civile, l’impossibilità dell’interruzione di una gravidanza che fosse pericolosa per la donna. Ed alcune pratiche sociali che arrivavano direttamente dall’antichità come quella dei lupanari dove si pensava si forgiassero le “straordinarie virtù virili” del popolo italiano.
Oggi può anche sembrare un’eresia, visto l’andazzo, dire che l’Italia è tra i Paesi più ricchi al mondo: un debito pubblico tra i più alti, ma un risparmio privato ancora più alto, il 75% delle famiglie proprietarie di una prima casa, ecc. ecc. E che piange miserie inventate, avendo completamente dimenticato la vera miseria dalla quale proviene. Certamente gli squilibri sono tanti e inaccettabili, l’evasione fiscale una voragine, ma la povertà colpisce prevalentemente gli immigrati, alcuni dei quali vivono e lavorano in condizioni di schiavitù, secondo un recente studio di Luca Ricolfi, “La società signorile di massa”. Bisognerebbe curarne meglio l’integrazione attraverso lo “ius culturae” e lo “ius soli”, ma anche chi lo vorrebbe ha troppo paura a farlo. Ah l’impopolarità!
E come consideriamo la percentuale del 52% di popolazione che non lavora (ancora Luca Ricolfi), perchè evidentemente molti possono consentirsi di non farlo? Qual’è tuttavia il dato che non possiamo permetterci di non vedere? L’Italia non fa figli accentuando molto una linea che ha in comune con altri Paesi europei. Se non ci fossero gli immigrati ne farebbe ancora meno, mentre l’Africa, alle nostre porte, nonostante l’emigrazione, raddoppia i suoi abitanti nel giro di qualche decennio. Squilibri pazzeschi: l’Italia muore, così pure l’Europa, non per l’economia, non per il clima, ma per la demografia che altera inesorabilmente le sue strutture sociali.
Sarebbe necessaria una “dittatura illuminata”, mi ripete quella voce di donna. “Ma chi accenderebbe quella luce?”, le chiedo. Oh, dei cittadini che siano in grado di comprendere quale possa essere il bene del Paese, dei cittadini alfabetizzati e acculturati che abbiano anche qualcosa da difendere, non so, delle proprietà. E se si spegnesse la luce chi interverrebbe? Sempre i suddetti cittadini? Eccoci di ritorno all’Italia pre-fascista. Era proprio quella la democrazia, quella dei Nitti, dei Giolitti e altri benemeriti, eletti da un numero ristretto di cittadini, che aprì la strada alla “dittatura illuminata” del fascismo, che c’infilò, senza resistenze apprezzabili, in una guerra suicida.
Ho voluto richiamare l’attenzione su questo argomento perchè sono convinto che la voce da me sentita non sia sola purtroppo, ma rischi di diventare un coro sempre più numeroso, per cui sia proprio necessaria una battaglia culturale più incisiva rispetto al passato. Senza le solite irresponsabili sottovalutazioni di chi continua a dire che il fascismo non ritorna: magari il fascismo no, ma una democrazia autoritaria sì, i “pieni poteri” di Salvini sì.
Finisco con una considerazione che aprirà la strada ad altri articoli, vista la voragine che si sta aprendo sotto i piedi del mondo intero. Ero ancora in ascolto dell’eco del bel discorso del Presidente della Repubblica che spingeva alla fiducia ed all’ottimismo, quando ho letto, come tutti voi, che un drone americano, su ordine di quel Presidente illuminato da se stesso che è Donald Trump, aveva distrutto a Bagdad, insieme a vite di dirigenti e rappresentanti iracheni, la vita di Qassem Soleimani. Era lo stratega, l’uomo forte dell’Iran, certo non un agnellino, che aveva contribuito a vincere, temo provvisoriamente, contro quel nemico mortale dell’occidente che è l’Isis. Ed ho sentito il regime iraniano urlare all’America che avrà un nuovo Vietnam (alle porte del nostro Mediterraneo!). E mi sono chiesto, senza riflettere lo ammetto, se non è il caso di mettere sotto tutela il signor Donald Trump, accendendo finalmente una luce.
Ed in Europa da subito muoversi, muoversi immediatamente e insieme, per spegnere i troppi focolai di guerra che ci circondano, a cominciare da quello libico. Buon anno.
Lanfranco Scalvenzi
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