Israele deve avere una strategia
Cerchi concentrici si allargano da Gaza al mondo intero. Russia, Iran e Turchia. Il triangolo che si sta componendo intorno ad Hamas fa emergere il piano celato dietro il selvaggio attacco ai civili israeliani. La ferocia dei miliziani era voluta, forse studiata in anticipo, di sicuro esibita e documentata da loro stessi per spaventare i nemici ebrei, eccitare le folle dei fanatici che seguono la loro religione e, soprattutto, per provocare la reazione più irrazionale possibile delle forze armate di Israele. Hamas voleva la distruzione di Gaza e una grande strage di civili. Il leader di Hamas Haniyeh è intervenuto pochi giorni fa con un videomessaggio diretto agli abitanti di Gaza dalla sua lussuosa residenza a Doha. È stato molto chiaro: “siamo noi gli unici ad aver bisogno del sangue di donne, bambini e anziani in modo da risvegliare in noi lo spirito rivoluzionario, la risolutezza, la sfida”. Da sempre il programma è scritto nel loro statuto/manifesto: uccidere tutti gli ebrei e ristabilire il dominio musulmano non solo sulla Palestina, ma anche su tutti i territori consacrati ad Allah nel corso dei secoli. In pratica questi pazzi vogliono l’Islam al potere dalla Spagna all’Asia. E questa sarebbe la difesa del popolo palestinese?
Per le piazze e per tante università occidentali sì. L’incredibile disfatta intellettuale si estende a tante persone che si scagliano contro la legittima difesa di Israele. Gli ebrei piacciono quando sono vittime indifese, non quando reagiscono. Al grido di “Palestina libera” con l’aggiunta di “dal fiume al mare” ossia senza Israele, tante persone che odiano l’Occidente e ammirano tutto ciò che vi si contrappone sfilano nei cortei senza avere la minima idea di cosa significhi la loro resa. Ripetono le parole d’ordine degli islamisti che sono la parte peggiore dell’umanità, quella che vorrebbe riportarla indietro di mille anni, ma tutta l’allegra brigata con il mondo LGBTQ+, i pacifisti, le sinistre arcobaleno, i benpensanti progressisti, gli intellettuali a caccia di purezza selvaggia, marcia compatta credendo di correre in aiuto del popolo palestinese. Si scontano così decenni di disprezzo per i valori della libertà e della democrazia considerati allo stesso tempo una condizione naturale da non conquistare né difendere e finzione e truffa mentre tutto ciò che appariva alternativo veniva santificato per quanto ignobile fosse. Nell’Occidente roso dai dubbi la catastrofe intellettuale che parte da tante università non viene colta come un segnale di disfacimento.
Questa reazione inaspettata impone di fare chiarezza. Chi non vuole giocarsi la propria libertà e il benessere conquistato in guerre mondiali e in decenni di lavoro farebbe bene a svegliarsi e a schierarsi. Occorrerebbe anche rivedere le politiche dell’accoglienza e dell’integrazione. Troppi immigrati sono un rischio se sono portatori di culture molto diverse dai nostri valori. Dobbiamo avere dei paletti invalicabili: la laicità dello Stato e la sua separazione dalla religione, la libertà individuale, l’assoluta uguaglianza delle donne. Chi non è d’accordo con questi principi non può essere il benvenuto. L’integrazione non può essere fatta all’insegna del multiculturalismo che assegna eguale dignità alle culture. I valori sui quali basiamo le nostre società non sono negoziabili. I numeri sono importanti perché l’integrazione abbia un senso. Per questo da questa guerra in Medio Oriente deve arrivare una spinta europea a costruire una politica comune sull’immigrazione. Le piazze musulmane in rivolta contro Israele ci dicono che la religione è un elemento unificante che accomuna centinaia di milioni di persone ed è un elemento ideologico e politico che non possiamo ignorare e che varca ogni confine.
Deve essere chiaro che Israele non potrà vincere la guerra contro il fondamentalismo religioso se non conquisterà la fiducia dei palestinesi. Occorre una svolta storica. Come fece Sharon nel 2005 dovrà espellere i coloni dai territori occupati in Cisgiordania restituendo i territori all’ANP. Dovrà farlo con un atto di forza perché lo stato palestinese oggi più che mai è un interesse strategico dello stato israeliano. Una questione di vita o di morte. Le mille vessazioni cui sono stati sottoposti i palestinesi di Cisgiordania in nome di un fondamentalismo religioso ebraico devono cessare. Bisogna che la società civile israeliana elegga altri rappresentanti ed emargini i partiti dell’ estrema destra religiosa che non devono più governare. Se non si seguirà questa strada e il governo israeliano continuerà nella follia di pensare che milioni di palestinesi possano essere espulsi verso gli stati arabi si andrà incontro ad un conflitto generale nel quale Israele perderà l’appoggio di gran parte dell’opinione pubblica dei paesi occidentali e forse perderà la guerra. E, a quel punto, il rischio di una guerra mondiale diventerà molto concreto perché avrà vinto il fondamentalismo islamico che considera nemico il mondo occidentale.
Per decenni nessuno ha voluto uno stato palestinese che sarebbe naturalmente destinato a formare un mercato comune con Israele. Oggi gli stati arabi non vogliono una guerra con lo stato israeliano. Forse solo l’Iran la vuole nel quadro di una competizione per costituire una potenza musulmana che unifichi il nord africa, il medio oriente, la penisola arabica e l’Asia minore; una leadership per la quale si è candidato anche Erdogan. C’è da dubitare che gli altri stati divisi da molti conflitti siano disposti a sottomettersi a questo disegno. La differenza la farà la guerra di Israele con Hamas. Se sarà gestita con saggezza e con una visione strategica non potrà accadere. Ci vorranno molti anni per realizzarla, ma intanto deve essere proclamata. Altrimenti le conseguenze saranno terribili e coinvolgeranno Stati Uniti ed Europa.
Claudio Lombardi
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