Italia: non solo corruzione. I record dell’economia sana
C’è un aspetto dell’ennesimo scandalo che gira intorno ad un perverso intreccio tra politica, amministrazione pubblica ed affari che occorre sempre mettere in risalto. La corruzione sottrae soldi all’economia sana e li regala all’economia dei disonesti che non crea sviluppo, ma vive come un parassita a carico di chi produce ricchezza e di chi paga le tasse.
Ma quanto funziona questa economia sana? Ebbene c’è chi parla di miracolo. Le imprese manifatturiere, senza un sistema-Paese in grado di sostenerle e con una domanda interna stroncata dall’austerità, sono riuscite nel miracolo di far salire le esportazioni (dimostrazione della vera competitività delle produzioni italiane) da 323 a 382 miliardi di euro dal 2010 al 2014. L’attivo industriale italiano si è così piazzato nella seconda posizione dopo la Germania fra tutte le economie dei paesi occidentali.
Un vero record confermato dalla quinta posizione a livello mondiale dove competono giganti come Cina, India, Giappone, Corea.
Dunque c’è un capitalismo italiano che merita e che funziona, ma che deve piegare la testa di fronte alle rendite di posizione e alle collusioni con la politica che dirottano enormi quantità di risorse verso gli impieghi meno produttivi e parassitari e che sabotano la macchina dello Stato. L’inefficienza è il corollario indispensabile di una gestione corrotta, clientelare e privatistica dei poteri pubblici. L’inefficienza è la rendita di posizione del burocrate disonesto.
Ci ricorda Marco Fortis in un articolo sul Sole 24 Ore che “in Italia si costruiscono le migliori macchine per imballaggio e per l’industria alimentare del mondo, c’è una meccatronica fortissima, si disegnano e realizzano i banconi refrigeratori acquistati da tutti i big della grande distribuzione internazionale, si producono valvole, rubinetti, pompe, ingranaggi, bulloneria di qualità unica. E si realizzano su misura per i clienti macchine utensili gigantesche, per forgiare parti di aerei, di turbine, di grandi trattori e bulldozer”.
E a dirigere queste realtà produttive spesso sono giovani ingegneri “perché non tutti i “cervelli” fuggono dal nostro Paese, quelli dell’ingegneria restano. Perché la Silicon Valley della meccanica europea è ormai il Nord Italia”.
Insomma se stiamo ancora a galla è merito di tutti quegli italiani che vogliono fare bene il loro lavoro e che non si adeguano all’arte di arrangiarsi con la furbizia e con l’illegalità che passa per essere parte della nostra identità nazionale.
Bisogna esserne consapevoli mentre molti protagonisti della politica e tanti dirigenti apicali delle amministrazioni pubbliche ci restituiscono la visione di un Paese privo di una classe dirigente capace di comprendere e perseguire l’interesse generale
C. L.
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