L’ antimafia capitale che serve
Penso sia arrivato il momento di una nuova Resistenza civica contro le mafie, i loro protettori, i loro soci occulti, i politici che ne traggono profitto o che convivono con questo cancro.
Dai roghi della terra dei fuochi, alla devastazione delle coste, al caporalato schiavista delle campagne, ai monopoli criminali dello smaltimento dei rifiuti, alle distruzioni ambientali, alle centinaia di opere fantasma e di cattedrali nel deserto abbandonate, agli abusi edilizi, alle faraoniche opere inutili, tutto costituisce il brodo di coltura di un’illegalità diffusa che alimenta un’economia parallela di saccheggio del territorio, dell’ambiente e dei soldi pubblici.
I Partiti (li scrivo ancora con la P maiuscola perché sto ancora alla vecchia definizione di “strumenti della democrazia che si organizza”) hanno da molto tempo abbandonato il territorio inteso come luogo per creare rapporti culturali e sociali e per favorire economie sane, per denunciare ingiustizie, per creare forme di solidarietà, per fare comunità. In cambio abbiamo avuto comitati di affari, falsi circoli territoriali, capibastone, camarille (non correnti di pensiero che erano una cosa seria).
C’è bisogno di un grande risveglio civile, di un nuovo patto per la buona Politica, di una grande assunzione di responsabilità nel segno dell’Etica pubblica.
Questo discorso vale soprattutto per Roma, capitale del Paese, dove adesso ci si accorge che tutto è inquinato da presenze criminali e da ordinarie illegalità nella colpevole assenza di un’azione pubblica rigorosa delle Amministrazioni che si sono succedute nel corso degli anni. Ci voleva la pacchiana sceneggiata dei funerali di Casamonica per smuovere le acque stagnanti della politica romana che torneranno nella palude dell’immobilismo e persino della connivenza se i cittadini non capiranno o non sapranno organizzarsi con forme di partecipazione sempre più attiva e puntuale.
Scrive l’assessore all’Urbanistica di Roma Capitale Giovanni Caudo sul Corriere della Sera del 2 settembre: “ Acqua, energia, rifiuti ed urbanistica sono da sempre i mercati monopolistici radicati a Roma che valgono miliardi di euro e su cui i poteri locali tutt’altro che forti si sono accomodati. Quando da una buca dove gettare la spazzatura si passa alla raccolta differenziata e si progettano gli ecodistretti, dai debiti sistematici si passa al risanamento del bilancio, dalle varianti di piano per rendere edificabile l’Agro romano si passa alla trasformazione dell’esistente, hai messo in campo una visione di città di respiro internazionale. Questo è il modo più efficace per combattere Mafia Capitale”.
Bene, assessore Caudo, siamo d’accordo! Ma questi temi debbono diventare materia di coinvolgimento della società civile che non si deve sostituire alla società politica in una democrazia rappresentativa ma deve solo affiancarla secondo lo spirito e la cultura della sussidarietà. Sono le conoscenze diffuse e le mille competenze specifiche le vere risorse umane di questa Città che possono consentire una partecipazione attiva dei cittadini liberando la loro creatività e realizzando di fatto un controllo sociale sulle azioni politiche e amministrative delle istituzioni locali.
I partiti che le guidano però devono compiere atti concreti. Ciò che conta è che la politica non dia più l’esempio di chiacchiere cui seguono fatti radicalmente diversi.
La situazione di oggi a Roma (ma lo stesso si può dire a livello nazionale) non è un fenomeno naturale, ma è stata creata negli anni con il consenso o al limite con il silenzio-assenso di tutte le forze politiche (tranne il M5S che non esisteva). Per questo non bisogna distrarsi con la caccia al capro espiatorio che oggi si cerca di identificare nel Sindaco Ignazio Marino.
Come iene tutti si avventano sulla preda uscendo dal bosco nel quale si erano nascosti. Il Pd più di tutti dovrà impegnarsi per restituire credibilità alla proposta politica del centro-sinistra. Per le destre nemmeno si può parlare di proposta politica: devono ancora dimostrare come sia possibile che siano sotto accusa per essere state il perno di un’associazione a delinquere che voleva spartirsi la città.
Per questo non saranno sufficienti né l’opera del prefetto Gabrielli e nè un’assessore alla Legalità. La rinascita di Roma dovrà basarsi sulle forze sane e su un mutamento di prassi e di cultura della maggioranza dei romani e di chi li governa
Paolo Gelsomini
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