La crisi e le proposte di un cittadino attivo (di Aldo Cerulli)
Siamo cittadini attivi e vogliamo provare a cambiare le cose.
Considerata la situazione internazionale è difficile sfuggire all’idea che siamo tutti sottomessi allo strapotere della finanza che si esprime con la crisi dei sistemi bancari che si sono dedicati alla speculazione invece che al loro mestiere. Gli Stati hanno l’acqua alla gola perché si sono caricati di una immensa mole di prestiti e adesso i governi pensano che la via d’uscita sia spremere i cittadini per far pagare a loro il conto della crisi con misure che sono un affronto alla moralità, all’equilibrio sociale oltre che essere un palese disincentivo alla crescita economica.
E’ infatti evidente che le categorie “forti” che sanno come difendersi possono trovare molti modi per non pagare la crisi. Invece, quando si mette il limite di 486 Euro per la rivalutazione piena in base all’inflazione delle pensioni si sta togliendo qualcosa di essenziale per chi è debole.
Io dico che così, forse l’Italia riuscirà a non fallire, ma a prezzo del fallimento dello Stato sociale!
Gli sprechi del passato non ci sono stati per “il buon cuore” dei governi come ha detto Monti giorni fa, ma per le tante scelte che hanno scaricato sulle casse dello Stato privilegi ed errori. Fra i privilegi ovviamente non si possono non mettere quelli dei politici e dei partiti che hanno goduto in silenzio di guadagni e finanziamenti ingiustificabili e ora vorrebbero far valere i diritti acquisiti. Proprio ciò che è negato alle persone comuni che dovranno restare al lavoro per altri 6-7 anni prima di andare in pensione. Va bene, ma ci si è chiesti cosa significherà avere tanti ultrasessantenni al lavoro? Sicuramente ci rimetteranno sia l’efficienza che la produttività, la gente starà a lavorare quegli anni in più di malavoglia, cercando più che altro di stare in parcheggio, di tirare avanti fino al gran giorno, nervosa e con acciacchi dovuti all’età. Per non parlare di quelli che saranno licenziati e a 60 anni dovranno mettersi a cercare un lavoro. Un dramma vero. A me non sembra che così si salvi l’economia.
E veniamo alla questione del “posto fisso”, battuta poco felice di Monti, ma problema reale. Intanto è ovvio che oggi il giovane cerca un posto di lavoro innanzitutto.
Vediamo che la discussione sul lavoro che manca si ferma troppo sull’art. 18. Al riguardo la penso così: già in un non lontano passato si era cercato di abolirlo perché ritenuto disincentivante alle assunzioni da parte di piccole imprese con organico di 15 dipendenti e le OOSS barattarono il suo mantenimento con il consenso alle assunzioni a termine (un tempo consentite solo per carichi stagionali di lavoro)…da qui iniziarono a proliferare le società di “lavoro in affitto” …un mero appalto di mano d’opera…anche esso un tempo vietato dalle normative sul lavoro; i più fortunati, si fa per dire, invece vennero assunti con contratti Co.Co.Co., poi diventati Co.Co.Pro. quando partirono i primi ricorsi contro le assunzioni simulate.
Tutti sanno che questi “precari del lavoro” (nel settore privato e in quello pubblico), non potranno mai chiedere un mutuo ad una banca per acquistare una casa…in quanto non possono presentare un “cedolino paga” che presenta la dizione “assunzione a tempo indeterminato”. Quindi la condizione di precario non può durare a lungo a meno che non cambino anche tante altre regole (come quelle delle banche per esempio).
La vera tutela è quella contro le discriminazioni mentre, invece, è giusto che si possa allontanare chi sfrutta il lavoro degli altri, chi si assenta con presunte malattie strategiche, chi crea danni all’azienda, insomma chi…credendo di aver conquistato a vita il posto di lavoro…non sa mantenerselo e lo leva a chi potrebbe meritarlo veramente.
L’Art. 18 è allora per me solo un falso problema che può anche fare da alibi a chi governa mascherando l’incapacità di combattere la disoccupazione giovanile.
Tutela contro le discriminazioni significa che:
- al personale femminile in attesa di prole dovrà essere garantito il posto di lavoro per la durata di almeno tre anni dalla nascita del figlio e nell’ipotesi, dopo tale data, di licenziamento effettuato in assenza di giusta causa o giustificato motivo diritto ad un indennizzo e al trattamento di disoccupazione (in parte a carico del datore di lavoro) per almeno due anni.
- ai rappresentanti interni del Sindacato viene garantito il posto di lavoro e durante l’espletamento del loro mandato non possono essere soggetti a licenziamento se non per giusta causa, giustificato motivo o per riduzione collettiva del lavoro; in caso di violazione di tale norma si dovrà corrispondere un indennizzo equivalente a tre annualità di stipendio.
- A tutti i licenziati lo Stato, con il concorso del datore di lavoro, dovrà garantire adeguati ammortizzatori sociali e frequenza a corso di riqualificazione finalizzati al ritorno al lavoro.
- abolizione di tutte le forme di lavoro a termine e di assunzioni anomale;
- bonus fiscali (sei mesi di retribuzione) per chi assume persone fino a 35 anni di età;
- due anni di sgravi fiscali al datore di lavoro che assume ultra quarantenni che hanno perso il posto di lavoro.
- Modifiche alle norme sul processo di lavoro che ne abbattano la durata fino a sei mesi per il primo grado.
Queste sono proposte ed ipotesi che ho elaborato da semplice cittadino attivo. Invito anche altri a fare lo stesso. Soltanto un’intelligenza collettiva potrà farci fare un passo in avanti.
Aldo Cerulli
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