La crisi politica, i teppisti e i problemi degli italiani (di Claudio Lombardi)

“Presidente  Cossiga, pensa che minacciando l`uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato?

«Dipende, se ritiene d`essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo.
Ma poiché l`Italia è uno Stato debole, e all`opposizione non c`è il granitico Pci ma l`evanescente Pd, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figuraccia».

Quali fatti dovrebbero seguire?

«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno».

Ossia?

«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito…».

Gli universitari, invece?

«Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».

Dopo di che?

«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Dall’intervista a Francesco Cossiga del 23 ottobre 2008 rilasciata a GIORNO/RESTO/NAZIONE

Non rientra fra i compiti che civicolab si è assunto intervenire sulle vicende che riguardano i partiti. Ma una crisi di Governo e le azioni che compiono le istituzioni che tutte insieme si chiamano “politica” sì che ci riguardano. In primo luogo perché ci toccano come cittadini e poi perché non vi è separazione o, meglio, non vi dovrebbe essere separazione fra Stato in tutte le sue articolazioni e società in tutte le sue espressioni. Nessuno può dire “non mi riguarda” “sono cose dei politici, io non le voglio sapere” perché la politica condiziona direttamente le nostre vite.

Abbiamo voluto premettere brani di una delle ultime interviste di Cossiga perché ciò che è accaduto ieri a Roma era già accaduto nel passato. Con un tempismo illuminante ogni volta che si scatena una crisi politica che minaccia di mettere in discussione la conservazione degli assetti di potere esistenti e ogni volta che a questa si accompagna la debolezza di proposte alternative o la confusione di chi o fra chi si oppone, ogni volta si scatena la violenza teppistica o terroristica che trascina movimenti di protesta nati per ragioni vere, ma disorientati.

È una constatazione che avvilisce chi ancora crede che la democrazia possa e debba sopportare crisi e tensioni, ma senza superare il limite che mette in discussione il principio stesso sul quale si basa: la ricerca e l’organizzazione del consenso. Se lo si fa ci si mette fuori dalle regole della democrazia e, ammesso e non concesso che si sia in buona fede e non agenti provocatori come quelli evocati da Cossiga, si tenta semplicemente di imporsi con la violenza a tutti gli altri. Metodo praticato da qualunque genere di teppisti.

Detto questo ciò che preoccupa è la capacità di un Governo che ha perso gran parte della sua maggioranza, ridotta ormai a pochi voti di scarto, a far fronte ai problemi del Paese.

La ricostruzione de L’Aquila, il rilancio delle attività economiche basandosi di più sulla ricerca di nuovi prodotti e tecnologie, lo sviluppo dei settori culturale e paesaggistico che sono alla base del turismo (dall’estero e interno) risorsa inesauribile dell’Italia, il rafforzamento della formazione, da quella scolastica a quella universitaria e specialistica aperte a tutti e basate sul sistema pubblico, l’efficienza degli apparati dello Stato (e regionali e locali), l’efficienza dei servizi pubblici indispensabili alla vita della società (rifiuti, acqua, mobilità ecc), un servizio sanitario e un’assistenza sociali dopo sprechi e ruberie siano sconfitti in nome di prestazioni efficaci e di qualità, una giustizia che risolva rapidamente ogni tipo di controversia e che sia alla base della legalità, la lotta alle mafie a partire da quelle che operano nei settori economico-finanziari, il contrasto alla corruzione e a chi sfascia lo Stato rubandone le risorse.

Questi e altri sarebbero i punti di un programma di governo che governi nell’interesse dei cittadini. Quest’interesse non si chiama destra, sinistra, centro, ma rimanda al rapporto tra Stato e società che non può non essere basato sul rispetto di regole e sulla costruzione di condizioni migliori di vita per tutti. Se, invece, si vuole privilegiare una parte a scapito dell’altra o fare l’interesse di pochi a spese di quello degli altri, allora si usa lo Stato per i propri affari e lo si indebolisce.

Se tutti i cittadini sapessero valutare, giudicare e agire in base a questi principi non ci sarebbe spazio per leggi elettorali che non consentono di scegliere le persone, per la compravendita di parlamentari, per i corrotti, per i ladri e i malfattori che alloggiano tranquillamente in troppe stanze del potere e con le loro azioni sgretolano le istituzioni e impoveriscono il Paese.

La risposta giusta si chiama cittadinanza attiva che si organizza in associazioni, comitati, gruppi e che assume su di sé la cura degli interessi generali. Se poi anche qualche organizzazione di partito volesse farlo distogliendosi un po’ dalla lotta per il potere sarebbe la benvenuta.

Claudio Lombardi

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