La disperazione dei giovani calabresi. Lettera aperta a Mario Monti (di Francesca Lagatta)

Egregio Presidente del Consiglio Mario Monti,

sono una giovane donna calabrese di 26 anni, a volte orgogliosa della sua terra, a volte costretta a vergognarsene. Non è la prima volta che Le scrivo, ma le mail che Le ho inviato non hanno mai avuto risposta. Ragion per cui Le scrivo una lettera aperta e pubblica sperando di agitare le coscienze di molti.

In Italia la situazione è disastrosa, ma in Calabria è anche peggio. Non c’è lavoro, non ce n’è mai stato, non c’è istruzione, non c’è divertimento, non c’è speranza. Ora la politica ci ha tolto anche gli ospedali, non possiamo permetterci neanche il lusso di stare male. Neanche quello più. I piani di rientro sanitari, sono stati attuati in ogni regione d’Italia, ma mentre in altri posti i Tar, le sentenze e soprattutto alcuni politici hanno fatto giustizia, qua in Calabria non si è potuto far altro che metter in pratica ciò che i “potenti” (così amo definire i politici) avevano già deciso per tutti.

L’Alto Tirreno Cosentino in particolare, dove io vivo, è solo una lingua di terra che costeggia il Tirreno e nient’altro. E’ terra di nessuno, se non di politici in cerca di voti durante le campagne elettorali provinciali e regionali, che spariscono immediatamente il giorno stesso delle elezioni. Nessuno ci ascolta, nessuno ci difende, nessuno ci rappresenta. Siamo abbandonati a noi stessi e alla nostra sorte. La mia gente non ha neanche voglia più di lottare perché sa già che è una battaglia persa.

Questa Repubblica sta cadendo a pezzi, qui, in Calabria come in qualsiasi parte d’Italia, non c’è niente che funzioni. In altri tempi sarebbe già scoppiata una rivolta, oggi invece siamo nell’era dell’individualismo arido e sterile, dove ognuno pensa per sé, dove ognuno si fa i fatti suoi (solo quando è il momento di agire e non certo quello di parlare) e nessuno si sente parte di niente. Un popolo unito e arrabbiato avrebbe fatto la differenza ma così non è e me ne dispiaccio molto.

C’è da dire però che molto spesso la gente non si ribella perché ha paura e mi chiedo quante colpe abbia la politica in tutto questo. Non si può scioperare perché si rischia il licenziamento, non si possono occupare i luoghi pubblici per protesta perché si rischia la galera, non si può dire tutta la verità perché nel migliore dei casi si rischia la censura. Ma è questo il ruolo della politica? E’ questo il vostro ruolo da politici, quello di metterci tutti a tacere e renderci tutti succubi di una politica malata e meschina che ci rende schiavi di una sopravvivenza forzata diventata ormai insopportabile?

Mi rivolgo a Lei Presidente, mi rivolgo a Lei che è la massima espressione politica in Italia insieme al Presidente della Repubblica: mi dice come facciamo a credere che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro se il lavoro è pericolosamente messo a rischio da un sistema politico tale da rendere gli stipendi dei lavoratori italiani tra i più bassi d’Europa, tassati fino all’osso, quando ci sono ricchi e politici che dichiarano al fisco poco più della soglia di povertà e girano in yacht e Ferrari e non svolgono neanche le loro mansioni?

Era necessario Presidente, fare una manovra economica che ha prosciugato gli spiccioli nelle tasche degli onesti lavoratori italiani e assistere poi a così tanti suicidi come ci raccontano le cronache di questi ultimi mesi? Le chiedo Presidente, di prendere dei seri provvedimenti in relazione a quanto sta accadendo intorno a noi, nel nostro Paese. Quando hanno annunciato che sarebbe stato Lei il nuovo Presidente del Consiglio, mi ero illusa che potesse essere l’uomo che avrebbe risollevato l’Italia, che ci avrebbe condotto fuori dal baratro in cui ci troviamo e invece no, purtroppo.

Prelevare soldi laddove non ce ne sono non è stata una scelta saggia. Non é servito né all’economia, né al popolo. Un buon imprenditore sa che i soldi vanno investiti, non prosciugati. Questa manovra è servita solo a diminuire i consumi, a frenare il PIL e a gettare nello sconforto un popolo che è già stanco e provato da tempo, costretto oramai alla sopravvivenza e impossibilitato a vivere una vita libera e dignitosa, che uno Stato invece dovrebbe garantire. Questa condizione non farà altro che allungare la lunga lista dei gesti folli a cui le persone sono costrette, non farà altro che rafforzare la malavita e il malcontento generale. “Ci troviamo in un momento di forte crisi economica mondiale”, ripetono i telegiornali ormai da anni, ma io non ne sono troppo sicura. Ho come l’impressione che i soldi siano solo gestiti male. Mi chiedo ancora Presidente, se è così difficile provare ad attuare soluzioni meno estreme e più efficaci che sono sotto gli occhi di tutti.

Provi per esempio a dimezzare il numero dei Parlamentari, a dimezzare anche il numero dei consiglieri regionali e provinciali. Provi ad eliminare di sana pianta le auto blu, visto e considerato che con quello che percepite, potete tranquillamente comperare un’auto privatamente. Provi a ridurre un po’ anche gli stipendi e le pensioni d’oro perché se tanti di noi riescono a sopravvivere con 800 Euro al mese e anche meno, voi anche con “soli” 10.000 euro campereste egregiamente. Provi anche a togliere definitivamente i soldi ai partiti, perché, se qualcuno vuole farsi campagna elettorale, se la faccia con i soldi propri. Provi a comprare meno aerei da guerra e a venderne qualcuno di quelli già in possesso dello Stato, perché francamente ancora non ho capito a cosa servono centinaia di aerei da guerra. E in ultimo e non per importanza, provi a prelevare i soldi a quei ricchi evasori fiscali che dichiarano redditi che sfiorano la soglia di povertà o a quei milionari che per sfuggire alle tasse portano i loro patrimoni su conti correnti fuori dall’Italia.

Come vede, anche io sarei capace di fare una manovra economica, con la differenza che la mia non tocca le tasche dei lavoratori onesti e per di più economicamente vale, forse, più della sua.

E se in questo momento si starà chiedendo chi sono io per dirLe cosa dovrebbe o non dovrebbe fare, Le rispondo che sono la voce di quei milioni di persone che Lei rappresenta, ma che non ascolta abbastanza, quella voce di milioni di persone che vorrebbero farLe sapere che non ce la fanno più ma non sanno come fare.

Confido in un suo immediato riscontro e nel frattempo colgo l’occasione per inviarLe i saluti più cordiali dalla mia tanto amata Calabria, nella speranza che qualcosa, un giorno, possa cambiare.

Francesca Lagatta

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