La domenica, la famiglia e l’apertura dei negozi
Sembrava un tema marginale con tutti i problemi che ha questo nostro Paese e, invece, il M5S ha colto nel segno perché se ne parla. Più di quanto la sostanza della questione meriterebbe, ma se ne parla. Forse perché tocca direttamente l’esperienza di vita di milioni di persone, l’apertura dei negozi la domenica sta diventando un argomento che attira l’attenzione dell’opinione pubblica.
Bisogna dire subito che i 5 stelle di governo hanno una particolare inclinazione per gli annunci. Prendono un tema, pronunciano dichiarazioni nelle quali esprimono estrema determinazione ed esibiscono il loro ideale di potere politico che, in quanto voce diretta dei cittadini, non prevede mediazioni, insistono per qualche giorno e poi fanno i conti con la realtà raggiungendo compromessi che inizialmente avevano categoricamente escluso.
Nel caso dell’apertura domenicale dei negozi forse riusciranno ad imporre il loro punto di vista e il compromesso sarà comunque un notevole cambiamento rispetto ad oggi. Da circa sette anni infatti, i commercianti possono scegliere liberamente quando essere aperti e quando essere chiusi, senza vincoli a parte il rispetto delle condizioni contrattuali di dipendenti e commessi.
In questi giorni molti siti e giornali pubblicano comparazioni con la disciplina delle aperture nei giorni festivi nell’Unione europea. Ebbene in 16 dei 28 Stati membri dell’Unione europea non è presente alcuna limitazione. In altri la disciplina prevede numerose eccezioni (vendita di generi alimentari e aree turistiche). Comunque non vi sono divieti generali di apertura festiva.
Da chi l’ha sollevata (Di Maio) la questione è affrontata da due punti di vista: la difesa del diritto dei lavoratori al riposo e la tutela della famiglia. Di questi tempi parlare di evidenze economiche è rischioso e tuttavia la possibilità di aprire la domenica porta benefici per l’occupazione e per il servizio reso ai consumatori. Il solito sondaggio dimostra che la grande maggioranza degli italiani gradisce l’apertura domenicale. Per quanto riguarda il diritto dei lavoratori al riposo la questione non si può porre soltanto in relazione ai giorni festivi, ma va inquadrata nel rispetto delle condizioni contrattuali che prevedono turni, giorni di riposo e incrementi di retribuzione, oltre al diritto a rifiutare di lavorare in tali giorni.
Non è difficile capire che, se non vengono rispettati gli obblighi di legge e di contratto collettivo non è per colpa delle aperture domenicali. Inoltre, si trascura come se fosse marginale il fatto che grazie alla liberalizzazione degli orari c’è stato un incremento di circa 40 mila posti di lavoro.
L’intenzione dei 5 stelle (ma anche della Lega) è difendere gli interessi dei piccoli esercenti. Ma questi hanno, ovviamente, un ruolo diverso da quello dei centri commerciali e delle catene di grandi magazzini e non sono certo le chiusure domenicali a salvarli dalla concorrenza. Chi sceglie di comprare da loro lo fa comunque così come chi preferisce andare da Decatlhon, Mediaworld o nei grandi centri non desiste se chiudono nei festivi. È puerile pensare che imporre la chiusura orienti i consumi verso i negozi di quartiere. Così come è puerile tirare in ballo le famiglie. In primo luogo non ci sono solo i lavoratori del commercio, ma sono tantissimi quelli che lavorano nei giorni festivi e nessuno si è mai sognato di chiedere di fermare i trasporti o gli ospedali o le centrali elettriche o qualunque altro luogo di lavoro perché è domenica e bisogna stare in famiglia.
Ma, visto che di negozi si parla, bisogna dire che una delle scelte più riuscite negli ultimi anni che, a costo zero, ha semplificato la vita di tante persone (con famiglia o senza) è proprio la possibilità di fare acquisti la domenica.
In conclusione se si tratta di diritti dei lavoratori esistono contratti collettivi e strumenti per farli valere e per controllarne il rispetto (ma Di Maio non è anche ministro del lavoro?); se si parla di famiglia l’ultimo dei problemi è stare insieme la domenica. Si può capire la Conferenza Episcopale italiana che vorrebbe tutti gli italiani a messa la domenica, ma che il primo partito italiano, il M5S, ne parli in questi termini odora di muffa, di nostalgia di imprecisati tempi passati, di chiusura mentale, di ostilità a scelte di vita che non siano nel solco della tradizione.
Soprattutto odora di opportunismo che sfrutta qualunque argomento per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, andare a caccia di voti inseguendo gli interessi di categoria e mettere insieme pezzi di identità ideologica
Claudio Lombardi
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