La finzione di Draghi a capo del governo

Quelli che invocano “il completamento dell’opera” da parte di Mario Draghi vengono ogni giorno smentiti dai fatti. E non da oggi bensì da mesi. In realtà Draghi non ha la bacchetta magica, non ha un partito di maggioranza a sua disposizione, non ha voti suoi. Ha il suo enorme prestigio, ha il credito di cui gode a livello europeo e internazionale, ha l’esperienza di chi è stato ai vertici delle istituzioni europee dando un contributo decisivo alla salvezza dell’euro, ha il suo orientamento di cultura politica liberale e socialdemocratica. Ha tutto, ma non ha i voti. Non può dunque “completare l’opera” se capi e capetti di partiti e correnti non glielo consentono. D’altra parte lo si è già visto da mesi nella difficoltà del governo di decidere per il meglio.

C’è molto desiderio di semplicità negli italiani. Ci vogliono regole più semplici per gestire la pandemia che una burocrazia autoreferenziale non ben diretta dai politici ha complicato in modo eccessivo fino ad una ripartizione dei compiti  nelle istituzioni che corrisponda alle capacità di ciascuno. Per questo Draghi deve andare al Quirinale e i partiti devono gestire il governo assumendosene le responsabilità che gli elettori giudicheranno nel momento del voto. Semplicità al servizio di idee chiare e della rapidità necessaria in un momento critico. Invece prevalgono i soliti giochetti

26 gennaio 2022

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