La guerra dei rifiuti nel sud e il fallimento della politica (di Claudio Lombardi)
Si può chiamare emergenza una situazione che dura da più di 16 anni? Chiunque risponderebbe di no e sottoscriverebbe la dichiarazione di fallimento di tutti i poteri che potevano e dovevano decidere e amministrare la gestione dei rifiuti in Campania e che non sono stati capaci di risolvere il problema. O che non hanno voluto risolverla.
In realtà, ormai l’hanno capito tutti, l’emergenza rifiuti è stata il pretesto per un enorme e sistematico saccheggio di risorse pubbliche. Su queste si è costituito o consolidato un blocco di interessi che hanno tenuto insieme interessi politici, aziendali e camorristici. Il dato che caratterizza questa vicenda è che in questo blocco di potere ci sono entrati anche parte dei lavoratori che hanno ottenuto un posto di lavoro molto spesso senza dover effettivamente lavorare e parte della popolazione che è stata costretta ad accettare la legge malavitosa della camorra e dei politici corrotti e che ha finito per aderire al contropotere antistato che si è insediato in molte zone della Campania. Questo è il “capolavoro” che è stato realizzato a Napoli e dintorni.
Che il controllo del territorio non ce l’abbia lo Stato appare evidente da ciò che sta accadendo (e che è già accaduto negli anni precedenti in altre località) a Terzigno. La miscela esplosiva di scelte tanto emergenziali quanto scientificamente preparate da decenni di incuria e di ruberie ha prodotto l’esplosione della collera popolare a capo della quale si è messa la delinquenza che, da quelle parti, non può esistere senza il consenso della camorra.
Scientifica preparazione del fallimento della gestione dei rifiuti. Questa è la definizione più adatta per una situazione che non è una calamità naturale, ma il prodotto di scelte sciagurate contro l’interesse generale che sono state effettuate nel più assoluto disinteresse di tutto ciò che rappresenta il bene comune. Non si vuole dire che tutti i politici sono uguali, però, ciò che conta, è che quelli che hanno prevalso senza incontrare una valida resistenza sono i peggiori ed è difficile separarli dal mondo della delinquenza che rapina le risorse pubbliche e i beni comuni. Poi ci sono stati gli incapaci, quelli deboli perché non sostenuti dall’opinione pubblica e quelli onesti e combattivi come il sindaco Vassallo che è stato eliminato dalla camorra.
Oggi si è alla disperata ricerca di una cava perché per anni non si è voluto costruire un sistema di raccolta differenziata e di trattamento dei rifiuti. Si è puntato tutto sulle discariche, sugli inceneritori (e ne funziona solo uno), sulla finzione delle eco balle avendo come obiettivo il controllo e il dirottamento dei finanziamenti verso aziende e gruppi che hanno prosperato sulla spazzatura: più ce n’era per le strade e più saliva l’allarme per l’inquinamento più loro rapinavano il denaro dello Stato in nome dell’emergenza.
Di nuovo, come due anni fa, assistiamo alle sceneggiate del Governo che “decide”, che risolve in dieci giorni ciò che non è stato risolto in 16 anni. Adesso, però, sono di più quelli che capiscono quanto cinismo ci sia dietro questi annunci. Purtroppo l’interrogativo “come se ne esce” è sulle bocche di tutti e non esiste soluzione se non si impone una netta inversione di rotta a partire dalla rinascita della politica sequestrata dai malavitosi e dagli affaristi e dal coinvolgimento dei cittadini ai quali occorre restituire un potere pubblico che non sia lo specchio della debolezza, della corruzione e della soggezione agli interessi criminali.
Dire che la partecipazione dei cittadini e la loro educazione all’esercizio dei diritti democratici ( che vanno ben oltre il voto), è una delle chiavi per risolvere la gestione dei rifiuti così come lo è per affrontare qualunque altro problema di gestione dei servizi pubblici e dei beni comuni sembra scontato. Ma è la pura, semplice, evidente verità.
Quello che non vogliono assolutamente i politici corrotti e i delinquenti che controllano il territorio è che i cittadini decidano come parte di una collettività unita su valori comuni e che sa riconoscere l’interesse generale come cosa distinta dall’interesse personale di ognuno eppure con questo strettamente intrecciato. Non vogliono che ci sia una politica che unisca le persone e migliori la dimensione pubblica. Vogliono solo essere i padroni di quei territori e i padroni delle persone che ci abitano con diritto di vita e di morte su chi non accetta questo potere e anche su chi subisce le conseguenze della devastazione dell’ambiente e delle scorribande e scontri a fuoco delle bande armate. E non vogliono che nessuno controlli i loro affari.
La trasparenza e la partecipazione costituiscono il miglior deterrente per le opacità che hanno accompagnato tutta la gestione dei rifiuti in Campania. Si legge sui giornali che ci sarebbero discariche non utilizzate e che gli impianti di trattamento e selezione dei rifiuti non sono utilizzati oppure vengono sabotati dagli stessi addetti al servizio così come la raccolta differenziata sarebbe osteggiata da una parte dei lavoratori. Sciogliere questo intreccio di interessi è molto difficile senza un’estrema determinazione di imporre la legge basandola sul buon esempio dei responsabili e dei vertici istituzionali e sul coinvolgimento degli abitanti.
Se non si parte da qui non si risolve il problema e non c’è futuro per Napoli e la Campania.
Claudio Lombardi
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