La non facile transizione ai veicoli elettrici

Pubblichiamo brani di un articolo di Riccardo Matesic giornalista esperto di motociclismo sui problemi della transizione ai veicoli elettrici. Il testo completo su www.motoskills.it

“Lo sviluppo del motore termico è praticamente fermo. Ormai gli investimenti in ricerca sono tutti sulla propulsione elettrica, grazie anche ai tuoi colleghi giornalisti, che tanto stanno propagandando questa cosiddetta alternativa”. La frase l’ha detta un amico, che per professione sviluppa motori. E riassume una situazione che ha dell’incredibile.

L’accelerazione inaspettata l’ha data la Commissione Europea nel luglio scorso, presentando una proposta per vietare, a partire dal 2035, la vendita di veicoli che emettono CO2. La fine del motore termico. Per ora, va detto, si tratta solo di una proposta, che dovrà passare l’approvazione di Parlamento e Consiglio europeo. E di moto fino a oggi non si è parlato. Anche se è facile pensare che, magari con tempistiche meno severe, lo switch riguarderà anche le due ruote. (…)

La prima rivoluzione tecnologica voluta dalla politica

Fino a oggi le grandi rivoluzioni tecnologiche sono state spinte dal mercato, che con la sua richiesta ha sempre guidato gli investimenti delle industrie e la loro produzione. Oggi, per la prima volta forse, siamo alle porte di un cambiamento epocale che pochi o nessuno volevano, ma che la politica ha pianificato e sta portando avanti testardamente. (…)

Nonostante tutto, restano però tanti, probabilmente troppi, i problemi posti dal passaggio obbligato alla mobilità elettrica

Si comincia con le colonnine di ricarica: ne servono milioni!

Una recente valutazione fatta dai costruttori europei di automobili (Acea) in accordo con la Commissione Europea, indicava un fabbisogno di 6 milioni di colonnine sulle strade europee entro il 2030. Oggi la Commissione ha ridotto questa valutazione a 3,5 milioni di stazioni di ricarica. Però ci sono 10 paesi europei che hanno meno di una colonnina per 100 km di rete viaria. In Italia per la cronaca ce ne sono 5,1, numero che ci pone a metà classifica. I paesi più organizzati sono la Germania (19,4 colonnine/100 km), il Lussemburgo (34,5) e l’Olanda, con il numero record di 47,5 punti di ricarica per 100 km!

E servono investimenti enormi

Il sito www.e-station.it ha pubblicato una statistica sui tempi medi di ricarica di un’auto elettrica. Per una Renault Zoe con batteria da 41 kWh (300 km di autonomia), impiegando 2,3 kW dalla presa di casa, la ricarica completa impiegherebbe 17,8 ore. Con 3,7 kW si scenderebbe a 11,1, e con 7,4 kW a 5,5 ore. Ovviamente tutto va molto meglio alle colonnine che si trovano in strada, con l’ottimo risultato di una colonnina a ricarica veloce (400 V e 22 kW), che garantisce la ricarica completa in 1,9 ore.

Applichiamo lo stesso conteggio su una moto Energica, che ha una batteria da 11,7 kWh, per scoprire che il tempo necessario per la ricarica completa sarebbe di 5,09 ore. Sempre a patto che la rete domestica consenta al caricabatterie del veicolo di ben funzionare e di caricare a questo ritmo.

Personalmente con l’Harley-Davidson LiveWire, che ha una batteria da 15,5 kWh, ho impiegato sempre qualche ora in più delle 6,74 promesse da questo conteggio. Colpa della rete elettrica, evidentemente scadente, del mio box, come ho raccontato nella prova d’uso, qui su Motoskills.it.

Ed è questo il dato di fatto: i 3,2 kW delle nostre reti domestiche sono insufficienti se convertiamo tutti i nostri veicoli in elettrici. Si deve aumentare la potenza. Un’operazione non semplice, perché bisogna adeguare l’intero impianto, aumentando la sezione dei fili. A cascata, bisognerebbe rifare anche le reti di distribuzione dell’energia elettrica, perché di fronte a un aumento generalizzato dell’assorbimento, anche queste diverrebbero insufficienti.

Da ultimo, come produrremo tanta corrente? Già adesso c’è un dibattito acceso sulle fonti energetiche utilizzabili. Certo ci sono progetti e incentivi per sviluppare le fonti rinnovabili. Ma si parla di una nicchia di utenti, di coloro che hanno una villetta e possono permettersi di rifare la tettoia del posto auto. E chi abita in appartamento? E chi non ha sotto casa le colonnine per la ricarica veloce?

I timori per l’occupazione

Un amico meccanico d’auto è felice di essere alle porte della pensione: le auto elettriche non hanno un motore che richiede manutenzione, ed è convinto che il futuro per la sua professione sia nero.

Ma non sono solo gli artigiani a dover temere. Anche a livello industriale, come scritto in un articolo del quotidiano Il Sole 24 Ore (“la banalità della transizione ecologica nell’automotive: i licenziamenti” – di Stefano Capaccioli ed Enrico Mariutti), nel giro di poco tempo si perderanno i circa 600mila posti di lavoro oggi garantiti dall’industria italiana della componentistica automotive. Il passaggio all’elettrico di suo richiederà un terzo degli occupati attuali. Ma la cosa non considerata dal mondo politico è che il know-how e le linee produttive dell’elettrico sono tutte in Oriente. E le nostre case, che hanno una storia consolidata sui motori termici ma una tradizione nulla su quelli elettrici, chiuderanno le fabbriche occidentali, per riaprire in Oriente le aziende per le produzioni del futuro.

Prosegui la lettura su www.motoskills.it

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