La nostra guerra al terrorismo
Anche noi dobbiamo combattere la nostra guerra contro il terrorismo. Non con le armi, ma con le parole, con l’esempio e con le azioni. Ciò che è accaduto in Francia, Belgio, Germania, Regno Unito, Svezia negli ultimi due anni non ha eguali nella storia recente. Dal 2001 in poi attentati organizzati da gruppi del fondamentalismo islamico ce ne sono stati tanti, ma ciò che colpisce oggi è la rapida successione di azioni più o meno improvvisate nelle quali il supporto logistico e l’addestramento di tipo militare lascia il posto a quello psicologico. Se un tizio decide di aggredire con un coltello chiunque gli passi davanti non gli serve una specifica organizzazione bensì una motivazione e il convincimento di stare dalla parte del giusto. A questo provvede la fascinazione esercitata dalla versione attuale del fondamentalismo islamico che, a differenza, della vecchia Al Qaeda ha conquistato il potere in un territorio molto ampio con una vera e propria guerra. Che oggi l’Isis la stia perdendo non conta sia perché i suoi avversari non hanno ancora deciso di vincerla e così facendo fanno apparire l’esercito dei guerriglieri molto più forte di quanto non sia; sia perché l’effetto di trascinamento si propaga con mezzi di comunicazione che nel passato non sono mai stati usati dai terroristi.
L’Isis non si nasconde e mostra tutto di sé perché ha deciso di ergersi a leader di un riscatto islamico che individua i suoi nemici innanzitutto nei governi dei paesi a maggioranza musulmana. Grazie alla resistenza dell’Isis in guerra e grazie alla potenza di internet dal cuore dell’Africa agli Usa, dall’Europa al lontano Oriente molti sono stati incoraggiati ad abbracciare un’identità già pronta e ad agire in suo nome.
Non stupisce che questa assoluta novità abbia trovato seguaci anche nei paesi europei nei quali l’accoglienza è stata comunque più generosa e condiscendente con le spinte a coltivare le proprie specificità culturali e religiose. Inoltre che molti attentatori fossero, in realtà, a tutti gli effetti cittadini francesi, tedeschi o inglesi dimostra che la fascinazione dell’Isis ha colpito nel segno fornendo identità e programma di azione a persone confuse, fragili e violente. Ce ne sono tante nelle nostre società occidentali e non necessariamente si manifestano aggrappandosi al mito di una religione della quale spesso hanno solo sentito parlare. Persone che vivono ai margini negli interstizi che abbondano in società aperte e libere e con molti scrupoli a reprimere comportamenti delinquenziali. La maggior parte sfocia nella criminalità o in devianze di vario tipo; alcuni trovano sul mercato delle ideologie quella dell’Isis e si ricordano di avere qualcosa in comune con quel mondo di simboli religiosi e identitari.
Anzi, il fatto che il fondamentalismo islamico nella versione terroristica trasmetta un’identità forte che non ammette compromessi compie una selezione tra i suoi simpatizzanti che probabilmente non sono pochi. Diventare un martire, se non si parte dalla decisione di suicidarsi, significa credere in una serie di favolette che dovrebbero risultare indigeste per chi vive la vita di un europeo. Eppure tanti giovani si sono uccisi sia in Europa che direttamente in Siria ed Iraq con la convinzione di andare verso una vita ultraterrena fatta di agi e piacevolezze.
Tutto ciò deve suscitare una reazione diffusa che non può limitarsi al lavoro della polizia e dei servizi segreti. Ovviamente bisognerebbe che in Medio Oriente si eliminasse il problema Isis. Aiutato per troppo tempo in funzione della guerra tra sunniti e sciiti dietro la quale c’era e c’è una ben più concreta guerra per la supremazia territoriale nei paesi arabi a cavallo tra Africa e vicino oriente. Se l’Isis non è stato sconfitto finora è perché non gli è stata fatta la guerra se non dai curdi, da Assad e dagli iraniani. L’Arabia Saudita, gli Emirati, il Qatar, la Turchia anche per conto degli Usa hanno supportato l’Isis perché lo scopo era respingere l’influenza iraniana, conquistare la Siria e spartirla.
Per quanto riguarda noi è giunto il tempo di dare un calcio a tutte le teorie che hanno predicato la possibilità di rifiutare i valori occidentali coltivando la propria estraneità e il proprio isolamento. Il multiculturalismo ha prodotto solo disastri. Bisogna affermare che i cosiddetti valori occidentali sono conquiste di tutta l’umanità sulle quali non è consentito transigere. Non c’è religione che tenga se tu vivi qui ti attieni alle nostre regole.
Noi italiani francesi inglesi tedeschi svedesi ecc, dobbiamo essere convinti che sia giusto così e dobbiamo rivendicare l’assoluta superiorità di alcuni principi basilari: libertà dell’individuo, parità di genere, separazione tra potere civile e religione. Questi principi sono i valori ai quali siamo arrivati in secoli di storia passando attraverso guerre terribili con un’evoluzione culturale che non ha eguali in nessun’altra parte del mondo. Dobbiamo solo esserne consapevoli e difenderli
Claudio Lombardi
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