La resa dell’Occidente agli islamisti

Brani di un articolo di Ayaan Hirsi Ali sul Mail on Sunday tradotto da Giulio Meotti e pubblicato sul Foglio del 6 maggio 2024.

(Ayaan Hirsi Ali, è una politica, scrittrice e attivista somala naturalizzata olandese, nota soprattutto per il suo impegno in favore dei diritti umani e in particolare dei diritti delle donne all’interno della tradizione islamica. Ha pubblicato diversi libri: Non sottomessa. Contro la segregazione nella società islamica; Infedele; Se Dio non vuole; Nomade, perché l’Islam non è una religione per le donne; Eretica. Cambiare l’Islam si può.)

Nel 1992, per sfuggire a un matrimonio forzato, ho chiesto asilo nei Paesi Bassi e, dopo aver ottenuto l’approvazione della mia richiesta e aver svolto una serie di lavori umili fino a padroneggiare l’olandese, sono diventata studentessa di Scienze politiche all’Università di Leiden, che mi ha aperto gli occhi sulle idee dell’Illuminismo europeo, del pluralismo e dei diritti umani. Di conseguenza, ho iniziato a mettere in discussione ogni aspetto della mia fede che vedevo sempre più come intollerante, ignorante, reazionaria e oppressiva. Ciò che mi ha particolarmente colpito nei Paesi Bassi è stato il modo in cui gli imam radicali hanno sfruttato la generosa ospitalità degli olandesi ma non hanno mai mostrato alcuna gratitudine mentre continuavano le loro furiose denunce dell’occidente. In effetti, era una profonda ironia che la tradizione stessa della libera espressione occidentale consentisse a questi chierici di essere molto più espliciti di quanto non lo fossero nelle loro terre natali, dove i governi autocratici avrebbero potuto annientare i presunti piantagrane. E quando le Torri Gemelle crollarono a New York nel 2001, la mia prospettiva cambiò per sempre.

Ero esasperata per le giustificazioni date ai terroristi da parte di così tanti commentatori occidentali liberali che hanno attribuito il massacro alla ‘politica estera americana’, o all’’eredità del colonialismo’, o al trattamento dei palestinesi o alla deprivazione economica – una spiegazione palesemente falsa, dato che la mente delle atrocità, Osama bin Laden, era uno degli uomini più ricchi e privilegiati dell’Arabia Saudita. Essendo stata radicalizzata in gioventù, sapevo che l’ideologia religiosa era di gran lunga il fattore più importante. E’ stato un argomento che ho sostenuto sulla stampa, in televisione e, dal 2003, come membro del Parlamento olandese. Ciò ha portato a una maggiore condiscendenza da parte di accademici e politici liberali che amavano dire che la questione islamista era ‘complessa’ o ‘sfumata’ o ‘sottile’. Ma erano loro che si abbandonavano a un pio desiderio.

Non c’era niente di ‘sottile’ nell’uccisione del mio amico, il coraggioso artista e regista Theo Van Gogh nel 2004, che aveva denunciato la misoginia dell’Islam. Il suo assassino, Mohammed Bouyeri, non solo tentò di decapitarlo ma gli appuntò anche una lettera sul petto. C’era scritto che sarei stata la prossima. Ho dovuto nascondermi, ma questo non mi ha impedito di viaggiare negli Stati Uniti, dove ho incontrato Salman Rushdie per la prima volta. Era divertente e affascinante ma anche determinato quando parlava di coraggio. Come scrisse una volta Winston Churchill – che ebbe un’acuta comprensione dell’Islam sin dai suoi giorni vittoriani come soldato in India e Sudan – un “pacificatore è colui che dà da mangiare a un coccodrillo, sperando che lo mangi per ultimo”.

 

Purtroppo, il valore di Churchill e Rushdie è mancato troppo spesso in occidente. Negazione e illusione sono state le nostre parole d’ordine. La capitolazione è stata mascherata da ‘inclusione sociale’. Il patetico impulso alla pacificazione ha consentito all’estremismo musulmano di prosperare tra noi, riflettendosi nel lungo elenco di incidenti terroristici, nell’ondata di antisemitismo in tutta l’Europa occidentale, nello sviluppo di comunità separate complete di rigidi codici di abbigliamento e tribunali informali della sharia, nel predominio di predicatori intransigenti nelle moschee, le reti di scuole di madrase che promuovono un’interpretazione quasi medievale dell’Islam, la tacita accettazione da parte della burocrazia dei matrimoni combinati e della poligamia e l’introduzione di fatto di leggi sulla blasfemia in nome della lotta al ‘discorso di incitamento all’odio’. Tutto ciò è stato ulteriormente alimentato dall’immigrazione di massa su una scala senza precedenti, trasformando la demografia delle società europee e accelerando l’islamizzazione della Gran Bretagna e del continente.

L’impatto di questa politica di pacificazione può essere visto nel recente sondaggio del think tank anti-estremismo Henry Jackson, che ha scoperto che il 52 per cento dei musulmani britannici vuole che sia un reato mostrare un’immagine del profeta Maometto, mentre un terzo sostiene apertamente l’introduzione della sharia. Gli attivisti musulmani si atteggiano contemporaneamente a vittime oppresse e allo stesso tempo alimentano un clima di paura e intimidazione. Mentre centinaia di migliaia di donne coraggiose in Iran protestano contro il copricapo islamico, a Sandwell, nelle Midlands occidentali, gestita dai laburisti, è stata eretta un’enorme scultura di una donna musulmana in abiti tradizionali. ‘La forza dell’hijab’ è il titolo di questo pezzo di propaganda teocratica che non dovrebbe avere posto in Gran Bretagna.

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