La riforma elettorale che non faranno mai (di Paolo Andreozzi)
Parlo ora di riforma della legge elettorale, benché il tema mi appassioni meno di un decimo di quanto veda urgente quello della riforma del modello socioeconomico del Paese.
Comunque, i dati oggettivi del problema sono i seguenti:
1. l’art.67 Cost. dice “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”, il che vuol dire che ogni parlamentare vale se stesso e non il partito per cui è stato eletto (il che è dimostrato dalla facilità assurda con cui i parlamentari eletti con un partito passano poi da un gruppo parlamentare all’altro, cosa impensabile fino a qualche legislatura fa).
2. la prossima legislatura dovrà avere una natura “costituente”, tali e tanti sono i compiti di ristrutturazione e riconversione che vanno assolti per non far uscire semplicemente l’Italia dal novero dei Paesi (abbastanza) democratici e (cosiddetti) civili; dal che consegue che il prossimo Parlamento dovrà rappresentare in modo più preciso possibile la varietà delle opinioni del popolo italiano.
3. il collegamento tra parlamentare e collegio elettorale era importante prima dell’esplosione della Rete come mezzo di informazione dei cittadini e di comunicazione tra loro, e molto importante prima dell’avvento della televisione; ora conta solo per favorire la corruzione del parlamentare e il malaffare sul territorio, come provano a dismisura tutti i fatti della cronaca recente (e non solo).
4. i costi della politica professionale e i reati commessi da non pochi dei suoi esponenti, hanno talmente nauseato il popolo che si rischia di perdere lo stesso senso storico delle istituzioni democratiche in quanto tali.
Pertanto, la riforma della legge elettorale che per me risponde meglio alle domande sorgenti da tali dati oggettivi (non, quindi, la riforma che scrive la legge elettorale migliore in assoluto per l’Italia né quella che converrebbe alla forza politica o civico-politica che più mi è affine, bensì quella che serve ora in base a quanto detto) è la seguente:
a. un solo collegio elettorale nazionale per la Camera e un solo collegio elettorale nazionale per il Senato; ed entrano nelle rispettive due liste 5000 candidati deputati e 2000 candidati senatori, ossia i cittadini (senza condanne in primo grado) che hanno raggiunto il maggior numero di firme certificate in appoggio alla loro candidatura entro un termine dato di tempo.
b. una lista di candidati Capo di Governo, con un programma di governo di legislatura, che siano anche candidati oppure no in Parlamento; analogamente a sopra, entrano in questa lista i 100 cittadini (senza condanne in primo grado) che hanno raggiunto il maggior numero di firme eccetera.
c. ogni candidato al Parlamento deve dichiarare (e sarà riportato sulle liste e in ogni forma di pubblicità elettorale) la propria indicazione rispetto al candidato Capo di Governo.
d. ogni elettore può esprimere fino a tre preferenze tra i candidati alla Camera e fino a tre preferenze tra i candidati al Senato.
e. sono eletti Deputati i 500 più votati tra i candidati alla Camera e Senatori i 200 più votati tra i candidati al Senato.
f. a Parlamento insediato, il Presidente della Repubblica dà il mandato a quello tra i candidati Capo di Governo i cui candidati parlamentari collegati sono stati eletti in maggior numero; questi forma il Governo e cerca la fiducia in Parlamento; se non la trova, l’incarico passa al secondo, poi al terzo (se neanche il terzo ce la fa, io fossi il Capo dello Stato riscioglierei le Camere, ma non credo che la riforma della legge elettorale possa fissare anche questo punto).
g. e i partiti? e i partiti saranno serviti a sostenere la campagna elettorale di quelli tra i candidati al Parlamento, o al ruolo Capo di Governo, che vi siano affiliati; lo stesso, le associazioni riconosciute e i movimenti civicopolitici che rispettino le previsioni costituzionali e di legge (democrazia, legalità, antifascismo eccetera).
h. e i gruppi parlamentari? e i gruppi parlamentari si formeranno a Camere insediate per favorire i lavori parlamentari secondo i rispettivi regolamenti ora vigenti (tanto dai gruppi i parlamentari vanno e vengono come saette).
Ecco qua. Semplice, logica, onesta, storica.
Non la faranno mai.
Paolo Andreozzi (dal suo blog)
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