La sanità pubblica, una risorsa non un peso. Intervista a Giuseppe Scaramuzza

Giuseppe Scaramuzza è coordinatore del Tribunale dei diritti del malato una delle reti di Cittadinanzattiva.

D: La sanità è al centro della spending review, ma sono anni che si tagliano le spese e sembra che si voglia continuare a farlo. È così?

A mio avviso la definizione di “spending review” è stata una trovata mediatica del Governo per rendere il colpo più gradevole, come si fece qualche anno fa cominciando a chiamare i ticket “compartecipazione alla spesa”. Di fatto, però, è una vera e propria manovra che rischia di incidere in maniera pesante sui servizi sanitari, perché le Regioni che si trovano già in difficoltà, specie quelle in piano di rientro, saranno ulteriormente penalizzate e anche le cosiddette “virtuose” si troveranno a fare i conti con un decreto che vuole tagliare in maniera lineare i servizi.

Noi siamo i primi a sostenere che c’è bisogno di maggiore controllo, di razionalizzazione della spesa e di lotta agli sprechi. Ma non si può pensare di fare ulteriori tagli quando è già stato azzerato il fondo per la non autosufficienza e gli investimenti. Non vediamo da parte del Governo una progettualità che, ripeto, deve partire dal ministero della Salute e non dal ministero dell’Economia e che deve essere condivisa con le Regioni.

D: Non vedete la sanità come un problema quindi. Qual è la vostra impostazione?

Cittadinanzattiva-Tdm vuole sempre di più incidere sul miglioramento della qualità di vita delle persone, siano essi italiani o stranieri, sani o malati, perché la qualità della vita esiste anche nella malattia. Ci ispiriamo al concetto di salute che ci ha trasmesso l’Organizzazione mondiale della Sanità e che significa benessere psico-fisico e diffusione di comportamenti virtuosi. C’è un diritto costituzionale che non può essere negato in nome della crisi e dei conti che non tornano. Vogliamo, attraverso la nostra attività di valutazione e controllo, contribuire a migliorare il Paese. L’auspicio è che il Governo torni al dialogo e all’ascolto con cui aveva iniziato il suo mandato, ma che ha poi abbandonato nel corso dei mesi. Noi seguiremo il motto antico: “Non vogliamo sentirci ospiti, ma padroni di casa della Repubblica italiana”.
e questo semplicemente perché la nostra storia coincide con la nascita del Ssn, istituito con la legge 833 del 1978. La nostra azione, all’inizio, fu incentrata sullo sviluppo per così dire “strutturale” del servizio sanitario, sul riconoscimento dei diritti primari e sull’umanizzazione dei servizi. Quelli erano anni in cui le stanze di ospedale erano camerate da una decina di posti letto, dove era un’impresa anche avere delle lenzuola pulite.

Abbiamo aiutato a costruire il Servizio sanitario nazionale. Le ultime manovre però, con la loro visione economicistica, stanno radicalizzando le criticità del servizio sanitario pubblico e lo stanno facendo arretrare. Questa inversione di tendenza è da attribuire, secondo il mio parere, al fatto di avere ceduto la regia delle politiche sanitarie al ministero dell’Economia e delle Finanze. Il ministero della Salute è diventato un esecutore, che ora però deve riappropriarsi del suo ruolo.

D: Da quando la sanità è stata messa sotto la responsabilità delle regioni, però, si è aperta la sfida del “federalismo” sanitario. È un bene o un male?

Alcune Regioni hanno fatto molto, altre molto poco. Il fatto è che negli anni si sono accumulati sprechi, inefficienze, errori. Abbiamo assistito alla mancanza di programmazione e di potenziamento dei servizi sul territorio in assenza di verifiche oggettive degli atti e senza la rimozione di chi non è stato capace di governare il sistema. Per anni, in Italia, abbiamo assistito a disparità di trattamento a seconda che il Governo e le Regioni avessero lo stesso colore politico o meno. È stato, insomma, una sorta di federalismo drogato e per giunta con risorse in costante diminuzione. Ci sono enormi ritardi nello sviluppo dei servizi nel territorio e dell’assistenza a domicilio, in particolare per quanto riguarda la riabilitazione, che continua ad essere erogata con lunghi ricoveri ospedalieri quando sarebbe possibile realizzarla, con minori costi per il sistema e più soddisfazione per il cittadino, direttamente a domicilio o con appositi servizi territoriali.

Combattiamo da tempo contro la non uniformità di accesso ai farmaci nelle Regioni, specialmente in ambito oncologico. Ci sono situazioni in cui i farmaci non sono disponibili ed altre in cui vengono razionalizzati smezzando le quantità tra i pazienti. In certe parti di Italia il malato si trova ad elemosinare il farmaco di cui ha bisogno.
Ci preoccupa molto anche il blocco del turn over cioè della mancata sostituzione del personale che va in pensione perché sta cominciando a creare problemi grandissimi per i pazienti e per gli stessi operatori che lavorano in un clima di tensione e di stress continui.

D: Ormai gli stessi medici chiedono di non essere lasciati soli a difendere il Ssn e invocano il sostegno dei cittadini. Cosa possono fare i cittadini a parte solidarizzare con chi lavora in prima linea?

Noi non sosteniamo proteste per difendere interessi di categoria e siamo anche critici nei confronti degli scioperi che finiscono sempre per creare difficoltà ai cittadini.
Abbiamo però condiviso lotte di sistema con i medici, gli infermieri o altri.
La missione di Cittadinanzattiva-Tdm è di sensibilizzare le istituzioni con altri strumenti come le indagini e gli audit, oppure con azioni simboliche per porre l’attenzione su tematiche concrete e chiedere la rimozione degli ostacoli che ledono i diritti dei cittadini.

In alcuni casi abbiamo anche collaborato con le Asl facendo emergere le problematiche e proponendo le soluzioni individuate attraverso il nostro lavoro di audit civico e le nostre attività di monitoraggio e valutazione. Sembra poco rispetto a forme di protesta più vistose, ma con le nostre attività abbiamo scoperto situazioni che neanche gli uffici regionali conoscevano e questo, a volte, è servito per arrivare a cambiamenti importanti.
La nostra attività di base è la segnalazione di situazioni critiche che può costituire già un modo per diffondere la conoscenza e per mettere tutti di fronte alle proprie responsabilità. Da lì, poi, si può partire con altre azioni civiche che puntino sempre, però, a risolvere i problemi non solo ad agitarli. Vogliamo fare politica al di fuori della politica organizzata attraverso la tutela dei diritti dei cittadini e la promozione della partecipazione civica, perché non ci può essere tutela senza partecipazione che è l’anima della democrazia.

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