La sinistra del PD che ha già perso

La sinistra del PD ha già perso. Anzi, non solo quella del PD, ma quella che si esprime in decine di fazioni, gruppi e gruppetti, ognuno geloso della propria specificità e ognuno reclamante un’unità negata nei fatti e un’aspirazione a considerare centrale il proprio punto di vista (un’eco della tradizione marxista – leninista con la classe operaia come classe generale e il partito come sua avanguardia o un tardo illuminismo degli intellettuali che possiedono le chiavi della storia?), la sinistra sta vivendo uno dei momenti più drammatici della sua storia.

lotta nel PdLe ultime vicende che stanno dividendo il PD indicano che il processo di frazionamento è ripartito alla grande stimolato dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha azzerato anni di tentativi di dotarsi di una legge elettorale diversa dal proporzionale. Ora che basta raggiungere il 3% dei voti (strano che la Corte non abbia considerato anche questo limite incostituzionale; dopotutto perché mai la volontà degli elettori deve essere limitata da una percentuale di voti?) ogni componente sa di poter ambire ad avere propri rappresentanti in Parlamento senza dover sottostare a discipline di partito e fastidiose regole di maggioranze e minoranze.

Ascoltando il dibattito che c’è stato nell’assemblea della minoranza del PD di ieri al teatro Vittoria a Roma balza in primo piano uno dei caratteri predominanti dell’incapacità delle sinistre di intervenire nel mondo così come è: l’inclinazione alla chiacchiera pomposa, drammatica, retorica, ma pur sempre chiacchiera con scarso riguardo per la concretezza.

speranza emiliano rossiChe altro può significare caricare i discorsi di ogni possibile drammaticità ed urgenza e poi proporre come propria somma rivendicazione dieci mesi di discussioni per arrivare ad un congresso il più tardi possibile? Questo è il limite che identifica una sinistra che vorrebbe misurarsi con la sfacciata comunicazione dei populismi di ogni latitudine che non perdono tempo in chiacchiere fumose, ma vanno dritti al cuore con proposte “scandalose”, ma chiare e concrete. Di fronte alla smisurata arroganza di chi non sente ragioni, ma dice l’indicibile (usciamo dall’euro, protezionismo economico, respingiamo i migranti, prima gli italiani ecc ecc) la sinistra ripropone il dibattito infinito e l’ascolto di tutti senza mai il coraggio di presentare una soluzione. Per esempio il buon Roberto Speranza dice che la riforma della scuola proprio non va e che bisogna ricominciare daccapo. Come e con quale finalità? Sedendosi attorno ad un tavolo ed ascoltando tutti e da lì trarre la soluzione. Straordinaria idea! Peccato che sia già stato fatto per anni e non solo prima dell’approvazione dell’ultima riforma. Forse proprio da un eccesso di ascolto dei soggetti forti ed organizzati della scuola (e delle migliaia di interessi individuali da questi rappresentati) sono derivati i guai che l’affliggono. Una forza politica che vuole governare deve sì ascoltare, ma soprattutto interpretare i bisogni di tutti i cittadini e poi decidere e realizzare. Ascoltare e basta, dibattere senza mai concludere sono i tratti tipici di una sinistra italiana inconcludente, confusa e, per questo, incapace.

matteo-renziForse ciò che colpì dell’esordio di Matteo Renzi fu la sua manifesta antipatia, la sua ostilità per la chiacchiera di sinistra e la sua inclinazione alla concretezza (anche se pure lui ci ha stufato con la retorica ottimista delle sue Leopolde). Per questo c’è stata la forzatura su temi cruciali da sempre ostaggio della retorica della discussione infinita. Jobs act, scuola, Costituzione sono solo alcuni esempi di una spinta a fare piuttosto che a dire mantenendo sempre fermo l’esistente. In Italia fare una qualsiasi scelta  mobilita sempre l’opposizione di chi si sente colpito perché è abituato allo status quo. Riprendiamo l’esempio della scuola. È vero o no che migliaia di insegnanti precari del sud preferivano rimanere tali, ma vicino a casa loro piuttosto che ottenere il posto fisso lontano? È vero ed è questo il motivo principale del fallimento della riforma perché quelle migliaia hanno magari preso il posto al nord e poi o non hanno preso servizio (malattie, legge 104 ed altro) o hanno subito chiesto il trasferimento al sud scatenando una girandola di supplenze.

declino-italiaOra consideriamo il mondo, la svolta protezionista negli Usa, il travaglio dell’Europa, le guerre che sconvolgono l’Islam, l’incertezza globale, lo stato dell’Europa rimasta in mezzo al guado, le mille fragilità dell’Italia che è il fanalino di coda fra i paesi europei. Possiamo pensare che tutto ciò si affronti con l’eterno dibattito che propongono le varie anime della sinistra? L’attitudine declamatoria della sinistra che vorrebbe far passare per proposte concrete semplici petizioni di principio ormai non serve più nemmeno a fare opposizione. In verità la distanza tra parole e fatti ha riguardato buona parte della politica che ha nutrito l’opinione pubblica di annunci e di retorica, ma poi i fatti hanno seguito la vecchia strada degli interessi corporativi.

A questa deriva non è sfuggito nemmeno Matteo Renzi e se non si mette in testa di cambiare approccio e linguaggio rischia di non apparire molto diverso dai suoi oppositori. Ma la sinistra (Renzi compreso) ha un problema tutto suo se vuole avere un futuro. Deve avere più lucidità, più concretezza, più decisione. Soprattutto deve avere il coraggio di dire e fare essendo coerente con il suo programma che non può tendere al “ripartire dagli ultimi”, ma a far ripartire lo sviluppo. L’Italia sta morendo di conservazione e i soldi per comprare il consenso e la pace sociale sono finiti. O i problemi si risolvono con un governo forte e autorevole o sennò passeranno gli altri. Per questo la sinistra del PD che vuole andare per conto suo ha già perso.

Claudio Lombardi

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