La storia a scuola non serve più?
In una lettera del 1937, dal carcere, Antonio Gramsci scrive al figlio Delio:
“Carissimo Delio, mi sento un po’ stanco e non posso scriverti molto. Tu scrivimi sempre e di tutto ciò che t’interessa nella scuola. Io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età, perchè riguarda gli uomini viventi, e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono fra loro in società e lavorano e lottano e migliorano sé stessi, non può non piacerti più di ogni altra cosa. Ma è così? Ti abbraccio. Antonio”.
Rigiro la domanda di Gramsci a Marco Bussetti, attuale ministro dell’Istruzione, naturalmente dandogli il tempo di documentarsi su di lui, chiedendo informazioni magari ai suoi acuti comunicatori. In realtà ha già risposto con i fatti, ma usando parole che li vogliono occultare, come se parlasse sempre ai suoi fans di facebook, che può anche pigliare in giro senza rendere conto a nessuno.
La storia è stata estromessa dalle tracce della prima prova scritta della Maturità. Le innumerevoli prese di posizione che ci sono state contro questa decisione, apparse sui giornali e sui social (e nessuna a favore) non sono fino ad oggi servite a nulla, tant’è che Liliana Segre, sopravvissuta alla deportazione ad Auschwitz all’età di 13 anni, ed ora senatrice a vita, lancia un appello al ministro, perchè ripristini la storia all’esame di maturità già col prossimo anno scolastico. “Non rubiamo il passato ai ragazzi”, dice, “con un’ora di storia alla settimana non si fa nulla, e se la togliamo anche dall’esame di maturità, rischiamo un futuro alla Orwell” (nel suo romanzo 1984 Orwell accennava al pericolo di una storia completamente riscritta dal Partito Unico, con lo slogan “chi controlla il passato controlla il futuro. E chi controlla il presente controlla il passato” – n.d.r.).
Questa non è soltanto una questione accademica: è evidente a chi è anche solo minimamente responsabile, che senza la storia non si diventa uomini e donne equilibrati ed autonomi, in grado di interpretare la realtà nel suo farsi e di intervenirvi efficacemente.
Il ministro ha risposto a Liliana Segre, e a tutti coloro che protestano, nel seguente modo: “… La storia sarà presente nelle prove di giugno. E’ il mandato che ho dato personalmente al gruppo di lavoro incaricato di predisporre le tracce di italiano (?) … la storia sarà presente in più tracce … nell’analisi e nell’interpretazione di un testo letterario, come anche nell’analisi e nella produzione di un testo argomentativo … “ .
Ma sua eccellenza il signor Ministro c’è, o ci fa? Parla in questo modo della dissoluzione della storia nella nostra scuola e nella società italiana, come se si potesse tramutare, con un giochetto di parole, nella sua presenza dentro le tracce di italiano e analisi letteraria? Mi piacerebbe sapere cosa e come pensa, quando e se pensa. E se ha qualche rispetto per gli interlocutori, cioè per noi.
Cos’è avvenuto in realtà? Il Ministero ha constatato che solo il 3% degli studenti ha scelto negli ultimi dieci anni la traccia storica. Ed il Ministro, invece di allarmarsi e di chiedersi il perchè, cominciando a pensare a delle contromisure, ha fatto come il dirigente di un’azienda che produce sapone e constatando che la gente ora si lava pochissimo ha smesso di produrre sapone. E’ la cultura del consumo, bellezza. Ma la testa dei giovani non è sapone
Lanfranco Scalvenzi
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