La transizione dell’Europa

Ci voleva il calcio della guerra in Ucraina e il calcione del disimpegno Usa e la fine di fatto dell’Alleanza atlantica per spingere alcuni stati europei a fare i primi passi. L’Unione europea a 27 resterà come regolatore di un’area economica integrata basata sull’imprescindibile adesione ai valori di libertà e democrazia. Sicuramente crescerà ancora con ulteriori allargamenti, ma non potrà mai superare i limiti procedurali e le lungaggini della mediazione di tanti interessi nazionali diversi. L’Europa è grande e trovare un minimo comune denominatore è difficile. Il sogno del federalismo europeo probabilmente resterà un sogno, ma non è più praticabile. Verso dove si sta andando allora? Verso accordi separati tra stati già previsti e praticati nella forma di cooperazioni rafforzate. L’esempio è l’euro.

Oggi una nuova cooperazione sta nascendo intorno alla necessità di una comune difesa europea (cosa ben diversa da un esercito europeo e molto più fattibile perché fondata sul coordinamento). È vitale che nasca e inevitabile che si collochi fuori dai Trattati istitutivi della UE come espressione della volontà politica degli stati. La stessa volontà che determinerà la collocazione internazionale dell’Europa per troppo tempo fondata sull’ingenua illusione che il commercio fosse la risposta europea ad ogni controversia e che comunque la difesa fosse garantita dagli Stati Uniti. Oggi il sogno è finito

28 febbraio 2025

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