Le debolezze delle democrazie di fronte alla pandemia

Le emergenze mettono in luce le crepe e i problemi irrisolti. Sta succedendo anche nel caso della pandemia in corso dall’inizio del 2020. Le fragilità dell’Italia erano chiare anche prima così come erano avvertiti i punti deboli dei sistemi democratici occidentali. Le manifestazioni in corso ormai da mesi contro le limitazioni imposte dai governi per combattere la pandemia colgono proprio quest’ultimo aspetto e non sono un caso solo italiano. Sembra esserlo, invece, l’incapacità dei partiti di formare un governo credibile e duraturo. La figura di Draghi è simile a quella di altri presidenti del consiglio ai quali furono affidati i governi nel passato. Nessuno era stato eletto in Parlamento, tutti godevano di una reputazione basata sulla loro competenza e sul loro prestigio acquisiti al di fuori del confronto politico. Il caso di Draghi però supera quello dei suoi predecessori perché sembra investito di un’autorità superiore in ambito nazionale e internazionale. Da dove gli deriva? Dall’essere classe dirigente senza bisogno di nessuna investitura elettorale e con un programma politico che coincide con la persona che lo incarna. È singolare che i partiti, così come votati dagli elettori, abbiano dato vita, nel corso di poco più di tre anni di legislatura, a ben tre governi diversi l’ultimo dei quali sotto l’ombrello protettivo del Presidente della Repubblica e che, grazie all’autorevolezza di Draghi, riceve un voto quasi unanime in Parlamento. Ce n’è abbastanza per indicare questo come un grave problema di efficacia della rappresentanza politica e, quindi, come manifestazione di crisi del sistema democratico.

I partiti, però, sono votati dagli elettori e ne riflettono le convinzioni. Se è potuto accadere che al governo fosse chiamato la persona che sintetizza nella sua persona un’intera classe dirigente è perché i partiti hanno rinunciato ad esserlo. Come? Prendiamo ad esempio i comportamenti dei partiti di opposizione durante la pandemia. Potremmo andare anche più indietro nel tempo, ma il covid ha reso più evidenti i limiti anche personali di tanti politici. Chi scriverà la storia di questi anni si troverà di fronte all’incredibile scelta dell’opposizione di destra al governo Conte II di contestare sistematicamente tutti i provvedimenti del governo diretti a contrastare il covid aizzando un movimento di protesta che farà del menefreghismo e dell’individualismo anarchico la sua bandiera. È comportarsi da classe dirigente questo?

Sono proprio questi movimenti che hanno toccato il lato debole dei sistemi liberali e democratici. Il diritto di manifestazione si è tramutato nel diritto di non rispettare le regole. I governi non hanno potuto imporne il rispetto timorosi di acuire le proteste e di essere accusati di voler reprimere il dissenso. Tuttavia è la scelta di vaccinarsi quella sulla quale si è consumato il conflitto tra i diritti individuali e gli interessi della collettività.

Gli italiani hanno aderito in massa alla vaccinazione, ma alcuni milioni non hanno voluto farlo. In altri paesi le proporzioni sono molto più sfavorevoli e oggi se ne paga il prezzo in termini di morti, ricoverati, intasamento degli ospedali, chiusure parziali o totali delle attività commerciali e ricreative, restrizioni alla libertà di movimento. Tutto questo perché le persone hanno potuto valutare individualmente se vaccinarsi oppure no. È stato giusto consentire questa libertà? No, perché ciò che nasce dalla ricerca scientifica ratificata dagli organismi che gestiscono i servizi sanitari e di farmaco vigilanza e tradotto in atti dai governi che devono contrastare una pandemia non può certo essere sostituito dall’opinione del libero cittadino. È un tabu e un’illusione che l’individuo possa essere il sovrano di se stesso. Non è così, lo sappiamo che la sovranità del cittadino non esiste, ma proprio con il covid i governi hanno permesso di fare come se fosse reale. Una pandemia coinvolge tutta la collettività e le persone devono essere dirette da chi ha la competenza e gli strumenti per farlo.

I sistemi liberali e democratici hanno i loro punti deboli quando si tratta di decidere in nome della collettività. Esercitare il potere è un tabu e lo è pure il rispetto del diritto di scelta del cittadino quando si tratta di sanità pubblica . I governi avrebbero dovuto imporre l’obbligo vaccinale fin dall’inizio. È previsto ed è coerente con una situazione pandemica. Cosa c’è da convincere quando infuria un virus e bisogna agire rapidamente e con determinazione? È possibile e doveroso garantire la più ampia informazione impegnandosi in un’operazione di convincimento e di educazione del cittadino, ma questo va fatto con l’obbligo vaccinale in vigore e con la minaccia di severe sanzioni perché conta l’obiettivo da raggiungere. La fiducia e il convincimento dei cittadini seguiranno. Forse. Affidarsi alla decisione individuale comporta che ciascuno valuti le cose dal suo minuscolo punto di vista disinteressandosi o semplicemente non conoscendo abbastanza del quadro generale nel quale si è inseriti e dando spazio alle spiegazioni alle quali ci si sente più vicini e non a quelle più fondate e accreditate. Così le scemenze dei no vax sono state diffuse in tutti i modi e sono apparse plausibili quanto quelle della scienza e della medicina ufficiali. Anzi, per molti proprio queste erano le fonti di false verità. Abbiamo ascoltato e letto di tutto in questi due anni e i governi non sono stati in grado di imporre la cruciale decisione di vaccinarsi. Da questa pandemia escono molto meglio le culture asiatiche abituate a considerare i diritti dell’individuo su un piano diverso rispetto agli interessi della collettività. Sono società più disciplinate e meno divergenti rispetto a quelle occidentali. Forse bisognerebbe imparare da loro

Claudio Lombardi   

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