Le vie della corruzione (di Ferdinando Imposimato)
Quella del conflitto di interessi e’ una questione centrale della nostra, come di qualunque altra democrazia. Ed e’ bene cercare di spiegare di cosa si parla. La principale questione morale riguarda il conflitto di interessi dilagante, fonte di corruzione e criminalità e di una gestione dissennata delle risorse pubbliche. Questa e’ la situazione apparentemente “legale” in cui viene a trovarsi un governante, un amministratore, un banchiere, un politico o un giudice il quale, anzichè fare l’interesse pubblico nella sua attività istituzionale, cura il suo interesse privato o quello di amici e prestanome. Questo viola l‘articolo 97 della Costituzione che impone alla pubblica amministrazione di agire rispettando i principi del buon andamento e della imparzialità.
Il conflitto di interessi e’ il principale strumento di corruzione diffuso in Italia. Un cancro che affligge la politica del Governo e le nostre istituzioni da decenni. E che si aggrava nonostante le denunzie e le accuse che fioccano per gli scandali ricorrenti. Che interessano varie categorie di persone: governanti, amministratori, governatori, banchieri, imprenditori, consulenti, magistrati, soggetti nei quali spesso si uniscono le funzioni di controllori e controllati. Con il permesso o nell’assenza della legge.
E’ questo conflitto l’anello debole della tangentopoli che ci sommerge, e’ la sua mancata disciplina come delitto autonomo, dopo la depenalizzazione dell’interesse privato in atti di ufficio (articolo 324 del codice penale) avvenuta nel 1990 per volontà della sinistra. L’eliminazione di tale delitto ha consentito il prosperare di vecchie e nuove forme di criminalità che vanno sotto il nome di “colletti bianchi”.
Ed e’ proprio da questo che bisogna partire per capire ciò che di molto complesso sta accadendo.
Il conflitto d’interessi, oltre alla Costituzione, viola i codici deontologici. Ma non viola il codice penale. Ed oggi e’ divenuto il principale strumento di corruzione. Un cancro che affligge la politica e le istituzioni pubbliche e private da decenni. E non si riesce a debellare. Proprio perche’ chi dovrebbe farlo – in primis il governo – versa in clamorosi conflitti di interessi e non intende quindi risolvere il problema. Anzi, la legislazione varata va nella direzione opposta, che e’ quella di favorire operazioni societarie sotto copertura, che nascondono spesso il riciclaggio di capitali sporchi di provenienza la più svariata. Sotto silenzio e’ passata la notizia del varo della legge contro la corruzione, che si e’ risolta in una maggiore apertura a questi fenomeni criminosi, con la riduzione assurda della pena per il delitto di concussione fraudolenta.
Il caso più clamoroso del conflitto di interessi riguarda certamente l’ex presidente del Consiglio Berlusconi. Il quale ha approvato leggi che favoriscono i suoi interessi patrimoniali – vedi leggi sul falso in bilancio, sulla esportazione di capitali e sul condono agli evasori – o gli interessi giudiziari propri e di amici, come la legge ex Cirielli, una forma di indulto ad personas; ma anche gli interessi politici, come le leggi che alterano la par condicio nell’uso dei mezzi di informazione, condizione indispensabile per una corretta competizione democratica, senza che intervenga alcuna sanzione.
Un altro fenomeno grave ha riguardato per anni i conflitti di interesse della Banca di Italia, in violazione dell’articolo 47 della Costituzione, per il quale «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme e disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito». La mancata soluzione dei problemi emersi in materia di risparmio (i casi Monte Paschi di Siena, Cirio e Antonveneta), derivò da situazioni confliggenti della Banca d’Italia. Che da un lato svolge compiti di vigilanza e di controllo sugli istituti di credito; dall’altro e’ in parte di proprietà degli stessi istituti di credito che dovrebbe controllare (ex banche pubbliche divenute private); ma poi è anche organo di tutela dei risparmiatori, cui la Costituzione assegna speciale protezione.
A questo si aggiunga un altro paradosso, che il Cicr (comitato per il credito e il risparmio), organo che doveva controllare la regolarità della condotta del Governatore della Banca d’Italia, era composto non solo dallo stesso Governatore, ma anche dai rappresentanti delle banche controllate, comproprietarie della Banca d’Italia, e da ministri che avevano interesse a favorire finanziamenti localistici, aperture di sportelli, prestiti a gruppi di clientes e roba del genere. Un guazzabuglio reso possibile da leggi-non leggi e carenza di leggi.
Le operazioni truffaldine sono state compiute con l’avallo formidabile di una politica criminogena fondata sulla depenalizzazione dell’interesse privato in atti di ufficio, sulla legittimazione dei fondi neri, sui condoni con il rientro dei capitali illeciti, sulle evasioni fiscali. Ma le operazioni sono state anche il risultato di controlli pressoche’ inesistenti di Banca d’Italia, in primis. E anche di Consob, Borsa, sindaci, revisori dei conti e agenzie di rating, che non hanno funzionato e non hanno garantito, come dovevano, un reticolo di trasparenza e affidabilità.
Gli organi di controllo sono stati un costosissimo apparato di supporto per una miriade di delitti (insider trading, truffa, falso in bilancio, bancarotta, riciclaggio) al confronto dei quali i reati del crimine organizzato appaiono ben poca cosa. La gravità dell’imbroglio e’ nel fatto che esso e’ stato reso possibile dalla complicità o dalla connivenza di soggetti istituzionali e di banche. Ancora una volta, prima della politica, sono arrivati i magistrati, che hanno fatto il loro dovere senza guardare in faccia nessuno.
Vi e’ stato l’intervento rapido, esemplare e competente della magistratura inquirente. Quella stessa magistratura che, sottoposta da anni agli attacchi forsennati dei vari Governi in carica, e’ oggi l’unica funzione pubblica italiana che, in questo momento, tiene alto il prestigio del Paese. La magistratura dimostra, con il caso Mps, di andare avanti senza strumentalizzazioni e senza guardare ne’ a destra ne’ a sinistra.
Ferdinando Imposimato (da una Nota pubblicata su Facebook)
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