Le vie della partecipazione: le reti civiche (di Angela Masi)
Partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, forme di rappresentanza e crisi dei partiti sono sempre temi di grande attualità. Di più: la carenza di partecipazione viene individuata come una delle cause delle degenerazione del sistema dei partiti con le conseguenze che tutti conosciamo sul governo nazionale, delle regioni e dei comuni.
Se scriviamo “democrazia partecipativa” sul motore di ricerca di Google, otteniamo un numero impressionante di pagine: la diffusione di questa espressione, che è piuttosto recente, è stata rapidissima in tutto il mondo ed è un evidente sintomo del disagio provocato dalle derive oligarchiche e asfittiche della democrazia rappresentativa.
Si direbbe che la democrazia partecipativa sia diventata un ombrello piuttosto largo che copre pratiche e intenzioni di svariatissima natura: giuristi che ragionano sui referendum, politologi che parlano della partecipazione elettorale, gruppi politici di base che rivendicano le primarie, social forum che si interrogano sul nuovo modello di sviluppo, sindaci che sperimentano bilanci partecipativi e così via.
Spesso la domanda di partecipazione è stata avanzata da movimenti o associazioni che chiedevano alle istituzioni di aprirsi alle loro richieste. Non c’è stata, insomma, una spinta generale ad attuare in maniera strutturale forme di democrazia partecipativa. Forse sarebbe stato compito dei partiti promuoverle, ma, di fatto, si è ritenuto il consenso elettorale come più che sufficiente espressione di partecipazione politica. Un errore grave e non scusabile di cui paghiamo le conseguenze noi cittadini.
Ci sono stati però alcuni momenti cruciali che hanno portato a scrivere norme fondamentali. È il caso dell’art.118 della Costituzione che esprime il principio di sussidiarietà orizzontale: “Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà”. Ciò significa che la ripartizione gerarchica delle competenze deve essere spostata verso gli enti più vicini al cittadino e, quindi, più vicini ai bisogni del territorio, ma il cittadino, sia come singolo sia attraverso i corpi intermedi, deve essere aiutato nella cooperazione con le istituzioni per definire gli interventi che incidano sulle realtà sociali a lui più vicine.
In questo modo l’apertura delle istituzioni alla partecipazione può far entrare nel loro orizzonte nuovi contenuti, nuove forme di democrazia e nuove priorità. In pratica può rinnovare la politica e le politiche.
Il tema della partecipazione è complesso perché si compone di molteplici profili: dalla partecipazione dei cittadini alla decisione politica e amministrativa, alle condizioni che la rendono possibile e cioè la trasparenza nei rapporti tra i cittadini e le pubbliche amministrazioni e l’accessibilità delle informazioni.
Contrariamente a ciò che potrebbe apparire non siamo all’anno zero e molti strumenti sono già disponibili, in parte conosciuti e utilizzati, in parte no.
Con questo primo articolo vogliamo iniziare a ricostruire le vie della partecipazione indicandone i capisaldi. Partiamo dalle reti civiche.
La Rete civica è sostanzialmente un sistema informativo telematico, riferito ad un’area geograficamente delimitata (comune, area metropolitana, provincia, comunità montana etc.), al quale possono partecipare in modo attivo, ossia come produttori di informazioni oltre che fruitori, tutti i soggetti presenti nell’area stessa: enti locali e altre istituzioni, sindacati, associazioni, imprese, cittadini. In sostanza è uno spazio dove i cittadini possono attivamente interagire con gli amministratori, ottenere servizi dagli enti locali, informazioni e, soprattutto, farsi ascoltare.
Infatti i principi fondamentali alla base di tale istituto sono l’interattività e l’accesso alle informazioni.
Quelle realizzate finora sono, purtroppo, poche e, fra queste, non tutto va nel verso giusto. Eccone alcuni esempi.
MILANO con il portale milanese dell’e-participation, PartecipaMi, offre la possibilità ai cittadini, alle amministrazioni (Comune, Consigli di Zona, Provincia, Regione), alle organizzazioni pubbliche e private che gestiscono servizi pubblici, alle associazioni e alle aziende di interagire pubblicamente sulla rete, per informare, segnalare e discutere sui temi della città. PartecipaMi offre anche un ampio supporto informativo ai cittadini milanesi sugli atti amministrativi di giunta, consiglio comunale e consigli di zona. La piattaforma è predisposta per favorire l’osmosi con i social network. Su Facebook è attiva una pagina dove vengono rilanciate le novità del sito ed è anche attivo l’account Twitter. Vi è inoltre per gli utenti registrati la possibilità di farsi notificare, via e-mail, la pubblicazione di nuovi eventi, post e commenti pervenuti sulle discussioni che interessano ciascuno.
A TRIESTE la rete civica appare come un gazzettino comunale. Il comune pubblica dei post nelle varie aree di interesse ma nessuno dei post è commentato, criticato o integrato dai cittadini o dalle associazioni dei cittadini. Più interessante la parte dedicata alla trasparenza dove si trova una selezione di norme e una sezione dedicata alla pubblicità dei redditi della cariche elettive del comune. Collegamento ai maggiori social network e iscrizione alla newsletter.
ROMA: la “rete civica” consiste in un elenco di associazioni ed enti no profit cioè, praticamente, non esiste.
A FIRENZE la Rete civica è partita già a metà degli anni ’90 per poi dar vita nel 1999 alla Rete Civica Unitaria del Comune di Firenze. Qui hanno avuto il loro spazio i siti delle associazioni che avevano aderito al progetto. I punti di forza della Rete civica: qualità tecnologica; contenuti istituzionali; interattività dei servizi; usabilità e accessibilità.
Queste sono le esperienze più rilevanti “in eccesso o in difetto di partecipazione”. In generale bisogna dire che le reti civiche non sembrano essere una componente conosciuta e praticata per la partecipazione dei cittadini. Una carenza strutturale che deve far riflettere.
Angela Masi
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