Legge di stabilità: luci e ombre

legge di stabilitàIl senso di questa legge finanziaria o di stabilità (la stramberia dei nomi inventati per impressionare!) è piuttosto chiaro ed è ricordato in tutti i commenti. La riduzione del costo del lavoro perseguita in vari modi (abbassamento dell’Irap, eliminazione dei contributi per i nuovi contratti a tempo indeterminato ecc) sta al primo posto. La conferma della riduzione Irpef per i redditi medi (i famosi 80 euro) sta al secondo. Vengono poi gli stanziamenti per l’assunzione dei precari nella scuola, il miliardo e mezzo per il sussidio di disoccupazione, la conferma degli ecobonus e ristrutturazioni edilizie, un nuovo regime forfettario per le partite IVA, credito di imposta per le spese in ricerca, sostegni alle famiglie per i figli.

Circa le coperture il dato più rilevante è il deficit di 11,5 miliardi di euro che si ottiene rinviando di due anni il pareggio di bilancio richiesto dal fiscal compact, ma senza uscire dal parametro del 3%. L’altro riguarda i tagli di spesa nelle pubbliche amministrazioni, dai ministeri ai comuni. Inoltre si rilancia la lotta all’evasione fiscale e si colpisce il gioco con nuove tasse. Nel complesso, tra entrate e spese, il coraggio il governo ce lo ha messo e tante misure annunciate vanno bene certo meglio di quello che ci si aspettava considerando le esperienze degli ultimi governi tutti “lacrime e sangue”.

luci e ombre manovraLe critiche si sono subito appuntate sui tagli di spesa a Regioni e Comuni che, si dice, si dovrebbero tradurre inevitabilmente in tagli ai servizi per i cittadini con il corollario di un aumento dell’imposizione fiscale regionale e comunale. Sicuramente sarà così. E’ stato sempre così da quando le manovre finanziarie hanno tagliato la spesa pubblica. D’altra parte sono anni che si proclama l’esigenza di una revisione della spesa che elimini gli sprechi e l’inefficienza e ancora lo si proclama, ma non lo si fa. Qualcuno ricorderà come nel passato il finanziamento della politica in generale e i fondi regionali a disposizione dei partiti in particolare crescevano sempre e mai venivano tagliati. I servizi, invece, venivano tagliati. Con molta costernazione da parte dei politici, ma venivano tagliati. Non si ricorda alcuna protesta dei rappresentanti dei partiti, allora (anche di sinistra), contro l’ingiustizia che veniva compiuta ai danni dei cittadini.

Invece della spending review nelle Regioni abbiamo avuto gli scandali che hanno riempito le cronache politiche e giudiziarie negli ultimi dieci anni.

Ecco, quando si parla di tagli di spesa, non è il caso di indignarsi tirando in ballo i servizi per i cittadini se prima non ci si sgola, non si urla per stroncare la spesa in sprechi, ruberie e privilegi. E’ una questione di credibilità. Circa i servizi l’annoso problema è quello della qualità che non si ha senza soldi, ma certo non può stare insieme a gestioni clientelari e inefficienti.

incentivi lavoro manovraDetto ciò la critica vera alla manovra del governo sta nella fiducia che viene riposta negli imprenditori i quali ricaveranno un sicuro guadagno dal taglio dei contributi sul lavoro. Come lo useranno questo guadagno? Per espandere la produzione? Non vi è alcuna certezza che ciò accadrà. Certo non potranno assumere personale se non sapranno come produrre e a chi vendere. Questo è il punto. D’altra parte non si parla proprio di un maggiore contributo fiscale da parte dei redditi e dei patrimoni più elevati che è cosa ben diversa dalla tassazione dei profitti delle imprese. Dopo anni di aumento vertiginoso delle disuguaglianze si pone il problema di una redistribuzione del carico fiscale. O vogliamo pensare che continuino a pagare sempre gli stessi?

È di questi giorni la pubblicazione dei dati sui guadagni dei 100 manager più pagati in Italia. In questo elenco i milioni corrono come l’acqua nei torrenti genovesi. Tutti soldi prodotti da quell’organizzazione sociale che è l’impresa. Si dirà: ma sono privati e fanno quel che vogliono dei loro soldi. Sì e no, e poi “loro, di chi”? Ma non è questo il punto. Se l’aliquota massima è del 43% da 75mila euro l’anno all’infinito, se il pensionato con casa di proprietà paga come l’immobiliarista si crea un’ingiustizia che porta ad uno spreco di risorse che è antieconomico. Perché? Perché chi ha redditi “normali” alimenterà il mercato interno; chi li ha giganteschi no.

scommessa del governoMa nessun governo in Europa si pone il problema di una redistribuzione del carico fiscale (tranne, forse, Hollande): perché dovrebbe farlo Renzi?

Altro punto politico di importanza cruciale: il rinvio del pareggio di bilancio. Tanto criticato e accusato di essere una stupidaggine colossale (guarda un po’, votata da tutti i partiti due anni fa) adesso il governo si mette sulla scia della Francia e forza i vincoli europei. Da questa forzatura può passare l’inizio di una svolta che sarà più facile se la scommessa del governo sarà vincente. Il guaio è che è una scommessa tutta nelle mani degli imprenditori e dei milioni di italiani che godranno del taglio dell’Irpef e delle altre riduzioni fiscali. Ma questi ultimi potranno solo spendere i loro soldi sul mercato non certo creare posti di lavoro e, come già detto, le imprese assumeranno se ci sarà uno sbocco per i loro prodotti che dipende da tanti fattori.

Il governo ne controlla diversi, primi fra tutti, la politica industriale e i lavori pubblici. A giudicare dal decreto “Sblocca Italia” in discussione in Parlamento, invece, sembra che punti, come sempre si è fatto, su alcune grandi opere e sul rilancio dell’edilizia privata. E il suolo che frana? E i torrenti che esondano? E le scuole che cadono a pezzi? E i trasporti nelle città e per i pendolari? Sostituiamo tutto con un’autostrada e con un centro commerciale e magari con una sventagliata di palazzi che resteranno invenduti? Se questo vuole il governo, da questa scelta verranno cocenti delusioni

Claudio Lombardi

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