Legge elettorale: il cambiamento del forse (di Claudio Lombardi)
La proposta che nasce dall’accordo tra Renzi e Berlusconi e che la Direzione del PD ha approvato è complessa e tenta di mettere insieme elementi diversi scelti tra quelli più graditi alle forze politiche alle quali quella proposta si rivolge. Non a tutte, dunque, perché il M5S ha rifiutato di trattare alcunché con coerenza rispetto al disegno di Grillo: restare l’unica forza alternativa su piazza costringendo tutti gli altri ad impastoiarsi in un’alleanza forzata. D’altra parte Grillo lo aveva detto che sarebbe andato al voto anche col porcellum. Per restare del tutto fuori ha rinviato la decisione del M5S sulla legge elettorale a future consultazioni online, lasciando così gli altri a scontrarsi tra di loro e preparandosi la comoda posizione di giudice esterno degli errori altrui.
In questa situazione che comprende la sentenza della Corte Costituzionale con la legge elettorale trasformata in un proporzionale puro, se si voleva arrivare ad una proposta concreta con i numeri per diventare legge bisognava per forza mettersi d’accordo con Forza Italia. Da qui l’incontro con Berlusconi e tutte le polemiche ecc ecc
Che dice Renzi? Intanto rilancia le riforme costituzionali centrate sull’abolizione del Senato, delle province e sulla riforma del Titolo V della Costituzione. Giustissimo, peccato siano un evergreen che ritorna in tutte le legislature e che è difficile crederci. Staremo a vedere. La legge elettorale invece è un’urgenza e quindi ha più probabilità di arrivare in porto. Il sistema proposto, giustamente definito “italicum” da Renzi, è un ibrido che non restituisce il potere di scelta ai cittadini. Non può farlo perché il vero potere di scelta è la preferenza che i grandi partiti non vogliono e che è diventata sinonimo di corruzione. In realtà di corruzione ce n’è moltissima intorno e dentro la politica, ma nessuno può augurarsi l’apertura di un gigantesco supermercato dei voti ancora più corrotto di quello che c’è. Così è ridotta la democrazia italiana…
Scartata la preferenza la soluzione più logica sarebbe stata quella dei collegi uninominali a doppio turno. Più logica e più pulita e, tra l’altro, quella preferita dal PD da sempre. Niente da fare, in nome dell’accordo bisogna avventurarsi in collegi piccoli con soglia di sbarramento alta, ma con ripartizione dei voti nazionale. In premio di maggioranza che trasforma il 35% in 53%, (una vera magia). In un doppio turno residuale e in una spinta a coalizzarsi che non mette per niente al riparo dai ricatti post-voto di partitini vari. Ma perchè tanta paura a fissare un limite del 40% o più alto per attribuire un premio che allora avrebbe un senso?
Insomma non si vedono tracce di restituzione del potere di scelta ai cittadini. Forse la verità è che nessuno ci crede veramente e per questo a ‘sti benedetti cittadini gli si dà un’imbeccatina, una spintarella nella speranza che esca un risultato utilizzabile dai gruppi dirigenti dei partiti.
Il fatto è che ridare il potere di scelta ai cittadini non può consistere solo in un meccanismo elettorale perché poi, dato il voto, la politica se li scorda e i cittadini non contano più nulla. D’altra parte per contare, per partecipare bisogna saperlo e volerlo fare e se ogni cittadino è abituato a pensare solo per sé la partecipazione diventa una gara ai favoritismi.
Per abituarsi alla partecipazione ci vuole una cultura, cioè una pratica di comportamenti e un senso comune a cui oggi nessuna forza politica tiene. Che fine hanno fatto tutti i discorsi sulla partecipazione dentro e fuori dai partiti? Per esempio, tanta agitazione dentro il PD (occupy PD ecc) a cosa ha portato? Sì alcuni volti nuovi sono entrati in Direzione, in segreteria e Renzi ha vinto le primarie. E poi? Basta così? Si è persino coniato il termine “doparie” (consultazioni obbligatorie degli iscritti sulle scelte politiche) per ricordare che le primarie sono solo un pezzo di un tutto più ampio. Che fine hanno fatto?
Il metodo scelto dai socialdemocratici tedeschi per decidere l’alleanza di governo con la Merkel ricalca quello indicato dalle “doparie” per esempio: quindi si può fare, non è poi tanto difficile. In realtà bisognerebbe pensare a “doparie” dei cittadini perché dare il voto non basta per qualificare una democrazia. Ci vorrebbero anche fuori dai partiti per risollevare la politica e la democrazia dal discredito e dalla vergogna in cui le oligarchie le hanno precipitate. Il tema di trasformare una massa di individui in collettività è più che mai attuale, altrimenti nessuna riforma elettorale o costituzionale darà buoni frutti, ma resterà un affare dei gruppi dirigenti.
Comunque che le facciano in fretta queste leggi. Ma purtroppo le leggi da sole servono a selezionare un gruppo di comando sulla base di un buon marketing elettorale. Non comportano di per sé che si faccia una buona politica. Per quella, ormai dovrebbe essere certo, si continuerà a fare affidamento sul governo Letta-Alfano. Per i cittadini i problemi restano gli stessi
Claudio Lombardi
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