Leopolda e manifestazione CGIL: due punti di partenza
In questo fine settimana troppo narcisismo del Pd abbondantemente alimentato e sostenuto dai media. Tra la Leopolda e la manifestazione della CGIL a Roma perché metterci solo i travagli di un partito? Sì è il partito che governa, ha preso il 41% alle europee, è l’ultimo partito rimasto e poi c’è la figura di Renzi che è l’unica rivelazione sulla scena politica italiana da molti anni.
Va tutto bene, tutti ne parlano e, quindi, cerchiamo di cambiare registro mettendo un pò da parte le lotte tra Renzi, Fassina, Cuperlo, Camusso ecc ecc. A guardar bene i due eventi possono rappresentare due punti di vista non contrapposti, bensì complementari che vanno oltre i confini di una lotta per il potere che si svolge all’interno e intorno al Pd.
La Leopolda è un’iniziativa atipica perché mischia elementi delle classiche manifestazioni palco-platea con quelli che vengono dai processi partecipativi conosciuti e utilizzati da anni per la consultazione dei cittadini (le rare volte che si fa) con tavoli di lavoro tematici attorno ai quali siedono e discutono persone comuni, esperti, dirigenti, esponenti del governo e delle istituzioni locali e regionali.
Negli interventi dal palco un eccesso di enfasi e di imprenditori che continuamente esaltano le potenzialità del nostro paese di dar vita a progetti nuovi in grado di creare lavoro e portare sviluppo. In questi interventi risplendenti di forza di volontà le ombre sono sempre i limiti e i vincoli che vengono messi alla loro voglia di fare impresa, ai meriti e alle capacità.
Tutto giusto, ma sorge il dubbio che la narrazione fatta dal palco semplifichi un po’ troppo una realtà complessa. Sembra di riascoltare il vecchio slogan pubblicitario “volere è potere”. Purtroppo non è proprio questa l’esperienza di vita di tanti italiani, giovani e meno giovani, che si trovano alle prese con le difficoltà della vita. In quanti hanno sbattuto la faccia contro un sistema chiuso, burocratico, suddiviso in una miriade di gruppi corporativi e concentrato sulla lotta per accaparrarsi le risorse pubbliche e sulla distorsione delle regole del mercato? Quest’ultimo sembra essere il punto cruciale da cui nascono i mali del sistema Italia che hanno come conseguenza la mortificazione delle capacità e dei talenti, ma non si esauriscono in questo.
L’appello ad avere forza di volontà e fiducia nelle proprie capacità rischia, perciò, di essere fuorviante e illusorio se non si accompagna a qualcos’altro, se non si inserisce in un progetto politico di ricostruzione del sistema di governance italiano unito ad una nuova cultura civile e ad una revisione delle regole democratiche per una maggiore qualità delle decisioni (più partecipazione e condivisione non più comando!) e una maggiore efficacia delle azioni.
La piazza di Roma che protesta, probabilmente, ha questa consapevolezza, ma la manifesta dal punto di vista di chi chiede la salvaguardia di uno spazio minimo che non tocchi status e diritti di chi già ce li ha. E riconosce la rappresentatività dei sindacati e di una sinistra più capace di opporsi che di governare.
L’opposizione e la protesta, infatti, possono esibire completissime visioni, organici progetti di società, enfatiche dichiarazioni di diritti, narrazioni affascinanti, senza dover necessariamente dimostrare di essere capaci di realizzare quanto immaginato. Anche qui si rischia di illudere che le soluzioni siano semplici e a portata di mano, con la conseguenza che la necessaria mediazione con la realtà semplicemente porti ad un compromesso che confermi ciò che c’è già (per chi ce l’ha). Di qui l’accusa di conservatorismo per un mondo sindacale e politico che da tanto tempo non riesce a prendere l’iniziativa nelle sue mani e a trascinare l’intero paese in un’opera di rinnovamento perché è stato relegato ad una posizione di minoranza e da questa non riesce ad uscire.
Ora, il problema è che i due punti di vista si devono unire convergendo verso uno stesso obiettivo perché la forza per cambiare il sistema Italia non può venire né dalla protesta rabbiosa e minoritaria condita da tante belle e illusorie visioni né dall’appello alla forza di volontà individuale a superare barriere e ostacoli che, appunto, poiché sono di sistema, sono sempre più forti di qualunque volontà individuale.
Se si fa lo sforzo di mettere in secondo piano la competizione tra le diverse anime del Pd forse si riesce anche a parlare un linguaggio più concreto e a trasmettere l’urgenza di formare uno schieramento progressista e un blocco sociale che lo sostenga non solo nel nome degli interessi di categoria, ma di una cittadinanza di tipo nuovo che si senta responsabile e coinvolta nelle sorti del proprio paese.
Claudio Lombardi
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