L’Europa e noi: rendiamoci conto che…
Non è vero che l’Europa è stata sempre troppo severa nei confronti dei conti italiani, altrimenti non saremmo arrivati a 2100 miliardi di debito. Lo è dal 2011, quando abbiamo sforato la soglia di non ritorno del 130% del Pil, con il rischio della bancarotta alle porte.
L’Europa non ha fiducia nei nostri politici – come noi italiani del resto – e ne ha fondati motivi. Nessuno crede che un governo userebbe i soldi pubblici per rilanciare l’economia con un New Deal o per investire sull’ammodernamento del Paese, istruzione, ricerca, grandi opere… Semplicemente perché nessun governo l’ha mai fatto negli ultimi trent’anni.
Il colossale debito pubblico italiano è servito a finanziare la ricerca di consenso da parte di un sistema di partiti ormai impopolare. Il debito nasce, cresce e si moltiplica (per sette) negli anni Ottanta, quando la Democrazia Cristiana di Giulio Andreotti e il PSI di Bettino Craxi fanno esplodere la spesa pubblica per crearsi forti clientele elettorali, alimentare un sistema sempre più corrotto e garantire i privilegi di corporazioni e categorie, compresi milioni di evasori fiscali. Silvio Berlusconi ripete la stessa politica, e così pure alcuni governi di centrosinistra (D’Alema, Amato), con l’eccezione dei due governi Prodi, gli unici a ridurre il debito.
Il tutto avviene con la complicità di milioni di cittadini, indifferenti al fatto che saranno i figli a dover pagare il prezzo di tanta scelleratezza…. Con simili precedenti, perché l’Europa dovrebbe credere a Matteo Renzi e non pensare che lo sforamento dei parametri serva semplicemente a foraggiare un’altra campagna elettorale?
Tratto da un articolo di Curzio Maltese del 28 febbraio 2014
Concordo in parte con Curzio Maltese. Diciamo che l’unico periodo delle nostra storia in cui c’è stato un percorso virtuoso è stato il 1992-2000 e che nel 1992 siamo andati vicinissimi al default anche se non avevamo l’euro. Conordo sul fatto che questo paese è stato caricato di debiti non negli anni settanta (come sostengono Sacconi e Brunetta) ma negli anni ottanta di Craxi per via del clientelismo ma anche perchè era molto più facile assumere tutti i disoccupati nelle pubbliche amministrazioni piuttosto che pensare ad una politica industriale. Non è invece facile fare le quote millesimali per suddividere i meriti del periodo 1992-2000. Conti alla mano la più significativa riduzione del debito pubblico (4,5% nel 1999) è avvenuta durante la premiership di D’Alema, ma chiaramente D’Alema ha portato a casa i benefici del lavoro fatto da Ciampi, Amato e Prodi. Berlusconi ha fatto danni non tanto per quello che ha fatto, ma per quello che non ha fatto e soprattutto per quello che ha detto in questi trent’anni (la sua esposizione mediatica risale almeno al 1987, non salta fuori come un fungo nel 1994)