L’Europa quotidiana che migliora la vita di molti (di Liliana Ciccarelli)
A dodici anni dall’introduzione dell’euro, che segna nel bene e nel male un momento alto di integrazione, viviamo uno stato di delusione collettiva purtroppo legittimato dalla reazione ad una crisi economica che invece di unire ha diviso i Paesi dell’Unione Europea.
Il progetto iniziale di comunità europea era coraggioso, quasi impossibile, eppure era anche l’unica via d’uscita dai disastri della prima e della seconda guerra mondiale. Se, dopo la prima guerra mondiale, l’idea europeista era un “programma” di élite di intellettuali politicamente impegnati, dopo la seconda diventa un obiettivo di politica internazionale concreto per evitare che gli stati europei creassero le condizioni per un nuovo conflitto.
Per Spinelli e per i federalisti europei, l’Europa federata non era solo la fine dello Stato nazione, ma la condizione per la nascita di una nuova democrazia, di un nuovo patto sociale (cfr. Storia e politica dell’Unione Europea, G. Mammarella – P.Cacace, ed. Laterza.). Obiettivo audace e che, a tutt’oggi, è ben lontano dall’essere realizzato.
Oggi l’Europa appare un dato scontato, abbiamo con la moneta unica “l’Europa in tasca”, giriamo senza alcun bisogno di passaporto, abbiamo la possibilità di scegliere direttamente i parlamentari europei che siederanno in un Parlamento con maggiori poteri, il prossimo presidente della Commissione europea sarà anche espressione della maggioranza politica che scaturirà dalle elezioni. Eppure tutto questo non basta a farci sentire davvero cittadini europei perché l’unione europea è rimasta a metà.
Quelli che, forse, si sentono veramente cittadini europei sono i giovani della cosiddetta “generazione Erasmus”. Gli studenti Erasmus nel 2013 sono stati quasi 250mila in tutta Europa. Dal 2014 al 2020 sono stati stanziati 16 miliardi per 4 milioni di borse e si stima che nel 2020 gli ex Erasmus saranno 7 milioni. É un tassello importante di esperienze concrete di partecipazione attiva dei cittadini e dei giovani alla creazione di uno spazio politico, sociale e culturale dell’Unione Europea.
C’è tuttavia un livello di quotidianità, alla portata di tutti, che dovrebbe riconsegnarci ad una appartenenza alla cittadinanza europea, del quale forse non siamo pienamente consapevoli e che rappresenta uno degli elementi di forza e uno dei pilastri dell’Unione Europea: siamo cittadini consumatori e utenti che operano in un mercato unico utilizzando non solo la stessa moneta, ma godendo delle stesse tutele e garanzie.
A chiedere o garantire tutela per 3 milioni di pendolari italiani non è il nostro Governo di turno, ma la Commissione Europea che pochi giorni fa ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia europea per non aver recepito la normativa comunitaria in materia di diritti dei passeggeri nel trasporto ferroviario (parità di accesso al trasporto per evitare discriminazioni, diritto di avere informazioni in tutte le fasi del viaggio, diritto al rimborso del prezzo del biglietto in caso di soppressione o ritardi prolungati, diritto a un servizio di trasporto alternativo in caso di ritardi prolungati o soppressione del servizio, diritto a un livello minimo di assistenza nelle stazioni e a bordo dei treni). Insomma tutte cose concrete, non chiacchiere.
E ancora, è grazie al recepimento della direttiva europea sui consumatori che, a partire dal prossimo 14 giugno, entrerà in vigore il nuovo codice del consumo con importanti migliorie per il consumatore (in caso di servizi o beni non richiesti sarà possibile non pagare la prestazione e in caso di acquisti a distanza passano da 10 a 14 i giorni per esercitare il diritto di recesso). I nuovi diritti dei consumatori riguardano anche la consegna del bene in quanto in caso di merce danneggiata risponderà direttamente il venditore.
Dal 2015 inoltre, sempre in attuazione di direttive comunitarie, saranno ulteriormente agevolate le procedure di risoluzione delle controversie per i consumatori con l’intento di evitare cause giudiziarie lunghe e costose.
Il Parlamento europeo inoltre, attraverso l’ordine di protezione europeo, interviene anche in tema di protezione delle vittime di reati. Il Parlamento ha approvato nuove norme, in vigore dal 2015, volte ad assicurare che chiunque goda di protezione in un paese dell’UE ottenga una protezione simile se si trasferisce in un altro paese dell’Unione (oggi la protezione cessa alle frontiere). La copertura di tali tutele riguarderà tutte le vittime di reati tra cui molestie, rapimento, stalking e tentato omicidio, oltre alla violenza di genere.
E ancora in tema di salute la Direttiva 2011/24/Ue ha definito regole chiare per facilitare l’accesso a servizi sanitari sicuri e di elevata qualità nell’Unione Europea, assicurando la mobilità dei pazienti che cercano servizi sanitari in un altro Stato Membro.
L’Europa quindi non chiede solo rigore, ma si occupa anche di tutela dei diritti.
È bene sapere che al momento sono pendenti 114 procedure di infrazione nei confronti dell’Italia per mancato recepimento di direttive comunitarie che riguardano settori più disparati con notevole impatto sulla vita quotidiana (consultabili http://eurinfra.politichecomunitarie.it/ElencoAreaLibera.aspx).
Gli esempi di quanto l’Europa incida nel nostro quotidiano potrebbero essere davvero molti altri eppure l’Europa rischia di restare sempre e “solo” quella del mercato unico o quella del rigore ottuso. Prima di dire Europa sì o Europa no bisogna sapere bene di cosa veramente si parla e non farsi abbagliare da slogan che trasformano una crisi di guida politica europea in un male assoluto. A sfasciare si fa presto, a costruire no, ci vuole tempo e intelligenza e molti cercano soluzioni semplici, drastiche e immediate. La migliore garanzia per disastri sicuri
Liliana Ciccarelli
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