L’evasione fiscale dimenticata

evasione fiscale dimenticataAlti stipendi dei manager e dei dirigenti pubblici, riforma del Senato, 80 euro, Jobs act. Questi i temi del momento. Fino a ieri in primo piano c’erano l’abolizione delle province, la legge elettorale e l’evasione fiscale. Passa il tempo e cambiano le mode: le province sono state sostitute da enti che portano un nome diverso, ma ne ricalcano le funzioni; la legge elettorale è all’esame del Parlamento,  ma è stata fermata in attesa della riforma del Senato; l’evasione fiscale è stata messa da parte.

Messa da parte? E perché? L’Italia perde ogni anno una montagna di soldi (fino a 180 miliardi)  a causa dell’evasione fiscale. È una realtà sotto gli occhi di tutti da decenni. Ogni tanto fa scandalo, ma poi l’incalzare di notizie diverse la mette in secondo piano. Però c’è e produce i suoi effetti che sono quelli di far pagare le “spese generali” del condominio Italia dei cui servizi tutti approfittano a lavoratori dipendenti e pensionati (82% del gettito fiscale). Cioè queste due categorie  pagano per loro e per gli altri.

ladri di livadiottiUn libro di recente pubblicazione – Ladri, gli evasori e i politici che li proteggonodi Stefano Livadiotti scandaglia le cause e gli effetti di una perdita di risorse che dovrebbero entrare nel bilancio dello Stato e che, invece, restano nelle tasche degli evasori grazie ai meccanismi di protezione garantiti da scelte politiche e amministrative non dal caso.
In una recente intervista a Repubblica Livadiotti parla della sua ricerca ed è interessante seguire il suo ragionamento. Alla prima domanda che gli chiede come mai non si riesca a scoprire gli evasori Livadiotti risponde che la macchina del fisco che dispone di 300 banche dati “sarebbe perfettamente in grado di intercettare in tempi brevi una parte importante dei 180 miliardi di euro che i ladri di tasse fanno mancare ogni anno alle casse dello Stato” ricordando che il direttore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Befera, “ha ammesso l’esistenza di quattro milioni di nuclei familiari, dunque uno ogni cinque, che ha un tenore di vita incompatibile con quanto dichiara di guadagnare”. Osserva Livadiotti che “Il problema non è tecnico, ma squisitamente politico” perché “gli evasori fiscali, con le loro famiglie, valgono qualcosa come dieci o dodici milioni di voti” e nessuno vuole farseli nemici.

La successiva domanda è ovvia: allora chi protegge i ladri di tasse?

La risposta dice quello che molti già avevano capito “Gli evasori sono protetti da una potentissima lobby politica che ha avuto a lungo il suo zoccolo duro nel centrodestra di Silvio Berlusconi: “Ladri” lo dimostra inequivocabilmente nel capitolo in cui svela chi ha scritto, proposto e votato quelle leggi che lasciano certezza di impunità a chi non fa il proprio dovere con il fisco.

evasione fiscaleLe stesse persone, guarda caso, che hanno fatto tabula rasa dei provvedimenti capaci di rendere più dura la vita ai furbetti della dichiarazione dei redditi. Un esempio per tutti: nel 2006 il governo Prodi aveva introdotto l’obbligo per i lavoratori autonomi di avere un conto dedicato (dove far confluire tutti i pagamenti e dal quale prelevare i soldi necessari a coprire le spese) e il divieto di incassare contanti oltre i mille euro. Quell’anno l’imposta sul reddito dichiarato dagli autonomi era cresciuta del 12,15 per cento. Nel 2008 Berlusconi, come aveva promesso in campagna elettorale, ha abolito la normativa. E il gettito degli autonomi è sceso del 2,97 per cento. Non si tratta di un caso isolato: un grafico contenuto nel libro dimostra come dal 1994 al 2012 l’evasione sia salita con tutti i governi di centrodestra e scesa con tutti quelli di centrosinistra“.
Chiaro, no ? Sì perché c’è un evidente rapporto tra voti e evasione. Livadiotti ricorda che ” Il lavorio del centrodestra a protezione dei lavoratori autonomi, di fatto gli unici in grado di evadere (dato che dipendenti e pensionati sono tassati alla fonte e forniscono l’82 per cento del gettito complessivo), ha ottenuto i suoi frutti. Il voto di quella che i politologi chiamano “piccola borghesia urbana” e cioè di commercianti, artigiani, liberi professionisti e piccoli imprenditori, è sempre stato alla base dei successi elettorali di Berlusconi e gli ha consentito di limitare i danni nelle sconfitte. Questo fino a quando l’ex Cavaliere non ha dovuto cedere il passo a Monti e appoggiarne obtorto collo una politica di austerità basata per due terzi sull’inasprimento fiscale. A quel  punto la piccola borghesia urbana si è sentita tradita da quello  che era stato il suo protettore e nelle elezioni del 2013 si è vendicata, passando armi e bagagli con Beppe Grillo, protagonista di una campagna elettorale a base di attacchi forsennati contro il fisco rapace”.

Claudio Lombardi

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