Liberalizzare anche le associazioni dei consumatori? Il ruolo della partecipazione nei servizi locali (di Claudio Lombardi)
Il 24 e il 25 gennaio si tiene a Milano l’annuale conferenza programmatica del Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti (CNCU) l’organismo costituito presso il ministero dello sviluppo che raccoglie le principali associazioni dei consumatori presenti su scala nazionale.
Il tema dell’incontro di quest’anno è “Servizi pubblici e partecipazione civica”, tema vasto, ma declinato con alcune parole chiave (qualità, tutela dei diritti, sostenibilità, partecipazione) e focalizzato su una legge che ormai ha già superato i quattro anni di vita senza mai aver conosciuto applicazione: il comma 461 della legge 244/2007.
Questo incontro segue di pochi giorni l’annuncio del pacchetto di liberalizzazioni varato dal Governo nel quadro della cosiddetta fase 2 e ciò merita una riflessione. Come è noto fin da quando in Italia fiorì la stagione dell’associazionismo dei consumatori (e sono quasi venti anni) si disse che l’ingresso di questo nuovo soggetto sulla scena doveva servire a sostenere un passaggio epocale, quello dallo Stato imprenditore allo Stato regolatore e quello dal cittadino-consumatore soggetto passivo al cittadino che fa pesare la sua voce e chiede il rispetto dei suoi diritti.
Quindi associazionismo dei consumatori, espansione della democrazia e partecipazione dovevano servire a delineare i tratti distintivi di un assetto nel quale la concorrenza e il mercato potessero svolgere il compito di liberare energie inutilizzate e immetterle nel campo delle attività economiche e di servizio migliorando le prestazioni a favore dei consumatori e dei cittadini senza aumentare il potere dei soggetti forti (le aziende) a scapito di quelli deboli (i consumatori).
Che ciò sia accaduto in questi quasi venti anni su entrambi i fronti è tutto da verificare, ma sicuramente i diritti dei consumatori hanno conosciuto una stagione inedita mai prima vissuta nel nostro Paese e le associazioni dei consumatori sono diventate un punto di riferimento e un interlocutore che ha prodotto significativi miglioramenti sul piano dei rapporti contrattuali e delle relative tutele normative. Meno significativi sono stati i progressi sul piano della partecipazione e della possibilità di definire e verificare le scelte politiche dei servizi in un confronto che tenesse conto del punto di vista dei cittadini.
Se per alcuni servizi a rete il confronto gestito dalle Autorità di regolazione ha visto nelle associazioni dei consumatori un interlocutore sempre presente, nel vasto ambito dei servizi locali ciò si è verificato in misura nettamente inferiore.
Pensiamo alla gestione e trattamento dei rifiuti, pensiamo ai servizi idrici e ai trasporti locali e regionali. In questi settori la voce dei cittadini si è fatta sentire più con la presenza di comitati e di movimenti che con l’opera delle associazioni dei consumatori. Ed è stata una voce che non è riuscita ad influenzare le scelte assunte nelle sedi istituzionali ed amministrative fortemente condizionate, al contrario, dalle aggregazioni di interessi economici e politici “forti” che hanno deciso sulla pelle dei cittadini e non tenendo in alcun conto, se non costretti, il loro punto di vista.
In questi ambiti sono venuti al pettine i nodi di una rappresentanza dei consumatori con forti limiti sia perché concentrata su obiettivi di funzionalità e di sopravvivenza delle associazioni, sia perché indirizzata a mettere in primo piano la contrattazione di vantaggi normativi e monetari. Sotto quest’ultimo aspetto ci sono state conquiste importanti come il codice del consumo, la class action e la mediazione, oppure un controllo di alcune tariffe che non vanno sottovalutati.
Ciò che è finora mancata però, è stata la capacità di dar vita ad un movimento di consumatori che puntasse a divenire un soggetto influente sulle scelte nel campo delle politiche pubbliche. Per farlo, tuttavia, non si poteva considerare il cittadino solo come consumatore ovvero titolare di interessi nel rapporto di scambio fra merci e servizi. Occorreva abbracciare l’intera soggettività del cittadino come fondamento dello Stato e rivendicarne il ruolo di protagonista nelle scelte compiute in suo nome nelle sedi istituzionali.
Senza invadere campi che sono propri dei partiti riesce difficile immaginare una tutela di diritti nei servizi pubblici che non si presenti anche come interlocuzione con le politiche e che non solleciti, quindi, anche la partecipazione dei singoli andando oltre, quindi, la consultazione delle associazioni che agiscono in nome dei consumatori.
I nodi venuti al pettine in questi anni si condensano nella mancata applicazione del comma 461 a cui sarà dedicata una sessione dell’incontro di Milano.
Il comma 461 rappresenta un modello di relazioni fra associazioni, singoli cittadini, aziende e enti locali fondato sulla centralità delle politiche e sulla partecipazione. Definizione di standard, verifiche di adeguatezza, monitoraggi e verifiche annuali ruotano intorno al cittadino protagonista in un sistema dinamico mosso dall’ente locale e che attribuisce funzioni precise alle associazioni dei consumatori. La centralità delle politiche emerge non da una gerarchia di funzioni, ma dall’interazione dei soggetti protagonisti che sono spinti dalla norma a focalizzare la loro attenzione sul funzionamento dei servizi in relazione al soddisfacimento delle esigenze dei cittadini.
Un sistema armonico che ha bisogno di due condizioni per funzionare: l’apertura ai cittadini vera e non solo dichiarata, l’esistenza di associazioni radicate nel territorio cioè partecipate e espressione degli abitanti.
Senza queste due condizioni il comma 461 non può funzionare perché è cosa diversa dall’attività autoreferenziale delle aziende dei servizi che gestiscono il monitoraggio del loro proprio lavoro; è cosa diversa dalla pratica dei tavoli di consultazione; è cosa diversa dal finanziamento di singoli progetti che non incidono sul sistema di governance dei servizi.
Il fatto che il comma 461 non sia stato applicato pone seri interrogativi sulla volontà e sulla possibilità di realizzare le due condizioni sopra indicate.
In tempi crisi e di liberalizzazioni c’è un gran bisogno di una visione diversa del funzionamento delle istituzioni, delle amministrazioni e dei servizi. E c’è un gran bisogno che i cittadini siano messi al centro ascoltando la loro voce e sollecitando una loro responsabile partecipazione. Responsabile perché finalizzata a condividere le scelte di governo di un territorio, ma effettivamente partecipe per la presenza di una intelaiatura normativa che lo preveda e per l’esistenza di soggetti sociali che hanno questo come scopo della loro presenza.
Diversamente non si comprende come ci si aspetti una spinta corale verso il rilancio del sistema Italia che passa necessariamente attraverso un suo profondo rinnovamento.
La partecipazione responsabile dei cittadini dovrà essere considerata come uno degli elementi più forti della ripresa perché punterà su una migliore organizzazione dei servizi, su una più forte coesione sociale e un innalzamento della qualità della vita nei territori.
È auspicabile che i soggetti collettivi e, quindi, anche le associazioni dei consumatori, sappiano raccogliere questa sfida. Queste ultime, in particolare, senza nascondersi al riparo di poteri, mezzi e prerogative che l’ordinamento ha costruito per loro nel presupposto che potessero essere autorevoli espressioni della società civile. Presupposto in gran parte rimasto sulla carta.
In ogni caso sono nate o già esistono altre espressioni della società civile che stanno conquistando visibilità e incisività nel campo dei servizi (trasporti pendolari, servizi idrici, rifiuti). Un ruolo dovranno necessariamente averlo anche se l’ordinamento non assegna loro strumenti, tutele, mezzi, poteri.
Che sia necessaria una liberalizzazione anche qui?
Claudio Lombardi
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