L’irrilevanza del referendum del 17 aprile

Viviamo in un mondo costruito intorno alla generazione di energia tramite combustione di idrocarburi. La cosa non è più sostenibile per tutta una serie di considerazioni; non ultima, l’esaurimento delle risorse disponibili nei giacimenti. Industria, trasporti, riscaldamento, oltre alla generazione d’energia, dipendono in modo altrettanto massiccio dagli idrocarburi. Si tratta di cambiare alla radice l’intero mondo che conosciamo, modificando anche i nostri stili di vita. Dobbiamo passare a un modello di sviluppo che ancora non abbiamo definito bene nei dettagli, perché ci mancano perfino alcune conoscenze tecniche e scientifiche indispensabili. E dobbiamo farlo assolutamente per gradi, perché i traumi e le crisi possono sconvolgere i nostri equilibri.

gas metanoChiudere adesso i rubinetti del gas metano perché è un idrocarburo e quella parola evoca immagini di pellicani ricoperti di petrolio, è semplicemente una fesseria ideologica e propagandistica.
Ma meno male che esiste il gas metano; che ci permetterà di passare gradualmente dal petrolio ad altre fonti pochissimo inquinanti senza spendere una follia e senza rovinare l’ambiente!
E, per essere chiari: per parecchi decenni sarà ancora indispensabile anche il petrolio. Anche nell’ambito di una strategia decisa e convinta per abbandonarlo. Inutile farsi illusioni miracolistiche. Pensate solo a quanto tempo occorrerebbe per convertire i riscaldamenti domestici di una sola grande città, dal gasolio e dal metano a un eventuale sistema elettrico (dal rendimento inferiore, ma già oggi tecnicamente possibile). E poi al momento, le fonti energetiche alternative non sono in grado di fare funzionare i trasporti: né su gomma, né su rotaia, né via mare, e tanto meno per via aerea. Persino i treni, per essere efficaci ed efficienti, possono funzionare solo ad alta tensione fornita da grosse centrali (e con che cosa le facciamo funzionare, le centrali?); le navi possono teoricamente andare a vela che, per quanto avanzata la possiamo immaginare, imporrebbe una drastica riduzione delle velocità commerciali e della capacità di carico (e addio celle frigorifere…). Insomma, fare campagna oggi contro il petrolio per ottenerne una forte e immediata riduzione produttiva e di utilizzo significa semplicemente ridurre la disponibilità di energia del paese. Né più, né meno.

energie alternativeMa farla contro il gas metano non significa solo ridurre la disponibilità di energia del paese: significa anche allontanare o rendere impossibile la transizione dagli idrocarburi alle fonti energetiche meno inquinanti; transizione che non può fare a meno del metano.
Ora, vorrei che fosse chiaro: senza energia nucleare, senza carbone e senza metano, l’esaurimento degli idrocarburi liquidi o solidi o la rinuncia al loro utilizzo farebbe ripiombare la disponibilità energetica mondiale ai livelli del XVIII secolo; ma con una popolazione moltiplicatasi molte volte. Torneremmo ai mulini ad acqua e a vento con la tecnologia di allora. Utilizzeremmo quantitativi spropositati di legname, depauperando ulteriormente le foreste. Ci ridurremmo a un’economia a km. 0 obbligata e le popolazioni di intere regioni morirebbero di fame. Sarebbe un salasso mostruoso per l’umanità. Questo per fare gli ambientalisti duri e puri ovviamente.

petrolio riduzione consumiDunque avremo bisogno di più metano – e non di meno metano – per compensare la riduzione del petrolio che ci siamo opportunamente imposta e per soddisfare il fabbisogno energetico con una soluzione pro-tempore durante la fase di crescita delle fonti energetiche rinnovabili. Questo perché il metano è parecchio meno inquinante del petrolio ed è molto facile da usare. Tagliare anche il metano e già da subito (che poi è ciò che auspicano i promotori del referendum sia pure dilazionato nell’arco di un decennio) mi sembra assolutamente folle.

Anche perché non è che le fonti rinnovabili siano esenti da problemi: l’idroelettrico è devastante per l’ambiente (operazioni di sterro e sbancamento per la costruzione della diga, con possibile emersione di amianto e rovina paesaggistica; sommersione di intere vallate e mutamenti del microclima locale con l’invaso); l’eolico è fortemente avversato perché rovina il paesaggio; il solare è molto costoso, sottrae superficie alle terre emerse e la produzione dei pannelli fotovoltaici produce scarti inquinanti.

Perciò certe uscite estemporanee come l’attuale referendum mi sembrano assolutamente velleitarie e – al più – propagandistiche. Come, d’altra parte, taluni dei promotori più onesti ammettono (“Il referendum vuole essere un segnale“). A me i segnali stanno bene; quando non coinvolgono l’economia del paese e qualche migliaio di posti di lavoro

referendum 17 aprileNon si tratta di promuovere o contrastare il ricorso alle fonti energetiche alternative, visto che sarà comunque obbligatorio, che lo vogliamo o no. Si tratta di discutere del modo per arrivarci. E in quest’ambito, si tratta di discutere del referendum al quale siamo chiamati a dare una risposta e del suo reale significato. Che non è “volete il ricorso alle fonti energetiche alternative o volete impiastricciarvi di petrolio da qui all’eternità?”, ma più semplicemente “volete che l’estrazione di gas e petrolio dai giacimenti marini entro le 12 miglia dalla costa prosegua fino ad esaurimento o volete interromperla prima?”.

Che le fonti fossili debbano essere abbandonate in un futuro che non possiamo adesso definire è inevitabile, ma ciò implica una transizione che questo referendum non aiuta a compiere

Pino Modola

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